il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



sabato 31 dicembre 2011

Buon Capodanno... in lotta

Tea Benedetti
Per chi ha vissuto in un polo industriale e ha partecipato attivamente alla sua vita, evoluzione e involuzione, il “Capodanno di lotta” non è una novità. E’ con una certa nostalgia e tenerezza che ricordo quello del 1974, a Genova, all’interno della Pettinatura Biella “Fabbrica Occupata” , per la difesa del posto del lavoro. Oltre 400 giorni di occupazione, e in quella fabbrica occupata, oltre che luogo di rivendicazione sindacale, si sviluppò un laboratorio culturale che non perse mai il collegamento con il resto della città e soprattutto con i quartieri operai da cui provenivano le maestranze impiegate. Teatro, Concerti, letture e confronti non mancarono mai, grazie all’impegno di operaie come Tea Benedetti che incarnò quella lotta e quel territorio e di cui, chi visse quei momenti, non potra mai dimenticare l’enorme valenza politica.
Sono pochi i chilometri che separano l’area dell’ex Pettinatura Biella all’ingresso della Fincantieri di Sestri Ponente, ma la realtà industriale genovese ed in particolare del Ponente genovese, per effetto della deindustrializzazione, appare ad una distanza paragonabile a quella tra due ere geologiche. Sicuramente le ristrutturazioni industriali sono state dettate da scelte di mercato, quindi economiche, ma è evidente che l’obbiettivo neanche troppo secondario è stato un tessuto sociale e politico che nel lavoro fondava i suoi valori più profondi e il motivo di un orgoglio indomito, sopravvissuto alle crisi prima del fascismo e sopravvissuto al fascismo stesso.
Per queste ragioni questa sera sarò col cuore in due diverse collocazioni: 
davanti ai cancelli di Fincantieri, per rivendicare un futuro per quei cantieri navali, un futuro per i lavoratori li impiegati e un futuro per la delegazione di Sestri Ponente che attorno a quei cantieri ha costruito parte della sua economia.
Ad oltre 500 chilometri dal Cantiere di Sestri, nella redazione di “Liberazione” a Roma, dove a fronte del taglio dei contributi all’editoria la testata giornalistica non è più in condizione di far trovare in edicola il giornale.
Sarò col cuore in quella redazione perché quel giornale possa raccontare le storie delle “Pettinatura Biella” dei giorni nostri, siano call center o lavoratori dei vagoni letto, siano i lavoratori della Fincantieri o della Fiat, ma siano anche i racconti dei massacri a Gaza o in Kurdistan, o di cosa accadde a Genova nel 2001 o come morì Aldrovandi, tutte storie che non possiamo permetterci il lusso di delegarle ai pifferai del potere.
Loris Viari


martedì 27 dicembre 2011

"Piombo Fuso" - Dal massacro dei palestinesi al massacro della Cultura


Tre anni fa, il 27 dicembre, iniziava la strage nella striscia di Gaza denominata “Piombo fuso” (1) . Fu la risposta dello “stato di Israele” al lancio di missili qassam dalla striscia di Gaza verso i territori israeliani.
Il bilancio fu atroce, in tre settimane i morti palestinesi superarono le 1400 unità, e il dato più rilevante fu che colpiti furono quasi esclusivamente civili, con un numero impressionante di donne e bambini.
Se demenziale fu l’aggressione con i missili qassam, criminale fu la reazione israeliana, sicuramente più orientata ad una operazione di genocidio che ad una dichiarata messa in sicurezza del proprio territorio.
Furono molte le iniziative, in quei giorni, di solidarietà nei confronti del popolo palestinese e degli abitanti della striscia Gaza (2) .
Da questo blog partì una improbabile campagna per il gemellaggio di Genova (medaglia d’oro della resistenza) nei confronti di Gaza (3) (4) . Improbabile, perché anche nella città medaglia d’oro alla Resistenza lobby filo israeliane non avrebbero fatto passare un voto favorevole simbolo di civiltà ancor prima che politico.
La campagna per il gemellaggio però servì, e questo era l’obiettivo primario, ad attivare le istituzioni, verso tangibili forme di solidarietà (5), anche trasversali, nei confronti delle popolazioni colpite. Fu così possibile, anche se fatto con grande riservatezza, curare vittime del conflitto in strutture italiane adeguate e facilitare le raccolte e l’invio di materiale di conforto a Gaza, anche se il blocco ne ha nei fatti disperso e deteriorato una parte.

Sotto quei bombardamenti, a Gaza, in quei giorni c’era anche Vittorio Arrigoni
"Io e miei compagni siamo coscienti degli enormi rischi a cui andiamo incontro, questa notte più delle altre; ma siamo certo più a nostro agio qui, nel centro dell’inferno di Gaza, di quanto lo saremmo mai stati nei paradisi metropolitani europei o americani, dove la gente festeggia il nuovo anno e non capisce quanto in realtà sia complice di tutte queste morti di civili innocenti." 3 gennaio 2009 (Restiamo Umani)

Tante forme di solidarietà, soprattutto un tentativo di risposta a quell’abominio della guerra che ha visto come vittime e bersagli preferiti, i bambini. Un fallimento della cultura che non ci ha sufficientemente insegnato a difenderli come il bene supremo al quale dobbiamo guardare (6) ?
Non c’è più Vittorio, molti, troppi bimbi sono morti e spesso con un certo disorientamento ci muoviamo nelle forme di solidarietà che esprimono vicinanza col popolo Palestinese.
Abbiamo imparato a conoscere la Resistenza non violenta contro il “muro della vergogna” e abbiamo appreso che Israele l’ha definito “terrorismo non violento”, non servono commenti.

