il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



lunedì 29 agosto 2011

6 settembre SCIOPERO GENERALE

6 settembre 2011 - SCIOPERO GENERALE


Non permettiamo che oltre al futuro possano rubarci anche la nostra dignità.

Facciamo pagare la crisi alle banche.

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sabato 27 agosto 2011

Appello di Emergency - Liberate Francesco




Appello di Emergency


Appello di "a sinistra"
con alcuni indirizzi mail di pubblici amministratori




Questa mattina sono rimasto colpito da una breve nota di Cecilia Strada su facebook che ringraziava il sindaco di Firenze per aver esposto sulla facciata di Palazzo Vecchio uno striscione che esortava la liberazione di Francesco Azzarà, operatore di EMERGENCY, rapito in Darfur una decina di giorni fa. 

La mia meraviglia, era dovuta, al fatto che per le ragioni più diverse, forse ci siamo distratti un po troppo e non stiamo adeguatamente sostenendo il processo di liberazione di Francesco Azzarà.
Sollecitiamo le nostre pubbliche amministrazioni a dare un segnale di vicinanza ad Emergency nel sostenere la liberazione di Francesco e una forma di pressione costante nei confronti del ministero per gli affari esteri che è l'istituzione preposta alla salvaguardia dei cittadini italiani all'estero.
Facciamo si che anche nelle nostre città, nelle forme più diverse venga messa in evidenza la volontà di rivedere Francesco Libero. magari inviando una breve mail che potrebbe essere scritta così:

" Signor sindaco, chiediamo che la nostra città dia una testimonianza visibile di solidarietà verso l’operatore di Emergency rapito in Darfur, al fine di esercitare tutta la pressione possibile affinché Francesco Azzarà, possa tornare nel più breve tempo alle sue attività umanitarie, tra i suoi compagni di Emergency, in seno ai suoi affetti ed alla sua famiglia."

LIBERATE FRANCESCO! 





Sindaco di Milano            sindaco.pisapia@comune.milano.it
Sindaco di Genova           gabsindaco@comune.genova.it
Sindaco di Torino             Sindaco@cert.comune.torino.it
Sindaco di Bologna          Sindaco@comune.bologna.it
Sindaco di Aosta              B.Giordano@comune.aosta.it
Sindaco di Venezia           sindaco@comune.venezia.it
Sindaco di Trento             sindaco@comune.trento.it
Sindaco di Trieste             robertocosolini@comune.trieste.it
Sindaco di Perugia           sindacoboccali@comune.perugia.it
Sindaco dell’Aquila          sindaco@comune.laquila.it
Sindaco di Potenza          sindaco@comune.potenza.it
Sindaco di Catanzaro n.d.
Sindaco di Napoli            sindaco@comune.napoli.it
Sindaco di Roma              sindaco@comune.roma.it
Sindaco di Ancona           fiorello.gramillano@comune.ancona.it
Sindaco di Campobasso n.d.
Sindaco di Bari n.d.
Sindaco di Cagliari n.d.
Sindaco di Palermo          sindaco@comune.palermo.it

Ho cercato un po di mail di Sindaci per semplificare  il contatto. Invito, per i comuni che non sono in elenco di provvedere direttamente a reperire le mail ed eventualmente comunicarmele per pubblicarle.
Le mail n.d. sono di comuni dove si accede alla comunicazione attraverso form dei siti dei comuni stessi.

Copiate, duplicate, condividete e fate girare il contenuto di questo post su tutta la rete.
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giovedì 25 agosto 2011

Dichiarazione di indipendenza all'ONU della Palestina

Cari amici,

Fra 24 ore il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si riunirà di nuovo per discutere la dichiarazione d'indipendenza della Palestina, che si candida a diventare il 194° stato nel mondo.

Già 700.000 di noi hanno aderito a questa campagna. Ma abbiamo bisogno di più forze per convincere i paesi chiave a votare a favore.

Avaaz ha prodotto un video breve ed efficace, che racconta la vera storia e spiega perché questa è la migliore opportunità che abbiamo per ottenere la pace.

Clicca per guardarlo e invialo a tutti quelli che conosci - raggiungiamo il traguardo di 1 milione di firmatari adesso:




La nostra campagna per lo stato palestinese sta montando, con quasi 700.000 persone tra noi che hanno risposto alla chiamata nel giro di pochi giorni! La campagna è stata sulle prime pagine dei principali giornali, citata all’interno del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e diffusa via Twitter dal Presidente palestinese in persona. Il Consiglio di Sicurezza discuterà nuovamente la questione questa settimana, ma alcuni governi chiave non hanno ancora preso posizione.

Alti diplomatici hanno dichiarato ad Avaaz che l’opinione pubblica gioca un ruolo chiave per incanalare il sostegno all’indipendenza. Molte persone però hanno la sensazione di non comprendere a fondo la situazione tanto da attivarsi. Avaaz ha prodotto un nuovo breve video, che racconta la vera storia del conflitto. Se saremo in tanti a vedere il video e a firmare la petizione, potremo creare un’ondata di pressione enorme e influenzare così il voto.

Troppo spesso i media non ci dicono veramente quello che abbiamo bisogno di sapere per agire. Quasi 10 milioni di persone stanno ricevendo questa e-mail e potranno guardare questo video. Se lo inoltriamo ora a un numero notevole di persone, DIVENTIAMO noi stessi i media, e possiamo determinare l’opinione pubblica. Clicca in basso per vedere il video, firma la petizione se non lo hai già fatto, e inoltra questa e-mail a ogni tuo contatto, specialmente nei paesi europei ancora incerti – raggiungiamo l’obiettivo di 1 milione di firmatari prima che si tenga l’incontro dell'ONU questa settimana:

http://www.avaaz.org/it/middle_east_peace_now/?vl

Lo scorso mese i Palestinesi hanno presentato la loro dichiarazione d'indipendenza al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Più di 120 paesi li sostengono, ma gli Stati Uniti respingono la proposta e hanno mandato un chiaro messaggio ai loro alleati europei: il sostegno alla legittima dichiarazione palestinese si ripercuoterà duramente nelle relazioni bilaterali. Ora tocca a noi far capire ai principali leader europei che l’opinione pubblica è in favore di questa spinta diplomatica nonviolenta e che dovremmo essere noi la base per le scelte politiche, non importa se questo farà “arrabbiare gli americani”.

Mentre la maggioranza dei palestinesi e degli israeliani vuole la soluzione del conflitto basata sui due stati, il governo estremista israeliano continua ad appoggiare la costruzione degli insediamenti nelle aree contese. E nonostante i ripetuti sforzi, i decenni spesi in negoziati di pace patrocinati dagli Stati Uniti non sono riusciti a frenare le violenze da entrambe le parti e a far raggiungere un accordo.

Proprio adesso questa dichiarazione d'indipendenza potrebbe rivelarsi la migliore opportunità che abbiamo per superare lo stallo, evitare un’altra spirale di violenza e spianare il campo da gioco tra le due parti per favorire i negoziati. La nostra campagna sta esplodendo in tutto il mondo – assicuriamoci che arrivi alle orecchie dei principali leader europei il cui appoggio è di cruciale importanza. Clicca in basso per vedere il video, firma la petizione se non lo hai già fatto e inoltra questa e-mail a ogni tuo contatto – raggiungiamo il traguardo di 1 milione di firmatari:

http://www.avaaz.org/it/middle_east_peace_now/?vl

C’è molta disinformazione sul conflitto israelo-palestinese e molti di noi non se la sentono di partecipare in prima persona. Ma questo breve video spiega la situazione in modo chiaro e può cambiare le cose. In quanto network globale di quasi 10 milioni di persone sparse in ogni paese del mondo, noi abbiamo l’opportunità d'influenzare un voto che potrebbe ribaltare una situazione di decenni di violenza. Tutto quello che dobbiamo fare è condividere questo filmato e incoraggiare le persone che conosciamo a unirsi a questa campagna fondamentale per la pace.

