Scrivo nuovamente di mio pugno, dopo un periodo in cui il blog ha voluto essere semplicemente uno strumento di servizio, limitando la sua attività a rimbalzare comunicati collettivi, comunicati stampa e poco più.
Per me è inevitabile, a 15 giorni dal termine degli eventi del decennale “Genova2001-2011” mettere in relazione i dibattiti, le presenze e le dinamiche di quei giorni con ciò che la cronaca economica e politica ci sbatte in faccia quotidianamente.
Se gia due anni fa ci rendevamo conto che la crisi che era in atto, era dovuta a una finanziarizzazione indiscriminata dell’economia, oggi sembrerebbe evidente che quel capitalismo è incapace di sopravvivere a se stesso.
In un libro che raccontava l’epopea del grande nord era descritto come i lupi andando a leccare affilati coltelli , con il manico piantato nel ghiaccio e la lama intrisa di sangue di qualche animale, avidamente si ferivano fino a morire dissanguati, nello stesso tempo saziati dal loro stesso sangue. Questa è a mio parere l’allegoria dell’odierno capitalismo finanziario.
E’ evidente che in questo delirio, molti sono i soggetti coinvolti e trascinati a fondo in questo autentico pozzo nero dell’economia.
Negherei però, quella che è una affermazione strumentale e falsa :”Siamo tutti sulla stessa barca”. Se io mi sentissi sulla barca di Marchionne, della Marcegaglia o di Berlusconi, vorrebbe dire che già sono affogato, o in subordine tenuto in vita artificialmente.
Con molta presunzione riaffermo però ciò che già nell’appello di chiamata di quasi un anno fa, per il decennale, era stato scritto in modo chiaro. Quel movimento così duramente represso aveva ragione. La globalizzazione non era una strada percorribile. Quel modello di sviluppo, che gli “8 grandi” del mondo portavano a Genova nel 2001 non era comunque il nostro modello.
In dieci anni la realtà ha superato in maniera abnorme qualsiasi previsione, che il più estremista dei movimenti “no global” del 2001 avrebbe ipotizzato.
L’aumento dei conflitti armati, le sollevazioni popolari spontanee e quelle pilotate per il controllo delle risorse naturali del pianeta, sono la cartina di tornasole sullo stato della giustizia sociale e ambientale su questo pianeta.
Con questa economia, la centralità l’ha assunta la finanza, quindi, anche l’assioma del “mercato” cade per lasciare posto alle partite a poker delle borse con i suoi agenti e i suoi finanzieri. Lo scambio del denaro, con le sue speculazioni determina la vita e la morte di intere economie nazionali. Banche, mafie, sono oggi in grado di affamare intere popolazioni o a condizionare l’accesso a diritti fondamentali come quello alla salute in paesi definiti “avanzati”.
In Italia in questi dieci anni il governo del paese, a parte una breve e insignificante parentesi, è stato di destra e con il preciso compito di destrutturare sia stato sociale che Stato istituzione . Le becere politiche atte a precarizzare sempre più il mercato del lavoro e i progressivi attacchi ai diritti dei lavoratori fanno si che oggi ai lavoratori non resta che una estenuante difesa di un potere d’acquisto dei salari reso vano dalle attuate e tentate privatizzazioni di “beni comuni” o politiche sindacali asservite al padronato.
Ripartiamo da Genova, dai diritti negati ad una economia che coniughi ambiente risorse e consumi in un bilanciamento che non lasci spazio alle speculazioni. Ripartiamo da Genova con la difesa non solo dello stato sociale, ma del lavoro e di tutti i diritti che vogliono e vorrebbero privarci.
Ripartiamo da Genova gestendo e non subendo i conflitti.
Loris
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