Termino come tre anni fa con il video di “contro” dei nomadi perché anche se gli anni passano, le infamie sono sempre dietro all’angolo e la scelta di essere contro queste infamie è ancor prima che ideologica, una scelta di civiltà.
Loris



venerdì 23 dicembre 2011

Chico Mendes - la difesa dei diritti nella difesa dell'ambiente


Nacque nel 1944 al Seringal Cachoeira, in Acre, da una famiglia di discendenti di raccoglitori di caucciu'. Fin da giovane si interesso' a far valere i diritti alle loro terre degli estrattori di gomma. Nel 1970 il piano di integrazione nazionale (PNI), un ambizioso piano del governo per domare l'Amazzonia , attrasse costruttori, allevatori di bestiame, compagnie di legname e coloni in Acre. Nel 1975, Chico Mendes organizzo' un sindacato di lavoratori rurali per difendersi dalle violente intimidazioni e dalle occupazioni della terra praticati dai nuovi arrivati che stavano distruggendo la foresta e quindi togliendo ai lavoratori rurali i loro mezzi di sostentamento.
Mendes organizzo' numerosi gruppi di lavoratori rurali per formare blocchi umani non violenti intorno alle aree di foresta minacciate dalla distruzione e presto attrasse la collera dei costruttori, abituati a risolvere gli intoppi sia grazie a politicanti corrotti sia assoldando pistoleri per eliminare gli ostacoli umani. Queste azioni di contrasto salvarono effettivamente migliaia di ettari di foresta, dichiarati reservas extrativistas dove lavoratori rurali poterono continuare a raccogliere e lavorare il lattice di gomma e a raccogliere frutti , noci e fibre vegetali.
L'interesse internazionale si concentro' su Mendes come difensore della foresta, ma il suo ruolo come leader lo fece anche diventare l'obiettivo degli oppositori frustrati ed infuriati. Nei primi giorni di dicembre 1988, si attivo' per far divenire il suo paese natale, il Serigal Cachoeira, una riserva estrattivista, sfidando il proprietario terriero ed allevatore locale, Darly Alves da Silva, che reclamava la proprieta' della terra. Il 22 dicembre, Chico Mendes che aveva ricevuto diverse minacce di morte lascio' per pochi istanti la sua guardia del corpo. Fu colpito a breve distanza nella veranda posteriore della sua casa da colpi partiti dai cespugli e mori' subito dopo.  Continua a leggere >>    fonte : Immagini dal SudAmerica


Un doppio ricordo: Augusto e Chico

martedì 20 dicembre 2011

Durban e Ginevra. The day after / Tra Onu e Wto finisce a cibo in faccia


Durban e Ginevra. The day after

di Alberto Zoratti - 19 dicembre 2011
Le conclusioni della COP di Durban e dell'ultima Ministeriale Wto di Ginevra confermano che il multilateralismo è in crisi. In un mondo con tanti problemi globali da risolvere la scelta è procedere per affinità senza troppi vincoli. Questo mette in discussione le ambizioni della Wto, ma rischia di indebolire anche ambiti più legittimi come quello delle Nazioni Unite. Leggere tutto questo senza ingenuità né ideologie è la nuova sfida che abbiamo davanti. 

Molto è stato detto sull'ultima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, forse poco è stato scritto, visto il sostanziale disinteresse dei nostri media per tutto ciò che non sia gossip o austerity. Ma le "non conclusioni" della 17a COP sudafricana ci mettono davanti agli occhi un mondo in piena transizione che va oltre la cornice della stessa Conferenza sul clima.
Il primo elemento su cui riflettere è la crisi del multilateralismo, in ogni sua forma. Pochi giorni dopo la chiusura di Durban, si è tenuta dal 15 al 17 dicembre a Ginevra la Conferenza Ministeriale della Wto, l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Aldilà delle conclusioni retoriche e, per fortuna in questo caso di basso profilo, Ginevra ci mostra uno scenario dove pochi Governi procedono nonostante gli altri, dove 24 Paesi si accordano (e tra questi c'è anche l'Unione europea) per varare un accordo commerciale sugli appalti pubblici che parla di "plurilateralismo" e che fa fare le capriole dialettiche al presidente di turno nigeriano per tenerlo insieme al "multilateralismo", concetto che sta alla base dell'esistenza stessa della Wto. Lo stesso blocco del negoziato di Doha, il ciclo negoziale di liberalizzazioni in sede Wto fermo al palo dal novembre 2001, mostra come le arene multilaterali siano in seria crisi. Continua a leggere ….>>

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Tra Onu e Wto finisce a cibo in faccia

di Monica Di Sisto - 17 dicembre 2011
Il direttore della Wto Pascal Lamy ha deciso di rendere pubblica una sua lettera di scontento contro ilrapporteur del diritto al cibo delle Nazioni Unite Olivier De Schutter, reo di aver accusato l’organizzazione e le sue regole di aggravare la crisi alimentare globale

Chi avrebbe mai creduto, alla vigilia dell’Ottava ministeriale della Wto, che tra Wto e Nazioni Unite sarebbe scoppiata una zuffa pubblica dai toni inediti sulla sicurezza alimentare? Il tema demodé come l’agricoltura è stato ripescato nel G8 dell’Aquila tra le priorità politiche globali da Grandi in cerca di credibilità tra le macerie, fisiche e metafisiche, di un sistema di affari corrotto e autolesionista. Da quei giorni, di G8 in G20, di vertice in vernissage, tutti i leaders globali hanno fatto a gara per mettere le mani su uno dei grandi affari del secolo: come vendere a più caro prezzo il pane quotidiano a una popolazione globale in rapida espansione.

Ora che, però, le risorse scarseggiano, il clima cambia, la fame rovescia rivoluzioni in piazza e il commercio globale rallenta perché le comunità cominciano a tenersi stretta l’opportunità di produrre e mangiare in autonomia, il re bottegaio sembra sempre più nudo e, quando fa la voce grossa con chi ha dalla sua la ragione dei dati evidenti, non può che avere la peggio. Ed è così che, ancor prima che l’Ottavo vertice iniziasse, nella sorpresa generale, il direttore della Wto Pascal Lamy ha deciso di rendere pubblica una sua lettera di scontento contro il rapporteur del diritto al cibo delle Nazioni Unite Olivier De Schutter, reo di aver accusato l’organizzazione e le sue regole di aggravare la crisi alimentare globale. ''Sono radicalmente contrario alla sua affermazione che gli Stati devono limitare la loro dipendenza dal mercato globale per raggiungere la propria sicurezza alimentare'' obietta Lamy. Oppone, in polemica risposta, un'altro organismo delle Nazioni Unite, la task force di Alto Livello creata da Ban Ki Moon, da sempre sotto accusa dai movimenti contadini per i legami diretti di molti suoi membri con l’agrobusiness. Un organismo che, spesso a braccetto con la Banca Mondiale, sostiene infatti che “un mercato globale piu' liberalizzato contribuisce alla sicurezza alimentare rendendo il cibo piu' disponibile''. Continua a leggere ….>>

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domenica 18 dicembre 2011

IO VOGLIO LA FIOM IN FIAT


IO VOGLIO LA FIOM IN FIAT

Fiat, la più grande impresa transnazionale basata in Italia, ha escluso la Fiom-Cgil, il sindacato metalmeccanico italiano più rappresentativo, dall'intero gruppo (80.000 dipendenti) perché questo sindacato non ha firmato un accordo che peggiora le condizioni di lavoro, viola i diritti dei lavoratori, incluso il diritto di sciopero; cancella tutti gli accordi aziendali esistenti e il contratto collettivo nazionale di lavoro.
A partire dal 1° gennaio 2012 i lavoratori non potranno più iscriversi in fabbrica alla Fiom, perché l'azienda non trasmetterà più alla Fiom le loro quote di iscrizione.(1.500.000 euro annui ca.). Inoltre non potranno più eleggere i propri rappresentanti sindacali.
Gli iscritti alla Fiom vengono discriminati e in alcune realtà perfino spinti a dimettersi da questo sindacato per conservare il proprio posto di lavoro. I lavoratori della Fiat hanno scioperato e manifestato, e continueranno a farlo, per i diritti e per le libertà sindacali: chiedono sostegno e solidarietà a livello nazionale e internazionale.