Con speranza,

Alice, Pascal, Emma, Ricken, David, Rewan e il team di Avaaz.

info utili:
Battaglia (diplomatica) per la Palestina (La Repubblica)

I palestinesi presenteranno la dichiarazione d'indipendenza all'Assemblea generale dell'ONU, in inglese (Guardian)

Il ministro israeliano: Tagliate tutti i rapporti con i palestinesi, in inglese (Associated Press)

L'ONU chiede a Israele di non costruire nuovi insediamenti a Gerusalemme est, in inglese (Ha'aretz)

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martedì 23 agosto 2011

Liberate Francesco! Appello per l'operatore di Emergency

Questa mattina sono rimasto colpito da una breve nota di Cecilia Strada su facebook che ringraziava il sindaco di Firenze per aver esposto sulla facciata di Palazzo Vecchio uno striscione che esortava la liberazione di Francesco Azzarà, operatore di EMERGENCY, rapito in Darfur una decina di giorni fa. 

La mia meraviglia, era dovuta, al fatto che per le ragioni più diverse, forse ci siamo distratti un po troppo e non stiamo adeguatamente sostenendo il processo di liberazione di Francesco Azzarà.
Sollecitiamo le nostre pubbliche amministrazioni a dare un segnale di vicinanza ad Emergency nel sostenere la liberazione di Francesco e una forma di pressione costante nei confronti del ministero per gli affari esteri che è l'istituzione preposta alla salvaguardia dei cittadini italiani all'estero.
Facciamo si che anche nelle nostre città, nelle forme più diverse venga messa in evidenza la volontà di rivedere Francesco Libero. magari inviando una breve mail che potrebbe essere scritta così:

" Signor sindaco, chiediamo che la nostra città dia una testimonianza visibile di solidarietà verso l’operatore di Emergency rapito in Darfur, al fine di esercitare tutta la pressione possibile affinché Francesco Azzarà, possa tornare nel più breve tempo alle sue attività umanitarie, tra i suoi compagni di Emergency, in seno ai suoi affetti ed alla sua famiglia."

LIBERATE FRANCESCO! 





Sindaco di Milano            sindaco.pisapia@comune.milano.it
Sindaco di Genova           gabsindaco@comune.genova.it
Sindaco di Torino             Sindaco@cert.comune.torino.it
Sindaco di Bologna          Sindaco@comune.bologna.it
Sindaco di Aosta              B.Giordano@comune.aosta.it
Sindaco di Venezia           sindaco@comune.venezia.it
Sindaco di Trento             sindaco@comune.trento.it
Sindaco di Trieste             robertocosolini@comune.trieste.it
Sindaco di Perugia           sindacoboccali@comune.perugia.it
Sindaco dell’Aquila          sindaco@comune.laquila.it
Sindaco di Potenza          sindaco@comune.potenza.it
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Sindaco di Roma              sindaco@comune.roma.it
Sindaco di Ancona           fiorello.gramillano@comune.ancona.it
Sindaco di Campobasso n.d.
Sindaco di Bari n.d.
Sindaco di Cagliari n.d.
Sindaco di Palermo          sindaco@comune.palermo.it

Ho cercato un po di mail di Sindaci per semplificare  il contatto. Invito, per i comuni che non sono in elenco di provvedere direttamente a reperire le mail ed eventualmente comunicarmele per pubblicarle.
Le mail n.d. sono di comuni dove si accede alla comunicazione attraverso form dei siti dei comuni stessi.

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L’odore di incenso annebbia l’intelletto

 Potrei citare una ricerca di una qualche università americana o inglese, una di quelle dove viene studiato il comportamento post-orgasmo del polpo o la quantità d’aria spostata dalla coda della passera scopaiola; in realtà senza colpo ferire è sufficiente ascoltare le reazioni trasversali di parlamentari “cattolici” e i silenzi di altri parlamentari che sicuramente praticanti non sono, ma che delle grazie delle gerarchie ecclesiastiche non hanno intenzione di privarsene.
 A costo di bruciare all’inferno per l’eternità continuo a ribadire che una parte dell’otto per mille può e deve essere destinata dallo Stato non alle confessioni religiose ma trattenute per intervenire sulle emergenze umanitarie e sociali. Altra cosa che costerà una tanica di benzina per le mie prove prima del trapasso è che anziché attendere il 2014 per ripristinare l’ICI (Regalo di questo governo al Vaticano) sugli edifici non adibiti al culto di proprietà degli enti religiosi, venga reintrodotta subito.
Tanto per essere estremamente chiari non vedo perché se io possiedo dei locali che adibisco ad albergo ci pago l’ICI e se invece lo stesso edificio è di proprietà del Vaticano o Curia od altro l’ICI non viene corrisposta, danneggiando quindi, non solo le casse comunali, ma di fatto esercitando anche  concorrenza sleale.
Al di la comunque di forbite spiegazioni e dotti pensieri, per una volta voglio ragionare di pancia:
“...perché cazzo devono penalizzare la mia pensione, devono tagliarmi i già scarsi servizi, devono impormi di andare in pensione quando secondo “loro” mi resta poco da vivere (aspettativa di vita), mentre le “eminenze” pretendono di insegnarci come dobbiamo copulare, come dobbiamo vivere, come dobbiamo morire senza che partecipino concretamente alla vita economica del “gregge” che vorrebbero portare al pascolo.
In quanti, e non solamente di non cattolici o atei, hanno sentito montare “la carogna” (l’incazzatura) nel vedere come sono stati spesi i soldi che ci vengono prelevati con l’8 per mille o per il mancato pagamento dell’ICI, nei giorni scorsi a Madrid? 
Cara Rosy Bindi, Presidente di quello che è considerato, a torto o a ragione, il principale partito di opposizione, ma come è possibile non rendersi conto che in questo contesto qualsiasi privilegio non può e non è più tollerato!?
Come potete pensare di rendervi complici di una ingiustizia fiscale che colpisce in prima persona quei ceti più deboli che pretendereste di rappresentare e ai quali vi rivolgete per potervi insediare e mantenere il posto in Parlamento? "
….Questo sfogo vi era dovuto, alla pancia ogni tanto bisogna dare spazio. Non credo nonostante il grande consenso trasversale proveniente dalla base, che stanno raccogliendo gli emandamenti  radicali, contro i privilegi della chiesa, che verranno intaccati da voi parlamentari di maggioranza e no gli interessi della Chiesa. In fondo è dalla Vittoria di Costantino a Ponte Milvio che “Santa Romana Chiesa” e Potere politico hanno saldato una alleanza che indipendentemente dai colori che si susseguivano trovavano nella “Casta” politico-religiosa un’unica espressione.
....Per gli altri resta il manganello e l'aspensorio.
Loris




link utili Rosy Bindi
                         uno sfratto della curia a Grosseto
                         Un Prete diverso  don Farinella e l'ICI





