La metafora che più è compresa è quella del marito che si
tagliò il pisello per far dispetto alla moglie.
Parliamo di finanziamento pubblico ai partiti, argomento
estremamente delicato e di cui tanti, un po’ troppi a mio giudizio, ne
auspicano e caldeggiano l’abolizione. Il fatto che la disputa sia se il
finanziamento debba essere pubblico o privato, e non quali siano state o
avrebbero potuto o dovrebbero essere le
regole per il finanziamento pubblico, è estremamente indicativo. Altrettanto
indicativo è la richiesta di riduzione del numero di parlamentari in un Paese
dove la magistratura sta indagando sulla compra-vendita di parlamentari al fine
di salvare un governo
Meno parlamentari in assoluto, meno parlamentari da
comprare. Meno parlamentari meno rappresentanza politica.
La sola possibilità che “privati” possano finanziare i partiti è un concetto
che con la democrazia ha poco a che spartire, perché è evidente che ci saranno
soggetti a cui sarà impedito l’accesso
alla politica proprio in virtù dei costi della politica.
In un paese in cui, in più di
vent’anni, non si è arrivati ad una legge sul conflitto di interessi, con un
premier che di conflitti ne aveva anche sulla eleggibilità, credo che pensare
di legiferare affinchè lobby non prendano il controllo politico del paese,
equivalga a raccontare qualche romanzo di Asimov: assai verosimile grazie alla
sua bravura di narratore, ma pur sempre fantascienza.
Le recenti esternazioni
dell’attuale primo Ministro Letta, sulla possibilità di una deriva
“presidenzialista”, sono un’ ulteriore
sirena d’allarme per la nostra democrazia e per la depauperazione della nostra Costituzione.
Ricordiamoci che nel caso degli sperperi di denaro pubblico nei Consigli Regionali, la vera colpevole è una presunta interpretazione del “federalismo” e dell’autonomia dell’istituto delle Regioni. Che i primi ad affondare le mani nella marmellata siano stati proprio i “paladini” del federalismo non deve sorprenderci più di tanto. Sono gli stessi paladini di una legge elettorale più letamaium che porcellum.
Ricordiamoci che nel caso degli sperperi di denaro pubblico nei Consigli Regionali, la vera colpevole è una presunta interpretazione del “federalismo” e dell’autonomia dell’istituto delle Regioni. Che i primi ad affondare le mani nella marmellata siano stati proprio i “paladini” del federalismo non deve sorprenderci più di tanto. Sono gli stessi paladini di una legge elettorale più letamaium che porcellum.
Riaffermiamo il valore della
Costituzione e delle modalità di rappresentanza democratica. Rivendichiamo una
riforma che affermi il finanziamento pubblico della politica con regole certe e
trasparenti.
La Democrazia non può essere
privatizzata.
Loris
ps.in direzione ostinata e contraria
2 commenti:
Me ne sono uscita con " se dovessero cambiare le regole sull'elezione del Presidente della Repubblica, un cosa è certa: Berslusconi è escluso"
Ma mio marito dice di no, dice di ricordarmi quando hanno hanno appoggiato Berlusconi dicendo che veramente credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak, dice che il PdL è in grande risalita, dice che non è escluso che Berlu diventi un Presidente con più poteri!
Non lo posso credere! Altro che Asimov! Non possiamo esserci ridotti così!
Cristiana
@cristina, nella nostra Costituzione ci sono i fondamenti per cui la Democrazia non venga stuprata, non è un caso che troppo spesso in virtù di un presunto modernismo venga cercata la via più "comoda" per riformarla, per rendere più semplice il controllo del sistema. Non è sbagliato il concetto di "mezzo" dei partiti nel rapporto tra cittadini e Stato. Sicuramente è cieco e sbagliato la non riforma dei partiti consentendo una sempre minore rappresentatività di larghe fasce di cittadini e l'omogeneità programmatica tra di loro.
L'appello alle regole e al rispetto delle stesse è la "cifra" che sta tra un paese Democratico e uno Stato incapace di dare rappresentanza ai suoi cittadini.
Non chiediamo scorciatoie più attinenti al sentire con la pancia chiediamo regole che migliorino la vita democratica.
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