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I lavoratori e le lavoratrici della Fiat hanno il diritto di scegliere il proprio sindacato, secondo le leggi sul lavoro nazionali e internazionali (Convenzioni OIL nn. 87 e 98)
La Fiom-Cgil è il sindacato metalmeccanico italiano più rappresentativo, è un sindacato indipendente e democratico, ben conosciuto per il suo impegno nella difesa dei diritti dei lavoratori e della contrattazione collettiva.
Perciò vi chiediamo di rispettare le leggi sul lavoro nazionali e internazionali e di consentire ai lavoratori e lavoratrici della Fiat e alla Fiom di godere di tutti i loro diritti sul posto di lavoro.

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sabato 17 dicembre 2011

WTO news - ONU, SUL CIBO STA DIFENDENDO UN'AGENDA OBSOLETA


(ASCA) - Ginevra, 16 dic - Alla fine della seconda giornata di lavori della Ministeriale dell'Organizzazione mondiale del Commercio a Ginevra, la risposta del relatore speciale sul Cibo delle Nazioni Unite Oliviers De Schutter alle critiche mosse contro di lui come ''nemico della Wto'' e' arrivata e molto chiara: la Wto sta difendendo un'agenda obsoleta rispetto al tema delle sicurezza alimentare. ''La globalizzazione crea grandi vincitori e grandi sconfitti. Ma quando si parla di sistemi alimentari, perdere significa cadere nella poverta' e nella fame. Una visione della sicurezza alimentare che divide i Paesi tra importatori ed esportatori, e tra vincitori e vinti semplicemente non puo' essere accettata'', sottolinea De Schutter. L'impatto delle leggi commerciali non puo' essere considerato solo a livello degli Stati. Deve tener conto di quello che davvera determina la socirezza alimentare, dice De Schutter: ''chi produce per chi, a quale prezzo, e con quali ripercussioni economiche, sociali ed ambientali. Il diritto al cibo on e' una merce e dobbiamo smettere di trattarlo cosi'''. Quello che il rapporteur condivide con il direttore generale della Wto Pascal Lamy che lo ha criticato e' che la sicurezza alimentare e' un'obiettico politico fondamentale per i Governi, e per questo saluta con apprezzamento la possibilita' di presentare ai membri della Wto i risultati della propria ricerca. Ma la corretta premessa per far partire questo dialogo e' il riconoscimento da parte di tutti che affidarsi eccessivamente al commercio e' un pericolo per i Paesi poveri. E che bisognerebbe misurare la compatibilita' delle regole L'aumento della spesa per il cibo dei Paesi piu' poveri di sei volte tra il 1992 e il 2008 e' la miglior prova che la popolazione vulnerabile, in realta', e' stata consegnata a una poverta' e fame endemica. Le importazioni contano per circa il 25% del loro pasto quotidiano e piu' si affidano alle importazioni, meno investono nella loro agricoltura, e meno sostengono i loro contadini, piu' si devono affidare al commercio ed essere soggetti alla volatilita' dei prezzi. Se, al contrario, supportiamo i produttori piu' piccoli, i piu' poveri dei poveri, li possiamo portare direttamente fuori dalla poverta', sostenere la produzione locale e dar da mangiare alle loro comunita'. Non c'e' dunque, secondo De Schutter, nessun motivo per impedire agli Stati nazionali, come fa la Wto, di investire a livello nazionale e proteggere i propri piccoli produttori. ''E' fastidioso - conclude De Schutter - che quando anche i G20 ricnoscono che i paesi piu' poveri devono essere aiutati sempre piu' nel futuro non a mangiare ma a sfamare se stessi, la Wto continua a combattere le stesse battaglie del passato''. 
sis/mau/ss 


Fonte Yahoo-ASCA


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giovedì 15 dicembre 2011

WTO news - Se 120 Paesi vi sembran pochi,,,




By Monica Di Sisto




Tanto attesa, oggi è arrivata a poche ore dall'apertura dell'ottava Ministeriale della Wto in una riunione affollatissima di negoziatori la dichiarazione del Gruppo Informale dei Paesi in via di sviluppo, che contesta in composti termini negoziali, ma molto chiari, la debolezza degli aspetti di sviluppo del documento al centro del vertice. Gli oltre 120 Paesi in via di sviluppo si dicono "disturbati dal farro che gli impegni politici di raggiungere una conclusione e bilaniata conclusione del ciclo negoziale entro il 2011 non si sia tradotto in posizioni concrete e flessibili". Questi Paesi, che reclamano d'essere la maggioranza dei Paesi membri, chiedono con forza che non si abbandoni l'agenda di sviluppo di Doha, ma che non si abbandoni nemmeno l'uso del negoziato parallelo di tutti i temi sul tavolo (single undertaking) e soprattutto che non si arrivi, nemmeno nella parte non consensuale della dichiarazione finale, ad approvare pezzi di negoziato in formazioni plurilaterali, cioè raggiungendo l'accordo solo tra pochi Paesi, creando così un sistema negoziale a più livelli, abbandonando un autentico plurilateralismo.
Pesa, probabilmente, la cena di lavoro in cui ieri notte Australia e Norvegia hanno invitato Nigeria, Kenya, Malaysia, Messico, Costarica, Singapore, Indonesia e Hong kong, proponendo loro di far inserire nella dichiarazione finale un accordo già chiuso tra essi di non assumere alcuna misura tariffaria o di protezione dei propri mercati, nemmeno in fase di estremo bisogno come pure la Wto, al contrario, ammetterebbe (standstill clause). "L'agenda di sviluppo di Doha non può essere frustrata fino alla morte - ha reclamato il coordinatore dei Paesi Africani -. Stiamo insieme, per evitare che la ministeriale apra, invece di chiudere ciò che è già sul tavolo, nuovi temi negoziali che non abbiamo intenzione di aprire per il momento". Accorato l'appello di Cuba: "purtroppo dobbiamo riconoscere che l'ampiezza della nostra presenza tra i membri della Wto non ha prodotto una proporzionale influenza nell'andamento dei negoziati". Agli stessi Paesi Poveri "si impongono sacrifici, con il pretesto di una crisi economica che non provochiamo. Ci viene chiesto di rinunciare ai nostri bisogni con l'obiettivo di indirizzare il lavoro futuro dell'organizzazione verso le priorità dei Paesi industrializzati, senza rinunciare ai sussidi all'agricoltura e agli altri privilegi di cui godono. Lottiamo uniti perché tutto questo - ha concluso - si tradurrebbe in una ulteriore gravissima crisi per tutti noi".