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lunedì 22 agosto 2011

Da dietro quelle sbarre a Lampedusa - 13 agosto 2011



Lampedusa, Molo Favarolo
13 agosto 2011 - Missione con Terre des Hommes

Ne arrivano 330, dalla Libia. Vedi la barchetta azzurra in cui stavano accatastati e quasi non ci credi: pochi metri di legno instabile pertanti corpi, per tante vite. I primi a ricevere le cure sono gli undici bimbi. Ben otto sono figli della stessa coppia. Il padre stremato si lamenta: non riesce mai a tenerli tutti insieme, all'appello a rotazione ne manca sempre uno. Ma sulla barca non c'era lo spazio per le monellerie e i gli otto fratelli hanno navigato per 36 ore compatti e compatti e vivi sono sbarcati. Sono tutti vivi in questo sbarco: spaventati, confusi, stremati, ma vivi. E' un buono sbarco questo. Tra loro si avvicina Moustapha, un ragazzino tunisino, spaventatissimo, magrissimo e letteralmente verde in volto. Ha paura di tutti: è omosessuale, evidentemente omosessuale Ed il suo orientamento sessuale è fonte di persecuzioni nel paese da cui proviene. Ci dice che rischia abusi continuamente e che nella barca hanno anche cercato di ucciderlo. Lo scortiamo fino al bagno chimico sul molo e gli raccomandiamo appena verrà trasferito nel Centro di raccontare le sue paure alle forze dell'ordine. Lo rivediamo dopo un'ora nel "gabbione"destinato ai migranti maschi adulti all'interno della gabbia di Contrada Imbriacola. Ci viene subito incontro, ci implora di portarlo fuori di lì, ché non può restare con gli altri perchè rischierebbe di essere sottoposto ad abusi e violenze di ogni tipo. Lo portiamo fuori dalla gabbia, parliamo con la dirigente della polizia e con Federico direttore del Centro. Capiscono al volo la situazione: lo sguardo terrorizzato di questo ragazzino ed il suo colorito terreo non ammettono dubbi e invocano immediata empatia. Moustapha viene immediatamente trasferito alla Loran, l'altro Centro dell'Isola destinato alle categorie più vulnerabili. Viene "messo in sicurezza" sistemato in un stanza vuota accanto agli uffici amministrativi dove Pietro, il direttore, vigilerà sulla sua incolumità. Andiamo nel pomeriggio a vedere come si è sistemato. E' da solo, raggomitolato su un materassino di gommapiuma. Appena ci vede si alza ci abbraccia e ci ringrazia per almeno cinque minuti consecutivi. Stanno arrivando altre due barche mentre lascio il centro e l'Isola. In 36 ore ne arriveranno 2000. Recito una sorta di preghiera durante il mio volo comodo e veloce verso casa. Che arrivino vivi, che arrivino tutti, che gli affetti possano ritrovarsi e ricrearsi, che ogni male sia ormai alle loro spalle, che la prigionia sia breve. Che possano avere come un diritto e non come una fortuna un'altra occasione di vita.

Avv. Alessandra Ballerini


Da dietro quelle sbarre a Lampedusa - 12 agosto 2011

Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.

domenica 21 agosto 2011

Da dietro quelle sbarre a Lampedusa - 12 agosto 2011

Riporto la testimonianza dell'Avv. Alessandra Ballerini che è tornata a Lampedusa con Terre des Hommes per assistere legalmente chi approda sull'isola. Loris

