Uno dei primi
stabilimenti a ciclo integrato fu quello di Piombino. Era il 1865, le
maestranze impiegate erano per il 50% detenuti. Quando passò di
proprietà al Credito immobiliare italiano oltre alla quota di
detenuti risultavano iscritti tra le maestranze adolescenti tra gli
11 e i 15 anni. La strada di congiunzione tra Portovecchio e Piombino
fu costruita solo in un secondo tempo come se l'impianto fosse una
cosa a se, slegato dalla città, una cosa sporca, forse per i ritmi
di lavoro un inferno!
La lavorazione dei
materiali ferrosi e la produzione dell'acciaio è nella sua evidenza
un ciclo che impone serie considerazioni sull'impatto ambientale,
aver vissuto per tutta la vita nelle vicinanze di un altro
stabilimento a ciclo integrato come quello di Genova Cornigliano
sicuramente da qualche titolo per testimoniare come vengono
condizionate le vite di chi a ridosso di quello stabilimento viveva.
Vedere le persiane
fasciate dai sacchetti neri della spazzatura nel tentativo di
arginare una coabitazione coatta anche dentro le mure domestiche con
le polveri prodotte dalle lavorazioni, da solo una minima idea di
quale sia stato l'impatto di questo impianto.
Lo stabilimento di
Cornigliano di fatto prese forma nel dopoguerra essendo stato in
parte smantellato dai tedeschi durante l'occupazione. Materialmente
fu lo “Stato” attraverso l' IRI a finanziare gli impianti che
cambiavano i nomi a secondo dell'assetto societario, ma, anche a
fronte di una politica nazionale sulla siderurgia si restava
nelll'ambito delle “Partecipazioni Statali”, che al suo interno
aveva anche società che progettavano e manutenevano gli impianti
stessi.
Lo Stato era quindi parte
attiva in quelle che erano le decisioni che riguardavano gli standard
qualitativi degli impianti che venivano messi in essere, a Genova
come a Taranto a Terni come a Bagnoli.
La politica delle
dismissioni e gli spacchettamenti delle ex aziende a partecipazione
statale tra la fine degli anni 80 e la fine dei 90 ha infine messo
nelle mani dei privati quel che rimaneva della siderurgia italiana
con annessi impianti, che come dimostra il caso Taranto sono polpette
avvelenate che inevitabilmente avrebbero cortocircuitato con la
questione ambientale e con il diritto alla salute di ogni cittadino.
Lo Stato quindi sapeva
cosa veniva dato in mano ai privati, e i privati sapevano cosa
acquistavano dallo Stato. Che nel passato i limiti ambientali fossero
di manica più ampia è cosa nota, le conseguenze non hanno invece
tempo, e l'immobilismo del “tiriamo a campare” non può più
essere tollerato da alcun sia.
Se Genova, grazie ai
comitati territoriali e alle “donne di Cornigliano” si è
liberato del problema dell'area a caldo, attraverso la protesta e gli
accordi tra Riva e le istituzioni, a livello nazionale il problema lo
si è decentrato a Taranto ignorando colpevolmente il deterioramento
ambientale e le incidenze negative sulla salute dei lavoratori e dei
cittadini di Taranto.
Semplicistica sarebbe
oggi la semplice chiusura degli impianti che sicuramente
interromperebbe le fonti di inquinamento aprendo il problema
occupazionale ma sopratutto compenserebbe la proprietà che dopo
aver spremuto lavoratori e territorio sarebbe in grado di godersi i
proventi ricavati dall'attività non rispondendo del danno sociale
causato.
Credo che ci sia il know
out per progettare e trasformare quegli impianti in impianti
compatibili con la salute e l'ambiente. Credo che prima che il
percorso diventi senza ritorno la strada da intraprendere sia quella
proprio di attivare queste competenze, ancor prima di decreti che
cerchino di salvare improbabili profitti. Forse potrebbe essere un
modo anche per rilanciare il lavoro e la produzione dell'acciaio
lasciato colpevolmente ai paesi così detti emergenti ma sicuramente
più inquinanti e senza diritti.
Chi ha causato questo
disastro paghi materialmente sia la bonifica sia la riconversione
degli impianti, e le responsabilità penali per il disastro
ambientale siano perseguite fino in fondo sia su chi materialmente
inquinava sia su chi politicamente avvallava.
Loris
link utili : Tesi in sociologia: ILVA DI TARANTO - di Riccardo
Dal Blog : Ricordi di infanzia e di acciaierie
Nessun commento:
Posta un commento