Fonte:http://fairwatch.splinder.com/

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WTO news - Singapore, mon amour... ma l'Alba non ci sta




In mattinata, e comunque prima dell'apertura dell'Ottava Conferenza Ministeriale della Wto, oltre 100 Paesi in via di sviluppo (Pvs) tra cui India, Cina e Brasile metteranno sul tavolo del negoziato un documento che, con un linguaggio appropriato al livello del negoziato, contesteranno le priorità fissate nel mandato che il Consiglio generale ha conferito ai ministri per le tre giornate del 15-17 dicembre. In un incontro con le Ong internazionali della rete Our World Is Not For Sale alcuni negoziatori di America Latina e Africa hanno comunicato l'intenzione dei loro Governi di contestare l'assenza nell'agenda del vertice, concordata secondo le loro denunce da una ventina di paesi sugli oltre 150 Paesi membri, di iniziative concrete per lo sviluppo e per il sostegno ai Paesi meno sviluppati (LDC Package), come previsto nei mesi scorsi. Al centro del dissenso, che potrebbe portare i Paesi latinoamericani del gruppo Alba al passo ulteriore della disassociazione dal consenso sul documento finale, anche il tentativo di reintrodurre liberalizzazioni negli investimenti (i Singapore issues gia' rigettati alla ministeriale di Cancun), di occuparsi di caambiamenti climatici, sicurezza energetica e sicurezza alimentare, impedendo in realtà, per pure ragioni commer ciali, agli Stati nazionali di intervenire efficacemente per contrastarli. Un duro colpo alla credibilità di un vertice che, ben prima del suo avvio ufficiale previsto per oggi alle 15.00, registra l'ennesimo conflitto tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo.

Lamy a De Schutter: le politiche sul cibo le discutiamo alla Wto

Il relatore sul diritto al cibo delle Nazioni Unite Olivier De Schutter e il suo rapporto ''The World Trade Organization and the Post-Global Food Crisis Agenda'' sono finiti nel mirino del direttore generale della Wto Pascal Lamy che, alla vigilia dell'avvio dell'Ottava Ministeriale della Wto, gli ha rivolto una lettera aperta in cui critica l'idea che la Wto e il commercio internazionale possano essere una delle cause della crisi alimentare presente. ''Sono radicalmente contrario alla sua affermazione che gli Stati devono limitare la loro dipendenza dal mercato globale per raggiungere la propria sicurezza alimentare'' obietta Lamy. Cita, in risposta, un'altro organismo delle Nazioni Unite, la task force di Alto Livello creata da Ban Ki Moon,, che invece sostiene in una propria analisi che un mercato globale piu' liberalizzato contribuisce alla sicurezza globale alimentare rendendo il cibo piu' disponibile''. L'appartenenza alla Wto, critica in sintesi Lamy, costringe i Paesi membri a monitorare i prezzi e gli eventuali sbilanciamenti con maggior attenzione, e questo contribuisce in misura determinante a mitigare gli effetti della crisi alimentare. L'idea di portare, dunque, l'agricoltura fuori dalla Wto e piu' vicina ai percorsi Onu delle agenzie romane (soprattutto Fao e Ifad) tratteggiata nell'ipotesi di de Schutter, e' respinta al mittente: ''non sono convinto del bisogno di creare nuovi processi per discutere e valutare la sicurezza alimentare e il commercio'', dice Lamy che si conferma ''impegnato perche' l'agenda di sviluppo lanciata a Doha porti risultati anche rispetto all'agricoltura''.


mercoledì 14 dicembre 2011

Vangelo di Marco 12, 13-17


13 Gli mandarono alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo con una domanda.
14 Essi andarono da lui e gli dissero: «Maestro, noi sappiamo che tu sei sincero, e che non hai riguardi per nessuno, perché non badi all'apparenza delle persone, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare? Dobbiamo darlo o non darlo?»
15 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro, ché io lo veda».
16 Essi glielo portarono ed egli disse loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione?» Essi gli dissero: «Di Cesare».
17 Allora Gesù disse loro: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Ed essi si meravigliarono di lui .

Da non credente prendo queste parole del Vangelo di Marco così come sono senza aggiungere o togliere qualcosa. 

Trovo offensivo quel "parliamone" di Monsignor Bagnasco di cose che neanche l'etica cattolica attraverso i suoi testi sacri prevede la trattazione.

Come 2011 anni fa in Palestina, si censisca rapidamente il patrimonio vaticano sul suolo italico e su tutte le proprietà che riconducono a fonti di reddito sia applicata l'ici.

Sicuramente la sacra famiglia arrivata a Betlemme non ha mai messo in dubbio il fatto di pagare i tributi all'autorità di Roma.



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WTO: AL VIA DOMANI VERTICE MINISTERIALE. ONG PRONTE A ''OCCUPARLO''