Lampedusa, Contrada Imbriacola.
12 agosto 2011. Missione con Terre des Hommes
Nel centro c'erano tutti.
C'è la piccola Chideria, nigeriana, tre mesi di vita. Una vita ostinatamente strappata alle onde, stretta nell'abbraccio della madre.
Gli occhi neri di Chideria in soli tre mesi hanno già visto di tutto: hanno visto una guerra, la fuga disperata sotto le bombe, e poi la salvezza cercata su una barca: pochi metri per 400 persone. Ha visto in sei giorni e sei notti di navigazione, morire di fame, di sete, di freddo, di stenti, almeno 100 suoi compagni di viaggio quasi tutti donne e bambini. Ha visto affidare i loro corpi alle onde per alleggerire il carico della barca, per tentare di salvare la sua ed altre vite.
Lei, protetta da Dio -questo significa il suo nome- è l'unica tra bimbi della sua barca, ad essere riuscita a sopravvivere a questo terribile, interminabile, viaggio. Merito del seno della madre da cui non si è mai scostata e a cui ha succhiato ogni goccia di latte per non morire disidrata.
E ora dorme, Chideria, dimentica di tutto, tra le braccia del padre, coccolata da tutti. Le ronzano intorno i mille voracissimi insetti presenti in questa gabbia chiamata centro di primo soccorso e accoglienza dove si trova rinchiusa insieme ad altre centinaia di migranti (mentre scrivo siamo arrivati a quota 1600) da dieci giorni. E non basta l'attenzione di Federico, il direttore del centro che tenta almeno di procurarle una zanzariera per la notte, questa prigione per migranti non è adatta ad una neonata di tre mesi, sbarcata miracolosamente illesa. Nessuno, neppure, il peggiore dei leghisti, potrebbe sostenere che questa creatura nata tra bombe di una guerra che non le appartiene e approdata nelle nostre coste possa meritarsi il trattenimento, la prigionia. Nessuno può, guardandola e guardando il lercio materasso di gommapiuma su cui sta dormendo tra sbarre, divise, insetti e sporcizia, attribuirle una qualche colpa, nè pensare che se la meriti questa indecente prigionia.
Dietro le stesse sbarre c'è anche Lucki, un giovane nigeriano. Anche i suoi occhi hanno visto ogni male, ma a differenza di Chideria e purtroppo per lui, Lucki è destinato a rivedere in tutti i suoi incubi le immagini di quelle notti e di quei giorni di navigazione: dovrà sostenere ancora e ancora il ricordo dei compagni morti di stenti, di quelli inghiottiti dal mare e di quelli ritrovati cadaveri nella stiva. Tra loro, suo fratello. Il fratello che non ha potuto neppure salutare con una preghiera o seppellire con un pianto.
Lucki uno dei sopravvissuti dello sbarco del primo agosto e da allora è rinchiuso insieme a Chideria a Contrada Imbriacola.
Edera rinchiuso anche mentre i medici legali ad Agrigento frugavano nel cadavere del fratello in cerca di un pò di verità sulla sua morte. Ed era ancora rinchiuso anche mentre il corpo ricomposto del fratello, veniva calato in un anonimo loculo.
Nessuno ha pensato che forse quei venticinque migranti trovati morti,  probabilmente assassinati, nella stiva della barca su cui avevano cercato la salvezza, potessero avere, sulla stessa barca-bara dei parenti, degli amici, nè che meritassero da loro un definitivo, pietoso saluto. Così i venticinque migranti vinti dal viaggio sono stati sepolti senza un nome e senza una lacrima. Tra loro c'era anche il fratello di Lucki. Lui ci chiede di verificare cosa ne sia stato del fratello perchè sia morto e come farà a pregarlo.
Le stesse domande che ci fa Arafat, un ragazzino di 16 anni salito sulla stessa barca di Lucki con il proprio fratello  i cui ha perso le tracce.
Si viaggia ammassati, gli uni sugli altri, anche quattro piani di corpi e dopo un pò di ore di navigazione non senti più le gambe, non puoi muovere un muscolo, incastrato tra gli altri, sotto gli altri, e dopo ancora molte ore, se sei ancora vivo, intontito dalla fame e dalle sete, paralizzato da freddo, quasi perdi i sensi, e ti si annebbia la vista e se chiudi gli occhi o li tieni aperti vedi solo mare. Così può accadere di perdere un fratello su una barca di pochi metri perchè non riesci più a rintracciarlo con lo sguardo. E poi ti può accadere di perderlo una seconda volta, sbarcato a terra, soccorso da mani sconosciute e poi rinchiuso in una gabbia con centinaia di altri sopravvissuti. E lo cerchi, tuo fratello, e chiedi in giro, nella gabbia, ma non lo trovi più.
Poi ti dicono che nella stiva della barca su cui viaggiavate hanno trovato 25 cadaveri, che altri sono stati buttati in mare e che nella stiva, morto, c'era anche tuo fratello.
E allora chiedi di vederlo, per sapere con certezza, per piangere e per pregare. Ma ancora non te lo fanno ritrovare, tuo fratello: l'hanno aperto e poi richiuso. E l'hanno seppellito. Senza dirti nulla. Ma come posso fare a sapere se davvero era lui? Come posso salutarlo?
Se queste domande te le fa un ragazzo di 16 anni che ha già perso tutto tranne la vita, devi da qualche parte trovare una risposta.
Così chiediamo all'ufficio immigrazione che però ci conferma che i venticinque migranti sconfitti dal mare e da mani impietose e disperate sono stati seppelliti senza neppure essere stati identificati e dunque è impossibile per ora sapere se il fratello di Arafat è uno di loro. Chiederemo in Procura per tentare di dargli delle risposte; gli spieghiamo la procedura e le sue difficoltà, lui annuisce e ci ringrazia. Lo fanno sempre tutti nel Centro. Ogni volta che parli con loro anche solo per salutarti, ringraziano. Grazie è una delle prime parole che imparano di italiano. Ed una delle prime che noi abbiamo dimenticato.
Anche Beauty, una ragazzina di 16 anni ha delle domande. Anche lei ha un fratello da ritrovare. Ci chiede aiuto per ritrovare il fratello maggiore Lui l'aveva portata in salvo, quando la sua bellezza iniziava ad attirare troppe indecenti attenzioni.
In Nigeria sei hai 15 anni, sei femmina e non hai dei genitori in grado di proteggerti, diventi facile preda dei trafficanti di schiave. Ma Beauty ha un fratello e il fratello la porta in salvo, in Libia.
 Poi scoppia la guerra e da un giorno all'altro Beauty perde le tracce del fratello. Non lo vede dal febbraio scorso quando erano insieme a Misurata. Si chiama Mose Omokhae e ha 23 anni. E vorrei tanto che qualcuno mi dicesse che è vivo e dove si trova e vorrei poterlo dire a Beauty per vederla aprirsi in un pianto di gioia. Mi piacerebbe per una volta coi vivi parlare di vivi anzichè di morti.
Nella stessa gabbia, con altre domande, convive Zuer, un ragazzino marocchino di 15 anni. Lui era nella stessa barca di Chideria e si è ripreso solo ora, dopo dieci giorni dallo sbarco. da quel viaggio spaventoso. Ha passato giorni interi senza riuscire a parlare, completamente sconvolto dai sei giorni e dalle sei notti di navigazione in cui 100 suoi compagni di viaggio hanno perso la vita.
Ma stamattina come un miracolo, ci regala un sorriso, a occhi bassi. Ci parla di sua zia: vive in Italia da molti anni insieme al marito a Firenze. Ci chiede di poter andare da loro, non vuole più stare rinchiuso in quella specie di carcere. Ma non è così semplice. Lui è in una gabbia e tutti i suoi diritti devono passare da quelle grate e a volte si rischia che restino impigliati in mezzo. Intanto bisogna capire se la zia è veramente sua zia. Ci disegna il suo albero genealogico ma mi perdo al secondo ramo. E comunque dobbiamo sapere se la zia avrebbe voglia e possibilità di prendersi cura di lui. La chiamiamo al telefono. Lei piange quando capisce che siamo con Zuer e realizza che il suo giovane nipote è sopravissuto a quel viaggio disgraziato di cui anche i giornali hanno parlato. Certo che vuole prendersi cura di lui! Sono disposti, lei e il marito, a venire a prendere il nipote anche subito, a Lampedusa.Ma non è così facile quando sei in una gabbia. Passiamo il telefono a Zuer. Lui cambia lo sguardo, ci regala involontariamente un sorriso pieno. Parlano a lungo, si dicono che si vogliono bene, ed è evidente. Promettiamo che li aiuteremo a ricongiungersi ed iniziamo a raccogliere le carte di cui si nutre la burocrazia quando macina diritti. Ma anche la raccolta di carte in una gabbia non è cosa semplice. Gli do i recapiti del mio studio, fuori dalle sbarre forse riusciremo a raddrizzare qualche torto.
Avv. Alessandra Ballerini

sabato 20 agosto 2011

Appello - Dobbiamo Fermarli

Recentemente, partendo dall’esperienza che è stata il decennale di Genova 2001-2011, coglievo come possibilità di risposta a questa crisi, la capitalizzazione del momento aggregante sui temi comuni condivisi a Genova nel mese di luglio e le pratiche e i linguaggi messi in opera per raggiungere il risultato. La diversità dei soggetti che hanno avuto e voluto confrontarsi nei giorni del decennale, segnano un momento di svolta in quello che è stato un decennio di ripiegamenti su se stessi da parte dei “movimenti” , dei partiti e dei sindacati. Accolgo e sottoscrivo, pertanto, l’ “Appello Dobbiamo Fermarli”, che nel giro di pochi giorni ha aggregato, ancor prima che organizzazioni strutturate, singoli provenienti da diverse realtà sindacali, politiche e associative. Non abbiamo voluto essere “reduci” a Genova, ma, i facilitatori a ritrovare le ragioni di una lotta che prospettava un modello di società che guardava alle risorse, ai beni comuni e ad una equa ridistribuzione. 
Loris
Dobbiamo fermarli


