Il Falco è arrivato sull'Isola dalla Tunisia, appoggiato sul braccio
del suo compagno di viaggio (nonchè proprietario ed addestratore), un pò
provato ma in buona salute.
Il bambino, un fagotto di tre mesi, è sbarcato a Lampedusa il 6 agosto,
insieme ai genitori, al fratellino di 16 mesi ed alla sorella di sette anni.
Omar, il bambino, scappava con la famiglia dalla guerra in Libia, la
terra dove i suoi genitori avevano deciso di rifugiarsi dopo essere fuggiti dal
Darfur e dal Ciad. Ci sono vite, ci sono famiglie, che non fanno che scappare.
Soffrire e scappare.
Omar, il bambino, ha navigato 50 ore prima di approdare sull'Isola e
nel viaggio ha visto 300 tra uomini e donne pregare ed imprecare, ha visto
corpi incastrati e calpestati e ha visto il sangue. Ha visto accoltellare il
padre e ha visto i suoi aggressori tentare di ucciderlo con pugni e lame fino a
quando un elicottero non ha illuminato la barca e uomini in divisa li hanno
condotti in salvo.
Il Falco è di specie protetta, Falco pellegrino. Un rapace fiero e
prezioso e perfettamente addestrato dal giovane tunisino che lo porta con sè.
Il Falco, appena arrivato al centro di Contrada Imbriacola (dove stanno
rinchiusi e ammassati un migliaio di profughi) è stato accudito e curato: a lui
è stata dedicata una stanza personale, per lui è stato procurato cibo speciale,
perchè non avesse a patire neppre un attimo nella sua nuova dimora.
Omar, il bambino, dorme da 30 giorni su un materasso di gommapiuma
buttato per terra, in una stanza condivisa con altri compagni di sventura. Omar
è un neonato sudanese profugo dalla Libia, dovrebbe, come neonato e come
profugo, appartenere anche lui ad almeno due categorie protette. Ma non è un
rapace.
Per il Falco si è cercata e trovata in pochissime ore una collocazione
adeguata, perchè è evidente che contrada Imbriacola non è luogo adatto neppure
per farci dormire un rapace. E così, in men che non si dica, viene
immediatamente disposto il suo trasferimento in una "residenza
protetta" perchè neanche una piuma risenta della detenzione nel Cpsa.
Il Falco viene preso in consegna da mani esperte e strappato dal
braccio del suo giovane amico (e legittimo proprietario) tunisino. Il ragazzo
resta così solo e disperato, rinchiuso a Contrada Imbriacola. Lui è un profugo
tunisino, non appartiene evidentemente a nessuna specie protetta e dunque non
merita nè una degna accoglienza nè tantomento la libertà. Non solo, essendo
stato privato della compagnia del rapace non gode nepure di riflesso dei
benefici e dei privilegi che venivano concessi al Falco: e così si scorda la
stanza e viene ributtato in mezzo alle centinaia di altri profughi nel
"gabbio" per adulti dentro il gabbione di Contrada Imbriacola.
E lì si aggira, orfano del Falco, chiedendone a tutti notizie. La
polizia, per tranquillizzarlo, gli ha raccontato che se riuscirà a prendere un
permesso di soggiorno, il Falco (la cui posizione sul suolo Italico è già stata
perfettamente regolarizzata) gli verrà restituto. MI chiede se è vero e come
mai al numero di telefono della nuova dimora del rapace non risponde nessuno.
Provo a chiamare anch'io: nessuna risposta. Mi arrovvello pensando ad una
fantasiosa ipotesi di ricongiungimento Falco (regolarmente soggiornante) con
tunisino (irregolare, trattenuto in attesa di espulsione). Ma temo di non
trovare molti precedenti di giurisprudenza in materia.
Omar, il bambino, oggi festeggia il suo primo mese di detenzione in
Contrada Imbriacola, tra poliziotti, sporcizia e insetti. Ho scritto e
segnalato l'llegittima detenzione di questo neonato e della sua famiglia a
tutte le autorità ma non ho ottenuto nessuna risposta. Neppure quando il
piccolo, prelevato in piena notte da un'operatrice della Lampedusa Accoglienza
che aveva deciso (senza chiedere il consenso della madre) di fare un bagnetto
al neonato, è rimasto gravemente ustionato dall'acqua bollente sulla gambina
destra, qualcuno ha pensato che il Centro, la gabbia, fosse un luogo non
dattato non solo ad un rapace ma neanche ad un neonato.
Omar, il bambino, resta lì, nella gabbia.
La madre mi fissa a lungo, mi chiede quando finirà la loro prigionia: è
stanca ed è arrabbiata. Vuole prendersi cura dei suoi figli fuori da lì. E ha
paura. Paura che i figli si ammalino o vengano feriti in una dell molte rivolte
che settimanalmente scoppiano nel Centro. Paura dei lanci di sassi, dei
manganelli e delle lamette con cui spesso i profughi, anche minorenni, si
lacerano il corpo per protesta, nella vana speranza di suscitare un pò di
compassione. E paura degli scafisti che avevano cercato di uccidere suo marito
e che fino a pochi giorni fa erano rinchiusi nella stessa gabbia. Omar, il
neonato, per sua fortuna non è in grado
di riconoscerli, ma i suoi fratellini quando hanno visto di nuovo gli uomini
cattivi che avevano fatto male al loro papà sono scappati via in singhiozzi.
Consegno a Kadija, la madre di Omar, tutte le lettere che ho scritto
per loro e le spiego che un procuratore, un uomo per bene, si sta occupando di
loro, che tra le altre cose sono anche
vittime e testimoni di reati gravissimi e dunque anche per questo andrebbero
protetti. La rassicuro che presto, se Dio vuole, Insciallah, verranno
trasferiti. Le piace che le parlo schietta, che non le mento promettendole
certezze che non posseggo. E mi ripete, Insciallah, se Dio vuole.
E così tocca a Dio anche farsi carico delle illegalità e della
disorganizzazione di Contrada Imbriacola e tutto quello che ci gira intorno.
Stanotte il Falco dormirà sonni tranquilli, dopo aver mangiato cibo
selezionato, ed essere stato visitato e coccolato da mani esperte e affettuose,
soffrendo forse solo un poco per la nostalgia del ragazzo che l'ha allevato.
Stanotte Omar,il bambino, dovrà combattere contro il prurito di una
piaga da ustione, contro le punture di insetti, il lancio di sassi e lame e le
urla degli altri prigionieri.
Prossima vita, Omar, se nasce profugo, gli conviene nascere
rapace.
Avv. Alessandra Ballerini
2 commenti:
Il post è molto bello e commovente...la realtà è atroce e molte volta fa rabbia cozzare contro la grettezza del sistema...
Lampedusa, passato il clamore mediaticamente vincente dell'"emergenza", è presto sparita dall'agenda delle notizie quotidiane. Coloro che insistono nella testimonianza senza mai stancarsi, voltarsi dall'altra parte o abituarsi all'orrore, alla disumanità e all'insensatezza cui assistono in quei lager sono i veri giornalisti, gli unici che sanno informare parlando delle persone non come di numeri o di gruppi indistinti ("i profughi", "gli immigrati"), ma raccontando delle storie.
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