(ASCA) - Ginevra, 14 dic - Tutto e' pronto a Ginevra per dare il via domani, giovedi' 15 dicembre alle 15.30, all'ottava Conferenza Ministeriale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), che fino al 17 dicembre prossimo vedra' responsabili dei dicasteri e negoziatori dei 153 Paesi membri impegnati nel traghettare i negoziati di liberalizzazione commerciale rilanciati a Doha ormai dieci anni fa fuori dallo stallo presente. Un impegno che il Consiglio generale dell'Organizzazione, nel documento di mandato espresso ai ministri che parteciperanno al vertice, ha stabilito si concentri su tre temi: il destino del ciclo di trattative, il sistema multilaterale e la lotta al protezionismo, il rapporto tra commercio e sviluppo in questi gravi tempi di crisi. I tre temi verranno affrontati nel Documento di consenso, che sara' la parte principale del Documento finale redatto dal Chairman di turno del vertice, il ministro del Commercio e degli Investimenti della Nigeria, Olusegun Olutoyin Aganga. In vista del vertice un forte scontro si e' verificato tra Paesi in via di sviluppo, che volevano l'approvazione nel vertice di un pacchetto specifico di iniziative di sostegno per i Paesi meno sviluppati (LDCs package), e quelli avanzati, in testa Stati Uniti ed Europa, che volevano l'inserimento nelle future trattative di nuovi temi di negoziato (21st Century Issues) come gli investimenti, i cambiamenti climatici e le tecnologie connesse e le misure anti crisi alimentare. Entrambi questi filoni di nuove iniziative potrebbero trovare posto nella parte del documento finale ''fuori dal consenso''. Il Consiglio generale, infatti, a fronte ''dell'eccezionalita' dei tempi presenti'' ha dato mandato ai ministri di procedere fuori dalla modalita' storica di procedere della Wto che e' il ''single undertaking'', ossia il consenso simultaneo su tutti i tavoli paralleli di negoziato. Si e' chiesto infatti ai ministri di cominciare a ''chiudere'' quanto possibile, per evitare che lo stallo negoziale si protragga. Oltre ai temi aperti, la ministeriale approvera' l'ingresso nella Wto di tre nuovi membri: Samoa, Montenegro e Russia, l'unica grande economia ancora fuori dal sistema commerciale multilaterale. Si prenderanno, inoltre, due decisioni importanti rispetto alla protezione dei diritti di proprieta' intellettuale. I Paesi meno sviluppati (LDCs) potranno aspettare fino al 31 dicembre 2013 prima di introdurre nelle legislazioni nazionali norme sui brevetti stringenti e coerenti con le regole protette in ambito Wto e, per quanto riguarda la salute e i sistemi di cura, prevede che sia estesa una moratoria sulle denunce possibili contro di essi da parte di societa' o organismi detentori di brevetti o licenze. L'assenza di misure specifiche in soccorso dei Paesi piu' poveri, ma anche l'insistenza sulle liberalizzazioni, in particolare in agricoltura, lavoro e finanza che rappresentano settori in forte crisi e soggetti a massicce pressioni speculative, sono le principali ragioni per cui la societa' civile internazionale, in testa la rete Our World Is Not For Sale protagonista delle giornate di Seattle, insieme al coordinamento sindacale Ituc, parteciperanno alle mobilitazioni indette dalle realta' svizzere con lo slogan ''Occupy Wto''. Oltre 70 delegati da tutto il mondo parteciperanno ai lavori della Wto facendo pressione sulle delegazioni dei Governi perche' ''il lavoro, il cibo e i diritti vengano anteposti ai profitti delle corporations''. In una tenda posta all'esterno della sede del Vertice (L'International Conference Centre Geneva) si presenteranno le attivita' di Occupy Wto che si aprono domani alle 11.00 con la prima conferenza stampa e culmineranno sabato 17 con una manifestazione cittadina, ma prevedono sessioni di formazione e aggiornamento sui negoziati, oltre ad azioni dirette, per tutte le giornate della ministeriale. 
sis/lus/rl

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lunedì 12 dicembre 2011

Ecco l’infame prelievo forzato dalle tasche dei pensionati…pardon dal conto dei pensionati





Cazzarola professor Monti, la sua passione per le banche è proprio smodata!!! Con l’operazioncina dell’obbligo di un conto corrente per il prelievo delle pensioni, con la scusa della tracciabilità, preleva forzosamente le imposte di bollo sulla tenuta dei conti correnti. Mettiamo pure che il conto possa essere al così detto costo zero, le banche avranno comunque enormi quantità di capitali per continuare a fare i giochetti di borsa. Sicuramente solerti direttori, come venditori di pentole eterne sapranno piazzare qualche prodotto a pagamento e …voilà Banco vince!!! 



Occhio alle poste!!! Dove un conto ha un canone di 30 Euro annui e dove potreste non riuscire a dialogare con le slot machine che hanno allo sportello che leggono (quando non sono analfabete) solo le bande magnetiche dei bancomat perché al microchip non sono ancora aggiornate, per cui la possibilità di non riuscire a effettuare le operazioni volute non è remota (a me è successo la settimana scorsa con bancomat efficientissimo a sportelli esterni ma completamente impedito allo sportello con personale) 




Informazione per i consumatori (se gli rimane qualcosa da consumare)



imposta di bollo su conto corrente


i conti correnti, siano bancari o postali e gestiti da finanziarie od assicurazioni, sono soggetti ad imposta di bollo. 



Per i conti correnti intestati a persone fisiche l’imposta annuale di bollo è pari a 34,20 Euro. L’addebito può essere trimestrale (€8,55 ogni 3 mesi) o mensile (2,85 euro al mese) ma alla fine si paga tutti nella stessa misura .

La suddivisione mensile/trimestrale è a discrezione della banca. (...però quanto sono umane)

Anche i Conti Correnti dichiarati come gratuiti, senza spese, sono soggetti ad una imposta di bollo. Infatti essendo un’imposta dello Stato, per cui la banca riscuote da voi ma fa solo da tramite per riversarli allo Stato, i bolli non sono conteggiati come costo del conto corrente.


Aggiornamento che non muta comunque la sostanza delle cose
Ieri il governo ha dato parere favorevole a un emendamento correttivo alla manovra che alza il limite per il pagamento in contanti da parte della pubblica amministrazione, comprese le pensioni, da 500 euro a mille.



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domenica 11 dicembre 2011

12 Dicembre 1969 La Strage è Di Stato


…Sono passati 42 anni da quella bomba alla banca dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano. 42 anni di infiltrazioni, depistaggi, servizi deviati e servizi che deviati non lo erano e giudiziosamente eseguivano gli ordini di chi diceva di infiltrarsi*, di provocare e di far ricadere le responsabilità su una sinistra che dopo aver contribuito con il proprio sangue a liberare questo strano paese dai nazi fascisti, ancora oggi non si comprende bene quale colpa deve espiare se non viene preferita a governi di piduisti affaristi e faccendieri da questo strano popolo che è quello italiano.
42 anni per la conquista di alcuni diritti contro cui ci esplosero le bombe ci manganellarono i celerini e ci uccisero le Brigate Rosse.
42 anni di lenta erosione della democrazia che forse non aveva quegli anticorpi che sbandieravamo se ci siamo trovati in svendita dalle banche private, in svendita il nostro lavoro, il nostro futuro, la nostra stessa sopravvivenza.
42 anni in cui quella forbice tra chi si impoveriva e chi si arricchiva era destinata ad aprirsi inesorabilmente, in un balletto che aumentando il divario economico in diminuzione c’erano anche i diritti.
42 anni in cui da una parte c’era chi lavorava per un alto concetto di una Europa dei popoli  e dall’altra chi più sommessamente ed efficacemente per una Europa delle banche.
42 anni in cui le strategie possono anche modificarsi ma che alla stretta finale la risposta è quella di Genova 2001 o di Roma 15 ottobre 2011.