5 proposte per un fronte comune contro il governo unico delle banche

E’ da più di un anno che in Italia cresce un movimento di lotta diffuso. Dagli operai di Pomigliano e Mirafiori agli studenti, ai precari della conoscenza, a coloro che lottano per la casa, alla mobilitazione delle donne, al popolo dell’acqua bene comune, ai movimenti civili e democratici contro la corruzione e il berlusconismo, una vasta e convinta mobilitazione ha cominciato a cambiare le cose. E’ andato in crisi totalmente il blocco sociale e politico e l’egemonia culturale che ha sostenuto i governi di destra e di Berlusconi. La schiacciante vittoria del sì ai referendum è stata la sanzione di questo processo e ha mostrato che la domanda di cambiamento sociale, democrazia e di un nuovo modello di sviluppo economico, ha raggiunto la maggioranza del Paese. A questo punto la risposta del palazzo è stata di chiusura totale. Mentre si aggrava e si attorciglia su se stessa la crisi della destra e del suo governo, il centrosinistra non propone reali alternative e così le risposte date ai movimenti sono tutte di segno negativo e restauratore. In Val Susa un’occupazione militare senza precedenti, sostenuta da gran parte del centrodestra come del centrosinistra, ha risposto alle legittime rivendicazioni democratiche delle popolazioni. Le principali confederazioni sindacali e la Confindustria hanno sottoscritto un accordo che riduce drasticamente i diritti e le libertà dei lavoratori, colpisce il contratto nazionale, rappresenta un’esplicita sconfessione delle lotte di questi mesi e in particolare di quelle della Fiom e dei sindacati di base. Infine le cosiddette “parti sociali” chiedono un patto per la crescita, che riproponga la stangata del 1992. Si riducono sempre di più gli spazi democratici e così la devastante manovra economica decisa dal governo sull’onda della speculazione internazionale, è stata imposta e votata come uno stato di necessità. Siamo quindi di fronte a un passaggio drammatico della vita sociale e politica del nostro Paese. Le grandi domande e le grandi speranze delle lotte e dei movimenti di questi ultimi tempi rischiano di infrangersi non solo per il permanere del governo della destra, ma anche di fronte al muro del potere economico e finanziario che, magari cambiando cavallo e affidando al centrosinistra la difesa dei suoi interessi, intende far pagare a noi tutti i costi della crisi. Nell’Unione europea la costruzione dell’euro e i patti di stabilità ad esso collegati, hanno prodotto una dittatura di banche e finanza che sta distruggendo ogni diritto sociale e civile. La democrazia viene cancellata da questa dittatura perché tutti i governi, quale che sia la loro collocazione politica, devono obbedire ai suoi dettati. La punizione dei popoli e dei lavoratori europei si è scatenata in Grecia e poi sta dilagando ovunque. La più importante conquista del continente, frutto della sconfitta del fascismo e della dura lotta per la democrazia e i diritti sociali del lavoro, lo stato sociale, oggi viene venduta all’incanto per pagare gli interessi del debito pubblico che, a loro volta, servono a pagare i profitti delle banche. Di quelle banche che hanno ricevuto aiuti e finanziamenti pubblici dieci volte superiori a quelli che oggi si discutono per la Grecia. Questo massacro viene condotto in nome di una crescita e di una ripresa che non ci sono e non ci saranno. Intanto si proclamano come vangelo assurdità mostruose: si impone la pensione a 70 anni, quando a 50 si viene cacciati dalle aziende, mentre i giovani diventano sempre più precari. Chi lavora deve lavorare per due e chi non ha il lavoro deve sottomettersi alle più offensive e umilianti aggressioni alla propria dignità. Le donne pagano un prezzo doppio alla crisi, sommando il persistere delle discriminazioni patriarcali con le aggressioni delle ristrutturazioni e del mercato. Tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato, è sottoposto a una brutale aggressione che mette in discussione contratti a partire da quello nazionale, diritti e libertà, mentre ovunque si diffondono autoritarismo padronale e manageriale. L’ambiente, la natura, la salute sono sacrificate sull’altare della competitività e della produttività, ogni paese si pone l’obiettivo di importare di meno ed esportare di più, in un gioco stupido che alla fine sta lasciando come vittime intere popolazioni, interi stati. L’Europa reagisce alla crisi anche costruendo un apartheid per i migranti e alimentando razzismo e xenofobia tra i poveri, avendo dimenticato la vergogna di essere stato il continente in cui si è affermato il nazifascismo, che oggi si ripresenta nella forma terribile della strage norvegese. Il ceto politico, quello italiano in particolare coperto di piccoli e grandi privilegi di casta, pensa di proteggere se stesso facendosi legittimare dai poteri del mercato. Per questo parla di rigore e sacrifici mentre pensa solo a salvare se stesso. Centrodestra e centrosinistra appaiono in radicale conflitto fra loro, ma condividono le scelte di fondo, dalla guerra, alla politica economica liberista, alla flessibilità del lavoro, alle grandi opere. La coesione nazionale voluta dal Presidente della Repubblica è per noi inaccettabile, non siamo nella stessa barca, c’è chi guadagna ancora oggi dalla crisi e chi viene condannato a una drammatica povertà ed emarginazione sociale. Per questo è decisivo un autunno di lotte e mobilitazioni. Per il mondo del lavoro questo significa in primo luogo mettere in discussione la politica di patto sociale, nelle sue versioni del 28 giugno e del patto per la crescita. Vanno sostenute tutte le piattaforme e le vertenze incompatibili con quella politica, a partire da quelle per contratti nazionali degni di questo nome e inderogabili, nel privato come nel pubblico. Tutte e tutti coloro che in questi mesi hanno lottato per un cambiamento sociale, civile e democratico, per difendere l’ambiente e la salute devono trovare la forza di unirsi per costruire un’alternativa fondata sull’indipendenza politica e su un programma chiaramente alternativo a quanto sostenuto oggi sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra. Le giornate del decennale del G8 a Genova, hanno di nuovo mostrato che esistono domande e disponibilità per un movimento di lotta unificato. Per questo vogliamo unirci a tutte e a tutti coloro che oggi, in Italia e in Europa, dicono no al governo unico delle banche e della finanza, alle sue scelte politiche, al massacro sociale e alla devastazione ambientale. Per questo proponiamo 5 punti prioritari, partendo dai quali costruire l’alternativa e le lotte necessarie a sostenerla:
1. Non pagare il debito. Bisogna colpire a fondo la speculazione finanziaria e il potere bancario. Occorre fermare la voragine degli interessi sul debito con una vera e propria moratoria. Vanno nazionalizzate le principali banche, senza costi per i cittadini, vanno imposte tassazioni sui grandi patrimoni e sulle transazioni finanziarie. La società va liberata dalla dittatura del mercato finanziario e delle sue leggi, per questo il patto di stabilità e l’accordo di Maastricht vanno messi in discussione ora. Bisogna lottare a fondo contro l’evasione fiscale, colpendo ogni tabù, a partire dall’eliminazione dei paradisi fiscali, da Montecarlo a San Marino. Rigorosi vincoli pubblici devono essere posti alle scelte e alle strategie delle multinazionali.
2. Drastico taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra. Dalla Libia all’Afghanistan. Tutta la spesa pubblica risparmiata nelle spese militari va rivolta a finanziare l’istruzione pubblica ai vari livelli. Politica di pace e di accoglienza, apertura a tutti i paesi del Mediterraneo, sostegno politico ed economico alle rivoluzioni del Nord Africa e alla lotta del popolo palestinese per l’indipendenza, contro l’occupazione. Una nuova politica estera che favorisca democrazia e sviluppo civile e sociale.
3. Giustizia e diritti per tutto il mondo del lavoro. Abolizione di tutte le leggi sul precariato, riaffermazione al contratto a tempo indeterminato e della tutela universale garantita da un contratto nazionale inderogabile. Parità di diritti completa per il lavoro migrante, che dovrà ottenere il diritto di voto e alla cittadinanza. Blocco delle delocalizzazioni e dei licenziamenti, intervento pubblico nelle aziende in crisi, anche per favorire esperienze di autogestione dei lavoratori. Eguaglianza retributiva, diamo un drastico taglio ai superstipendi e ai bonus milionari dei manager, alle pensioni d’oro. I compensi dei manager non potranno essere più di dieci volte la retribuzione minima. Indicizzazione dei salari. Riduzione generalizzata dell’orario di lavoro, istituzione di un reddito sociale finanziato con una quota della tassa patrimoniale e con la lotta all’evasione fiscale. Ricostruzione di un sistema pensionistico pubblico che copra tutto il mondo del lavoro con pensioni adeguate.
4. I beni comuni per un nuovo modello di sviluppo. Occorre partire dai beni comuni per costruire un diverso modello di sviluppo, ecologicamente compatibile. Occorre un piano per il lavoro basato su migliaia di piccole opere, in alternativa alle grandi opere, che dovranno essere, dalla Val di Susa al ponte sullo Stretto, cancellate. Le principali infrastrutture e i principali beni dovranno essere sottratti al mercato e tornare in mano pubblica. Non solo l’acqua, dunque, ma anche l’energia, la rete, i servizi e i beni essenziali. Piano straordinario di finanziamenti per lo stato sociale, per garantire a tutti i cittadini la casa, la sanità, la pensione, l’istruzione.
5. Una rivoluzione per la democrazia. Bisogna partire dalla lotta a fondo alla corruzione e a tutti i privilegi di casta, per riconquistare il diritto a decidere e a partecipare affermando ed estendendo i diritti garantiti dalla Costituzione. Tutti i beni provenienti dalla corruzione e dalla malavita dovranno essere incamerati dallo Stato e gestiti socialmente. Dovranno essere abbattuti drasticamente i costi del sistema politico: dal finanziamento ai partiti, al funzionariato diffuso, agli stipendi dei parlamentari e degli alti burocrati. Tutti i soldi risparmiati dovranno essere devoluti al finanziamento della pubblica istruzione e della ricerca. Si dovrà tornare a un sistema democratico proporzionale per l’elezione delle rappresentanze con la riduzione del numero dei parlamentari. E’ indispensabile una legge sulla democrazia sindacale, in alternativa al modello prefigurato dall’accordo del 28 giugno, che garantisca ai lavoratori il diritto a una libera rappresentanza nei luoghi di lavoro e al voto sui contratti e sugli accordi. Sviluppo dell’autorganizzazione democratica e popolare in ogni ambito della vita pubblica.
           Questi 5 punti non sono per noi conclusivi od esclusivi, ma sono discriminanti. Altri se ne possono aggiungere, ma riteniamo che questi debbano costituire la base per una piattaforma alternativa ai governi liberali e liberisti, di destra e di sinistra, che finora si sono succeduti in Italia e in Europa variando di pochissimo le scelte di fondo. Vogliamo trasformare la nostra indignazione, la nostra rabbia, la nostra mobilitazione, in un progetto sociale e politico che colpisca il potere, gli faccia paura, modifichi i rapporti di forza per strappare risultati e conquiste e costruire una reale alternativa. Aderiamo sin d’ora, su queste concrete basi programmatiche, alla mobilitazione europea lanciata per il 15 ottobre dal movimento degli “indignados” in Spagna. La solidarietà con quel movimento si esercita lottando qui e ora, da noi, contro il comune avversario. Per queste ragioni proponiamo a tutte e a tutti coloro che vogliono lottare per cambiare davvero, di incontrarci. Non intendiamo mettere in discussione appartenenze di movimento, di organizzazione, di militanza sociale, civile o politica. Riteniamo però che occorra a tutti noi fare uno sforzo per mettere assieme le nostre forze e per costruire un fronte comune, sociale e politico che sia alternativo al governo unico delle banche. Per questo proponiamo di incontrarci il 1° ottobre, a Roma, per un primo appuntamento che dia il via alla discussione, al confronto e alla mobilitazione, per rendere permanente e organizzato questo nostro punto di vista.
Per aderire inviate una mail a: appello.dobbiamofermarli@gmail.com
Sito con promotori, appello, adesioni e commenti https://sites.google.com/site/appellodobbiamofermarli/
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martedì 16 agosto 2011

