…e ci stiamo sempre più avvicinando al fatidico 14 dicembre, giorno della “fiducia” al governo Berlusconi.
Alchimie e trattative, più consone al mercato delle vacche,sono in corso a vario titolo.
Splendore e morte dell’etica e dignità politica, parafrasando Neruda in “Splendore e morte di Joaquin Murieta” , è lo spettacolo messo in scena nel tempio della democrazia .
Ne più ne meno come nel tempio di Gerusalemme da dove Cristo scacciò i mercanti.
Ratzy però, non ce lo vedo proprio a rovesciare gli scranni di Montecitorio menando calcioni nel deretano a fedifraghi, corruttori, lussuriosi…ed aggiungete a piacere, perché sicuramente si rischia più il peccato di omissione che non quello di calunnia (l’importante è pensarlo e non scriverlo per non incorrere nelle querele).
Da quando è iniziata la vicenda Wikileaks, questo blog ha voluto soffermarsi e sollecitare il ragionamento, non tanto sulle performance del cavaliere di Arcore, ma sugli inquietanti intrecci affaristici tra lo Stato Italiano e quello Russo, tra Putin e Berlusconi.
Quello che emerge giorno dopo giorno, risulta essere sempre più inquietante e dai contorni estremamente torbidi che porta, inevitabilmente, a chiedersi quali siano i reali soggetti implicati in questo intreccio affaristico.
Pensiamo a quella prima definizione trovata sui file di wikileaks di “stato virtuale della mafia” riferito alla Russia, e a portavoce di Putin riferito a Berlusconi.
Persino i nostri mass media ufficiali, iniziano, cautamente, a rivelare la reale entità e portata di questi legami, declassando il balletto intorno alla fiducia al governo, in una questione politicamente ignobile.
La sola ipotesi della poca trasparenza e della collusione con “altri interessi”, dimissiona d’ufficio Berlusconi e il suo governo.
Se solo per un attimo accostiamo due informazioni, apparentemente distanti tra loro, Banca Rasini e giornalisti uccisi in Russia ,otteniamo una miscela potenzialmente esplosiva, in grado di inquinare enormi aree del globo.
Anna Stepanovna Politkovskaja |
E’ chiaro che, a questo punto, non sono più in gioco “solamente”la mancata attuazione di un programma di governo, o la mancata capacità ad affrontare una crisi come quella attuale.
La posta in gioco è decisamente più alta, è la credibilità e la fidabilità dello Stato stesso .
E’ giunto il momento di capire se chi, come Fini, è uscito allo scoperto, lo ha fatto perché convinto nel difendere lo Stato, o da spiccioli interessi di bottega.
E’ il momento da parte dell’opposizione tutta, di non dare ulteriori sponde a chi, minando il concetto stesso di Stato, sta trasformando il nostro Paese in un bengodi di affaristi paragonabile forse alla Cuba di Batista.
Loris
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