Non solo voglio ricordare il 12 dicembre 1969 e Giuseppe Pinelli, ma voglio ricordare anche quello del 1970 e l’uccisione dello studente Saverio Santarelli, che in quel 12 dicembre manifestava a milano nel primo anniversario della STRAGE DI STATO




Ballata del Pinelli

Dal centrosinistra all'autunno caldo (1963-1969)

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
«Brigadiere, apra un po' la finestra»
ad un tratto Pinelli cascò.

«Signor questore, io gliel'ho già  detto,
lo ripeto che sono innocente:
anarchia non vuoI dire bombe,
ma giustizia, amor, libertà».

«Poche storie, confessa Pinelli,
il tuo amico Valpreda ha parlato:
è l'autore del vile attentato
e il suo socio, sappiamo, sei tu».

«Impossibile - grida Pinelli -
un compagno non può averlo fatto
e l'autore di questo misfatto
tra i padroni bisogna cercar».


«Stiamo attenti, indiziato Pinelli,
questa stanza è già  piena di fumo;
se tu insisti apriam la finestra
quattro piani son duri da far».

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
«Brigadiere, apra un po' la finestra»
ad un tratto Pinelli cascò.

L'hanno ucciso perchè era un compagno
non importa se era innocente;
«era anarchico e questo ci basta».
disse Guida, il feroce questor.

C'è una bara e tremila compagni
stringevamo le nostre bandiere
in quel giorno l'abbiamo giurato
«non finisce di certo così».

Calabresi e tu Guida assassini
che un compagno ci avete ammazzato
l'anarchia non avete fermato
ed il popolo alfin vincerà .

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
«Brigadiere, apra un po' la finestra»
ad un tratto Pinelli cascò.







*Francesco Cossiga

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DURBAN COP17 - Considerazioni finali


Da Durban/COP17 - Alberto Zoratti - Fair



DURBAN COP17. PERSA UN'OCCASIONE IMPORTANTE PER COMBATTERE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
FAIR: "SENZA INTERVENTI SOSTANZIALI RISCHIAMO L'APARTHEID CLIMATICO"
[Durban/COP17 - 11 dicembre]. Il Pacchetto di Durban è la risultanza delle oltre due settimane di negoziati alla COP17 di Durban, in Sudafrica, che avrebbero dovuto dare una risposta forte e definitiva alla lotta al cambiamento climatico.
"Un risultato debole, insufficiente" commenta Alberto Zoratti, dell'organizzazione dell'economia solidale Fair presente a Durban nel network internazionale Climate Justice Now!, "che non è assolutamente all'altezza della crisi climatica che ci troviamo ad affrontare".
Il Protocollo di Kyoto è stato salvato nella forma e nella struttura, ma i contenuti sostanziali sono ancora una volta stati rimandati lasciando ancora una volta nell'incertezza miliardi di persone che aspettano risposte concrete e non approcci procedurali ad un fenomeno che sta peggiorando di giorno in giorno.
"I dati dell'IPCC e dell'UNEP stanno continuando a metterci in guardia sul rischio di superare il punto di non ritorno" sottolinea Zoratti, "questo significa che milioni di persone in tutto il mondo rischiano di essere colpite da eventi atmosferici estremi, da siccità, da perdite di raccolti che peggioreranno la condizione di vita di intere comunità".
Il Green Fund, istituito un anno fa a Cancun, non è ancora stato finanziato adeguatamente, nonostante sia in programma di mobilizzare oltre 100 miliardi di dollari all'anno al 2020, "una cifra", secondo Zoratti, "assolutamente inadeguata, che non risponde alle reali esigenze di sostenere l'adattamento e combattere la mitigazione. Ma anche le modalità di finanziamento del fondo, che per noi dovrebbe essere pubblico e senza interventi di istituzioni come la Banca Mondiale, rimangono nel vago".
Tutto il pacchetto approvato a Durban, quindi, se salva un percorso multilaterale e la Conferenza delle Parti dell'Onu, comunque uno spazio necessario sebbene non sufficiente per combattere il cambiamento climatico, è una risposta debola ad una crisi reale.
"I Governi del mondo non hanno dimostrato alcuna capacità di leadership" conclude Zoratti, "il rischio è quello dell'apartheid climatico, miliardi di persone lasciate al loro destino, senza strategie di contenimento del fenomeno né di sostegno reale alle comunità colpite. Dalla città di Durban, e dal Sudafrica liberato dal giogo dell'apartheid, ci saremmo aspettati di più. E' importante una mobilitazione vera, delle persone, della società civile, dei movimenti sociali per cominciare a mettere in atto, anche dal basso, la transizione ad una società diversa, obiettivo oramai non più eludibile".

COP17. Kyoto risorge. Ma il clima è salvo?





Da Durban/COP17 - Alberto Zoratti - Fair
[Durban/COP17]. - Si conclude dopo giorni di negoziati ed ore di attesa la 17a Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico a Durban. Nasce il Durban Package che consolida il percorso multilaterale rimesso in piedi a Cancun. Si salva il protocollo di Kyoto, da molti dato per morto, e l'Unione Europea conosce un nuovo protagonismo. L'unica cornice vincolante non viene messa in un cassetto, ma il lavoro da fare è ancora molto. Anche per contrastare una serie di distorsioni che piuttosto che contribuire alla lotta al cambiamento climatico in un'ottica di equità, rischiano di aggravarlo, come i meccanismi di mercato, troppe volte sovrastimati. Rimangono in piedi il REDD+, con i rischi per le foreste, un vero e concreto impegno davanti a impegni vincolanti, il rispetto delle sollecitazioni che vengono dal mondo scientifico, la possibile ingerenza della Banca Mondiale e di altre organizzazioni come la Wto sui temi climatici, un reale impegno per stanziare risorse per il Green Fund. Il lavoro, per la comunità internazionale, è ancora molto e difficile. Ed i movimenti della società civile dovranno fare la loro parte.




Conclusa alle 5 di notte la COP17
COP17. Kyoto risorge. Ma il clima è salvo?


A Durban nasce il l'omonimo package, dopo una giornata ed una notte estenuanti la 17a Conferenza delle Parti chiude con un risultato. Kyoto è salvo, grazie all'ostinazione della maggioranza delle delegazioni presenti, prima fra tutte l'Unione Europea. L'unica cornice legale vincolante non è stata travolta dal disimpegno di pochi, ma con Kyoto rimangono anche le contraddizioni di una serie di strumenti di mercato troppe volte sovrastimati e di una strategia di lotta al cambiamento climatico ancora molto, troppo inadeguata. La storia di una nottata fuori dal comune.