A chi ha semplificato il ministro alla semplificazione con l’abolizione del SISTRI?


Si continua a parlare dei costi della politica: una o due province in meno, dimezziamo i parlamentari, aumentiamo il prezzo dello sfilatino alla camera e tante altre considerazioni in via di principio correttissime,, ma pragmaticamente irrilevanti e ininfluenti ai fini della salvaguardia del bilancio dello Stato.

Nel pacchetto dei provvedimenti leggiamo l’abolizione del SISTRI  (acronimo che indica il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti ), provvedimento caldeggiato dal ministro Calderoli.

Le eco-mafie sicuramente oggi ringraziano per la semplificazione che questo provvedimento porta alle attività da loro praticate da anni spostando rifiuti di ogni genere in lungo e in largo per il nostro paese.

I costi di riqualificazione ambientale, di bonifica di interi territori, dei costi del sistema sanitario per cure di patologie gravi dovute a inquinamenti ambientali, sono di gran lunga maggiori di quelle dello sfilatino che può consumare Calderoli alla Camera o il suo stesso stipendio da parlamentare o ministro per quanto possiamo considerarlo a perdere.
Non voglio formulare un giudizio su “capacità”, “buona fede” o complicità, perché ritengo che il vero scoglio da superare è l’avere coscienza sui rappresentanti politici eletti.
Chi ha eletto Calderoli è perché ha deciso che la politica costava poco, e un eventuale aggravio era irrilevante.
Chi ha eletto Calderoli dovrebbe assumersi maggiori oneri per il pareggio di bilancio e per il rientro sulla spesa pubblica.


Si parla di lui….su questo blog

e questo è lui che parla di una sua legge



Quanto guadagnerebbe l'Italia a non avere di questi figuri a dirigere il paese?



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sabato 13 agosto 2011

qualche suggerimento per una manovra d'agosto



1) Riduzione  del prelievo dell'otto per mille al cinque per mille e accantonamento del tre per mille per le emergenze umanitarie e sociali 

2) Reintroduzione immediata dell'ICI per gli edifici di proprietà della chiesa e applicazione ridotta per quelli adibiti al culto

3) Fiscalizzazione delle rendite finanziarie con aliquote parificate a quelle del lavoro dipendente,  escludendo BOT e BTP sottoscritti da soggetti  con redditi medio-bassi 

....questi sono tre punti, ma credo potrebbero essere assai di più, e forse al così detto pareggio di bilancio potremmo arrivarci rapidamente facendo pagare a chi pagato non ha mai .