09-12-11
DURBAN: DIRETTORE ESECUTIVO GREENPEACE ESPULSO DA CONFERENZA CLIMA

(ASCA) - Roma, 9 dic - Kumi Naidoo, Direttore Esecutivo diGreenpeace International, e' stato fatto allontanare dall'edificio nel quale e' in svolgimento la conferenza delle Nazioni Unite sul clima aDurban, in Sud Africa. E'la stessa organizzazione ambientalista a renderlo noto, precisando che a Naidoo e ad altri 9 attivisti di Greenpeace e' stato confiscato il badge di accesso e non potranno quindi rientrare nel Palazzo dei congressi per partecipare al resto della conferenza.
Questo pomeriggio Kumi Naidoo si era unito a una protesta non violenta all'interno del centro congressi, appena fuori della sala plenaria nella quale e' in corso il segmento ministeriale della conferenza sul clima. Alla protesta hanno partecipato un centinaio di attivisti provenienti da tutto il mondo e rappresentanti di diversi gruppi della societa' civile, tra cui 350.org, Friends of the Earth e Avaaz. Tra i dimostranti era presente anche il Ministro dell'Ambiente delle isole Maldive, Mohaemmed Shareef, particolarmente preoccupato per gli effetti dei cambiamenti climatici visto che il suo paese e' costituto da un arcipelago di isole che si alza di pochi metri sopra il livello del mare.
Prima di essere accompagnato fuori dal centro congressi, Naidoo ha dichiarato:''Siamo qui per sostenere i Paesi piu' vulnerabili ai cambiamenti climatici, la cui sopravvivenza non viene presa in considerazione da chi siede in quella sala conferenze. Siamo qui per chiedere ai Ministri di ascoltare le persone, non chi inquina. La delegazione degli Stati Uniti sta in questo momento pianificando a tavolino la scomparsa di Paesi membri delle Nazioni Unite dalla mappa del pianeta.
Questo e' semplicemente inaccettabile''.
Dopo essere stato allontanato Naidoo ha continuato:''E' paradossale che, mentre la maggioranza dei cittadini del mondo chiede azioni urgenti per proteggere il clima e salvare vite umane, la delegazione degli Stati Uniti continui liberamente ad ostacolare ogni progresso delle trattative.
Chiedo al popolo americano, per il quale oggi siamo qui, di domandarsi cosa farebbe se venisse a sapere che i potenti del mondo stanno complottando per cancellare gli Stati Uniti dalla carta geografica. Perche' questo e' esattamente il futuro che attende chi vive alle Maldive o in altre isole. La delegazione di Obama e' in grado di far fallire questa conferenza solo con il sostegno di altri grandi inquinatori.
Faccio un appello a quelle Nazioni affinche' riconsiderino la loro alleanza con la delegazione degli Stati Uniti, e pensino a quei Paesi che rischiano di scomparire''.

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sabato 10 dicembre 2011

La lunga notte di Durban


Care e cari, 

la Conferenza delle Parti di Durban, come molti si aspettavano, ha scelto di sforare nei tempi. La fine della plenaria, programmata per ieri, si è rimandata ad oggi con inizio, in sala da decidere, alle 10 ore di Durban. In un Convention center a metà tra il bivacco ed il disimpegno, le delegazioni governative corrono per trovare un accordo che consenta di non far perdere ulteriore tempo al mondo che aspetta. C'è la possibilità di una conclusione comunicabile, non si sa ancora quanto accettabile nei contenuti. E come ogni volta si accende la polemica sul multilateralismo e sulla possibile inutilità dei percorsi Onu, non tenendo presente che chi chiede con forza approcci multilaterali sono proprio i Paesi del sud del mondo, approcci che le grandi potenze come gli Stati Uniti notoriamente rifiutano. 

Per i prossimi aggiornamenti, a risentirci a dopo. 

Alberto



Durban. La conferenza infinita
La lunga notte di Durban

Nelle stanze e nei corridoi dell'ICC di Durban si sono fatte le ore piccole. Molti delegati hanno trovato posto sulle poltrone per passare la nottata, altri si sono trovati impigliati in estenuanti negoziati. L'Assemblea plenaria della COP17 ha scelto di non fare il bis della sua precedente versione messicana: sospensione a tarda notte e ripresa alle 10 del mattino di sabato. Ed i testi usciti dagli Indaba lasciano spazio a molte interpretazioni, ma anche ad alcune preoccupazioni. Con una domanda: il multilateralismo val bene una messa?
di Alberto Zoratti - 10 dicembre 2011   Leggi >> 


Ai colloqui sul clima delle Nazioni Unite, ispirati al movimento “Occupy”, fuori delle stanze ufficiali del negoziato, gli attivisti rivendicano “giustizia climatica” e il rifiuto di “false soluzioni”.
I rappresentanti da tutto il mondo, hanno parlato di come la crisi climatica, colpisce le comunità e hanno chiesto un risultato ambizioso in linea con le pressanti necessità scientifiche.


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venerdì 9 dicembre 2011

Pacco, doppio pacco e contro-paccotto - galleria di immagini -Spiazzaaffari

Ecco la galleria di immagini del Flash mob attuato l'8 dicembre a Genova in occasione dell'accensione dell'albero di natale nella centralissima Piazza De Ferrari. L'aria di "zingarata" non vuole naturalmente edulcorare o sminuire la drammaticità delle conseguenze sociali della manovra partorita dal governo Monti.


Clicca sull'immagine per avviare le slide


CREDI DAVVERO CHE 25 MILIARDI DI SACRIFICI SULLE SPALLE DEI SOLITI NOTI,
GIOVANI, LAVORATORI E PENSIONATI SERVONO A SALVARE L’ITALIA ?




ECCO CHI FESTEGGERA’ IL NATALE, GRAZIE A QUESTA MANOVRA:

le banche, gli evasori fiscali, i fabbricanti d’armi, la mafia delle grandi opere, gli industriali, il vaticano, la confindustria, gli speculatori finanziari e quell’ 1 % che continua ad arricchirsi




CHI NON FESTEGGERA’ IL NATALE :

NOI !!! il restante 99 %



UN ALTRO NATALE E’ POSSIBILE

SPACCHIAMO IL DEBITO!