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lunedì 8 agosto 2011

Contro la crisi , Ripartiamo da Genova




Scrivo nuovamente di mio pugno, dopo un periodo in cui il blog ha voluto essere semplicemente uno strumento di servizio, limitando la sua attività a rimbalzare comunicati collettivi, comunicati stampa e poco più.
Per me è inevitabile, a 15 giorni dal termine degli eventi del decennale “Genova2001-2011” mettere in relazione i dibattiti, le presenze e le dinamiche di quei giorni con ciò che la cronaca economica e politica ci sbatte in faccia quotidianamente.
Se gia due anni fa ci rendevamo conto che la crisi che era in atto, era dovuta a una finanziarizzazione indiscriminata dell’economia, oggi sembrerebbe evidente che quel capitalismo è incapace di sopravvivere a se stesso. 
In un libro che raccontava l’epopea del grande nord era descritto come i lupi andando a leccare affilati coltelli , con il manico piantato nel ghiaccio e la lama intrisa di sangue di qualche animale, avidamente si ferivano fino a morire dissanguati, nello stesso tempo saziati dal loro stesso sangue. Questa è a mio parere l’allegoria dell’odierno capitalismo finanziario. 
E’ evidente che in questo delirio, molti sono i soggetti coinvolti e trascinati a fondo in questo autentico pozzo nero dell’economia.
Negherei però, quella che è una affermazione strumentale e falsa :”Siamo tutti sulla stessa barca”. Se io mi sentissi sulla barca di Marchionne, della Marcegaglia o di Berlusconi, vorrebbe dire che già sono affogato, o in subordine tenuto in vita artificialmente. 
Con molta presunzione riaffermo però ciò che già nell’appello di chiamata di quasi un anno fa, per il decennale, era stato scritto in modo chiaro. Quel movimento così duramente represso aveva ragione. La globalizzazione non era una strada percorribile. Quel modello di sviluppo, che gli “8 grandi” del mondo portavano a Genova nel 2001 non era comunque il nostro modello. 
In dieci anni la realtà ha superato in maniera abnorme qualsiasi previsione, che il più estremista dei movimenti “no global” del 2001 avrebbe ipotizzato.
L’aumento dei conflitti armati, le sollevazioni popolari spontanee e quelle pilotate per il controllo delle risorse naturali del pianeta, sono la cartina di tornasole sullo stato della giustizia sociale e ambientale su questo pianeta. 
Con questa economia, la centralità l’ha assunta la finanza, quindi, anche l’assioma del “mercato” cade per lasciare posto alle partite a poker delle borse con i suoi agenti e i suoi finanzieri. Lo scambio del denaro, con le sue speculazioni determina la vita e la morte di intere economie nazionali. Banche, mafie, sono oggi in grado di affamare intere popolazioni o a condizionare l’accesso a diritti fondamentali come quello alla salute in paesi definiti “avanzati”. 
In Italia in questi dieci anni il governo del paese, a parte una breve e insignificante parentesi, è stato di destra e con il preciso compito di destrutturare sia stato sociale che Stato istituzione . Le becere politiche atte a precarizzare sempre più il mercato del lavoro e i progressivi attacchi ai diritti dei lavoratori fanno si che oggi ai lavoratori non resta che una estenuante difesa di un potere d’acquisto dei salari reso vano dalle attuate e tentate privatizzazioni di “beni comuni” o politiche sindacali asservite al padronato.
Ripartiamo da Genova, dai diritti negati ad una economia che coniughi ambiente risorse e consumi in un bilanciamento che non lasci spazio alle speculazioni. Ripartiamo da Genova con la difesa non solo dello stato sociale, ma del lavoro e di tutti i diritti che vogliono e vorrebbero privarci.
Ripartiamo da Genova gestendo e non subendo i conflitti.

Loris







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martedì 2 agosto 2011

GRAZIE AI GENOVESI CHE CI HANNO SOSTENUTO

GRAZIE AI GENOVESI CHE CI HANNO SOSTENUTO, A QUANTI ERANO ALLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 23 LUGLIO E ANCHE A CHI NON C'ERA

Il Coordinamento genovese di Genova 2011 ha portato a termine  il suo incarico, coronato da un risultato complessivamente molto soddisfacente. Di questo vogliamo ringraziare quanti ci hanno aiutato a realizzare e diffondere le numerose iniziative e quanti vi hanno partecipato.

Un ringraziamento particolare va a quanti hanno dato vita con noi alla grande manifestazione di sabato 23 luglio, per la fiducia dimostrataci e per non essersi fatti ingannare dalla campagna di allarmismo che purtroppo si é dovuta registrare. Vogliamo però ringraziare anche chi non é venuto: ci saranno future occasioni per essere di nuovo tutte e tutti insieme a manifestare.

Terminato questo faticoso percorso ognuno di noi torna ad operare nell'ambito consueto - importante, quale che ne sia la dimensione e la natura - avendo verificato che la strada per l'unità di chi lotta per un mondo diverso é faticosa, certo, ma é possibile ed é l'unica capace di incidere.

Ci ritroveremo presto insieme nella costruzione del Forum Sociale Mondiale del 2013 passando per i grandi appuntamenti che ci attendono, a partire dal G20 del prossimo autunno a Cannes. Saranno altrettante occasioni per consolidare la rete di movimenti che riunisce donne e uomini impegnati nella difesa del pianeta in cui viviamo e per garantire a tutte e tutti dignitose condizioni di vita.

Insieme all'unità serve però la memoria, e la nostra non si ferma a Genova 2001. Ventun anni prima di quella giornata nera della nostra democrazia, il 2 agosto 1980, una bomba fascista alla stazione di Bologna uccideva 85 persone provocando oltre duecento feriti. Anche in quel caso, come già per le altre stragi a partire da Piazza Fontana, lo sporco gioco dei depistaggi dei servizi segreti ha ostacolato in maniera decisiva la ricerca di verità e giustizia. Ricerca di verità e giustizia che é la stessa che ci ha mosso da subito per le drammatiche giornate del luglio 2001 e che ci muoverà ancora, certamente ancor più uniti e solidali.

Per questo abbiamo scelto la data del  2 agosto, alle 17.30, per trovarci  davanti alla Prefettura di Genova - in largo Lanfranco - per concludere questo ciclo di iniziative ricordando che per l'uccisione di Carlo Giuliani ad opera dei Carabinieri non c'é stato neppure un processo, mentre per il massacro della Diaz, delle violenze di strada e delle torture di Bolzaneto il faticoso cammino della giustizia é riuscito ad arrivare a significative condanne dei vertici - a cominciare dall'allora capo della polizia ed oggi a capo dei servizi segreti De Gennaro - che rischiano però di essere vanificate in tutto o in larghissima misura dall'incombente prescrizione.

Siete tutte/i invitati a partecipare.

Coordinamento Genova 2011
Galleria di immagini






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Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.



Lampedusa
30 giugno, ritorno dalla Missione con Terre Des Hommes.

Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.