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martedì 6 dicembre 2011

La difesa del lavoro come difesa dello Stato



Fino al finire degli anni 60 il diritto alla salute sui posti di lavoro non trovava una adeguata cultura. Il concetto di pericolosità e di nocività era oggetto di eventuale contrattazione salariale, preferendo curare le conseguenze che non prevenire, scaricando poi di fatto sulla collettività i costi sociali degli infortuni e soprattutto di quelle che troveranno menzione nelle malattie professionali. 
Semplificando il concetto : più pericoloso o nocivo era il lavoro e più uno guadagnava. 
Con lo Statuto dei diritti dei lavoratori il salto culturale fu evidente e fu giustamente applicato il concetto che la salute non è monetizzabile. Affinchè questa enunciazione trovasse applicazione, ovviamente fu necessario legiferare affinchè fossero attuate tutte le misure che consentissero lavoro in sicurezza sia nella lavorazione sia a livello ambientale. 
Voglio nuovamente sottolineare i due dati importanti del passaggio alla “non monetizzazione della salute: prevenzione e maggior sicurezza sul posto del lavoro e minori costi sociali con evidente miglioramento della qualità della vita. Personalmente penso che non fu solo una vittoria sindacale, ma fu soprattutto una scelta di civiltà. 
L’articolo 1 della nostra Costituzione, fu il frutto di una mediazione e all’enunciato di una “Repubblica fondata sui lavoratori” (concetto che richiamava il socialismo reale) raccolse il consenso “Repubblica democratica fondata sul Lavoro” 
Il lavoro quindi come elemento fondante del nostro Stato e della nostra società. Il lavoro che, mi verrebbe da pensare, travalica addirittura, ovviamente in positivo il concetto del diritto. 
Nel 1995 a seguito delle dimissioni del primo governo Berlusconi abbiamo una parvenza di governo “tecnico” diretto da Lamberto Dini e, il ministro del lavoro e della previdenza sociale Tiziano Treu confezionerà in quel contesto il pacchetto di misure, trasformate nella legge 196/97 che dietro l’inganno del lavoro flessibile in realtà spalancherà le porte al dramma del lavoro precario. 
Che sul lavoro si stava giocando una partita estremamente importante e sporca ne sono la riprova gli omicidi di D’Antona prima e Biagi successivamente, perché nel nostro paese a far accelerare i processi involutivi sono, con una tempestività inaudita, sempre intervenuti fattori, come la strategia della tensione e gli anni di piombo, che hanno tacitato sotto la cappa dell’attacco allo Stato, tutte le espressioni di dissenso dei ceti popolari e della grande maggioranza dei lavoratori. 
Era fondamentale questa lunga premessa perché solo avendo coscienza del processo avvenuto si possono trovare risposte adeguate alla situazione presente. 
E’ di pochi giorni fa l’intervento del segretario della CGIL Susanna Camusso all’assemblea dei delegati/e della CGIL, affrontando il tema della precarietà indica nella strada per il superamento due parametri: ridurre le modalità di assunzione (42) e far costare di più il lavoro precario ampliando le tutele. 
L’idea del far costare di più il lavoro precario non è nuova: poco più di un anno fa Gianfranco Fini nel discorso di “Mirabello” sottolineò proprio questo concetto per dare dignità al “lavoro precario”. Non casualmente poco prima che la Camusso esprimesse il concetto nel discorso sulla “cura del lavoro”, forse in una pausa della pettinatura delle bambole, con più di un anno dal discorso di Fini il PD nella voce di Bersani si esprimeva nello stesso senso, come a dare il benestare o il nulla osta alla proposta. 
Se riesco a comprendere la proposta fatta da Fini, comprendere senza condividerla, la proposta Bersani/Camusso la reputo assolutame inaccettabile e inconcepibile per la sua natura di monetizzazione del diritto al lavoro; la conferma dell’accettazione del concetto della precarizzazione della struttura stessa dello Stato. 
La trovo inaccettabile proprio per quel concetto dell’aver “cura del lavoro” tante volte ripetuta nell’intervento ai delegati e delegate dalla Camusso. 
E’ inaccettabile per quel danno sociale davanti gli occhi di tutti che è la negazione al futuro per intere generazioni. Inaccettabile perché vuol dire da parte del sindacato diventare sempre più un sindacato dei pensionati perché a queste generazioni senza “categorie sindacali” sarà negata sia la rappresentanza sia il potere contrattuale allargando sempre più la forbice tra chi produce e chi parassitariamente incamererà i profitti. 
Al precariato non si può rispondere con una monetizzazione perché nel caso della salute la non monetizzazione è stata una conquista, sul precariato è stata una falla aperta per incapacità, inettitudine e sudditanza a componenti politiche che hanno dimostrato di avere più riguardo per le lobby industriali che non alle masse lavoratrici. Non si può andare a dire a un giovane la tua vita sarà una incertezza costante ma ti pagherò però un po di più. Anche il pagamento è incerto! 
O il sindacato oggi fa una scelta autonoma,e intraprende una battaglia, anche dura per la cancellazione di tutta la legiferazione in tema di mercato del lavoro, o si ritroverà, e in parte già si ritrova, ad essere solo un sindacato dei pensionati ai quali potrà fornire qualche servizio, e, considerando i nuovi sviluppi in tema di pensioni, neanche con una base di iscritti troppo ampia.
Trovo indecorose le proposte di modificazione della nostra Costituzione. Modificare l'art. 41 o l'art. 118 (libertà di impresa) o l'inserimento del pareggio di bilancio, quando i "debiti pubblici" fuori controllo si chiamano evasione fiscale e banche. La Costituzione prima di ogni cosa va attuata, specialmente nel suo articolo 1.

Loris V.





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domenica 4 dicembre 2011

Monti c'ha fatto il pacco, e noi Spacchiamo il pacco

giovedì 8 ore 16
appuntamento sotto l'albero di Natale di
 Piazza De Ferrari
Con i Nostri Pacchi
e le Nostre Palle
(che girano)



CREDI DAVVERO CHE 25 MILIARDI DI SACRIFICI SULLE SPALLE DEI SOLITI NOTI,
GIOVANI, LAVORATORI E PENSIONATI SERVONO A SALVARE L’ITALIA ?




ECCO CHI FESTEGGERA’ IL NATALE, GRAZIE A QUESTA MANOVRA:

le banche, gli evasori fiscali, i fabbricanti d’armi, la mafia delle grandi opere, gli industriali, il vaticano, la confindustria, gli speculatori finanziari e quell’ 1 % che continua ad arricchirsi




CHI NON FESTEGGERA’ IL NATALE :

NOI !!! il restante 99 %



UN ALTRO NATALE E’ POSSIBILE

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