Nelle orecchie ancora le urla di un ragazzino che tenta di ribellarsi ad una perquisizione. Eravamo a  contrada Imbriacola a salutare i ragazzi e Tracy, una bellissima minore nigeriana che, quando mi abbraccia, prende la rincorsa e poi si stringe con la testa sulle spalle, sorride e abbassa lo sguardo un po' vergognosa. Angiolina (un nome, una garanzia) di Msf le ha portato “il piccolo principe” in inglese e lei se l'è divorato in una notte. Vorrebbe leggere ancora e ancora ma sull'isola in inglese c'è solo la bibbia (che il prete distribuisce a larghe mani insieme a rosari colorati) e lei la sta studiando a memoria 
Da una stanza accanto ai bagni sentiamo urlare, la porta è accostata, avvicino vedo M. il  parrucchiere filosofo, come lo abbiamo ribattezzato. Lui parla spesso con noi, è sveglio e parla un buon francese. In Tunisia faceva il barbiere ed è scappato non per problemi economici ma per l'instabilità del suo paese (dove gli scontri non sono mai cessati ma si è solo smesso di parlarne) per questo motivo ha già manifestato la sua volontà di chiedere asilo.
Cionostante si trova rinchiuso insieme agli altri da settimane a Contrada Imbriacola. Neanche a lui come agli altri è stato notificato alcun provvedimento di trattenimento: trattenuto di fatto ma non di diritto. In attesa di non si sa cosa, M. non si perde d'animo. Come molti altri rifiuta il cibo definito immangiabile distribuito dalla Lampedusa Accoglienza. Lui però a differenza degli altri ha qualche soldo in tasca che è riuscito a portare con sé e proteggere nel viaggio. Per questo appena può cerca di uscire dal Cpsa per andare a comprarsi cibo e sigarette e poi torna. Lui è sveglio, sa che la sua detenzione è illegittima e comunque non vuole scappare (e dove potrebbe andare, si trova su un'isola peraltro presidiata da ogni tipo di forza armata, compreso l'esercito) vuole solo per mezz'ora sentirsi “normale” mangiare cibo vero, tipo un panino bere una coca e fumarsi una sigaretta. Vuole per mezz'ora non sentirsi un criminale in gabbia. Gli spieghiamo ogni giorno che non può uscire, che deve resistere, che tra poco verrà trasferito in un centro per richiedenti asilo (Cara) e chi lì andrà meglio. Ma lui non ci ascolta, scuote la testa. M. crede che le persone abbiano il diritto di essere felici o almeno di provarci, e si preoccupa per noi. Dice che ogni giorno ci vede più stanche, vede i nostri visi provati e gli occhi tristi. Scherza con noi e si preoccupa dei nostri di diritti, dice che non è normale che tre ragazze (beh io non lo sono più da un po' di anni ma lui è galante) su un'isola bellissima passino il loro tempo in quel posto schifoso anziché su una spiaggia. Mi domanda se dormo abbastanza perché effettivamente ho le occhiaie dopo qualche notte insonne, gli spiego che ho troppi pensieri e non riesco a dormire. Ha una soluzione: mi dice di passare al Centro prima di coricarmi: mi terrà da parte il cibo che l'ente gestore distribuisce e mi assicura che dopo averlo ingerito si prende subito sonno. Quel cibo fa schifo ma fa dormire.
Ora
M. è rinchiuso in una stanza e sta subendo una perquisizione fin troppo approfondita a giudicare  dalle urla e dai guanti di lattice che fasciano le mani dei poliziotti e degli agenti della guardia di
finanza che si affollano nella stanza. Vorrei fare qualcosa per lui ma questa non è una perquisizione normale. Non credo sia stato avvertito del diritto di nominare un avvocato perché assista alla perquisizione (né che alla fine gli verrà consegnato un verbale che ne specifichi l'esito) e quindi non ho diritto ad assisterlo non essendo stata da lui nominata. Mi avvicino più che posso, chiedo
informazioni ma l'unica risposta che ottengo é che la perquisizione è necessaria perché questi ragazzi quando escono dal centro magari comprano le lamette (per poi inghiottirle quando la depressione e la rabbia prendono il sopravvento) e se le nascondono “ovunque” e quindi spetta a loro, alla polizia, frugare “ovunque” per scovare queste eventuali lamette. E così quella che sembra un'arbitraria punizione sarebbe un legittimo atto dovuto. Peccato che viola qualunque regola procedurale in materia e che si svolge su di un ragazzo richiedente asilo privato da settimane illegittimamente della libertà personale. Ma soprattutto perché Nessuno si domanda come mai dei ragazzini che hanno rischiato la vita per tentare di avere un futuro, una volta rinchiusi nelle gabbie di Contrada Imbriacola (o negli altri centri) coltivino tutta questa voglia di morire? E perché nessuno fa nulla per evitarlo?
Restiamo
lì finché le urlano non cessano, poi lo vediamo uscire, lo spingono verso il cancello, verso la gabbia degli adulti: chiede una sigaretta, gliela danno ma gli impongono di dire grazie. Glielo urlano, devi dire grazie! Lui allora urla grazie ad ognuno dei poliziotti che l'ha perquisito, con aria di sfida, con l'orgoglio di chi può essere spogliato e perquisito ma non sottomesso. I poliziotti non la prendono bene e mentre lo strascinano al cancello gli urlano: vedrai il grazie che ti diremo noi tra poco. 
Il mio aereo parte tra 50 minuti e comunque lì sono totalmente inutile. E così frustrata e nauseata lascio M., il centro e l'isola.
Sull'aereo
sento addosso, appiccicata sulla pelle e negli occhi tutta la violenza che, impotente, ho visto e sentito in questi giorni.
Avvilita,
mi aggrappo allora, per non essere sopraffatta dalla nausea e dalla disperazione, ad un pensiero felice. Ad una speranza. Un miracolo di cui sono stata spettatrice.
A
Lampedusa per una settimana una cinquantina di ragazzi (ma anche qualche adulto) ha partecipato al campeggio organizzato da Amnesty International per i diritti umani. Hanno sostato fuori dai centri,  salutato sbracciandosi i giovani prigionieri, hanno parlato di leggi e di diritti, hanno fatto domande e cercato risposte. Con curiosità,  purezza ed intelligenza. Accoglienti, preparati e partecipi. Volevano portare il loro saluto ai migranti detenuti nei centri ma non gli è stato concesso. Volevano trasmettere la loro vicinanza ai loro coetanei migranti. Le hanno provate tutte. Si sono ingegnati e poi hanno scritto questa lettera perché la leggessimo ai minorenni rinchiusi alla Loran.
Siamo
arrivati da diverse parti di Italia e d'Europa, siamo giovani e meno giovani, abbiamo provato a portarvi un sorriso, abbiamo provato a raggiungervi per conoscere il Vostro sorriso abbiamo provato ad incontrarvi per ascoltare i vostri nomi e per darvi il nostro benvenuto , abbiamo guardato da lontano i vostri saluti e abbiamo risposto salutandovi: Volevamo correre, saltare il cancello e con un pallone conoscervi per condividere qualche istante sereno…
 ma non ce l'abbiamo fatta a far sii che il nostro sorriso potesse diventare anche il vostro.
Noi, e tanti altri con noi, continueremo a sperare di ascoltare i vostri racconti, non smetteremo mai di chiedere i vostri sorrisi, continueremo a cercare il vostro abbraccio e non finiremo mai di chiedere di farci incontrare...
Non
possiamo venire lì, ma di certo non smetteremo mai di aspettarvi qui!” (seguono le firme di tutti i ragazzi)

 C'era
un silenzio irreale nel centro: 101 ragazzi muti, raccolti intorno a noi, ad ascoltare questa testimonianza di empatia. Hanno applaudito due volte e alla fine con gli occhi umidi mi hanno chiesto di ringraziare questi amici sconosciuti.
Hanno
pensato a tutti i ragazzi di Amnesty. Anche ai lampedusani che sanno di essere stati accoglienti quando lo Stato latitava. Così hanno deciso di scriverla questa riconoscenza tracciando sulla sabbia della spiaggia la scritta Grazie rivolta verso il paese, verso gli isolani,  e poi immortalando l'immagine in tante cartoline distribuite nella festa serale nella via principale dell'Isola.

Nella
piazza di fronte alla chiesa hanno predisposto un piccolo percorso di candele e scritte. Trovo, tra le altre, questa versione geniale e commuovente del Padre Nostro. Gian Marco, l'autore, è uno dei  “campeggiatori” di Amnesty, un giovane poeta.
 Migrante Nostro.
Migrante Nostro,
Che sei nei centri,
 Sia rispettato il tuo nome
Vengail giorno in cui ovunque la terra ti accolga,
Ti sia restituita la tua Dignità,
 Come in mare
Così in terra.
Che non ti sia negato il pane quotidiano
Perdona a noi la violazione dei tuoi diritti
Come noi ci impegnamo a non esserti più debitori.
E non ricorriamo ingiustamente alla detenzione
Ma liberiamoti dal mare...
Amin

(Gian Marco Giuliana con l'inestimabile aiuto di Helena Caruso) Questi
ragazzi così belli e creativi sono la nostra Italia migliore, da difendere e far crescere. Penso a loro sull'aereo.
E ricomincio a sperare.

Avv. Alessandra Ballerini

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