il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



mercoledì 30 giugno 2010

GENOVA 30 GIUGNO 2010 - galleria di immagini



30 giugno 1960 - 30 giugno 2010


La Russa sfida Genova Antifascista - La risposta di Genova come il 30 Giugno 1960

Il ministro La Russa sfida come provarono a fare 50 anni fa i suoi Mentore politici la Genova antifascista.

oggi l’antifascismo genovese in piazza ricorda il 30 Giugno 1960

clicca per il programma della giornata

Dal Secolo XIX :

La Russa: il convegno va fatto

«Sono pronto a venire a Genova. Perchè questo convegno va fatto. In qualunque altro albergo, in qualunque sede. E che partecipi pure l’Anpi, a difendere un diritto che sta scritto nella Costituzione. Il passo indietro da parte della proprietà dell’albergo testimonia il clima di minaccia, di intimidazione e di violenza che si continua a respirare a Genova».


Da Repubblica :


Salta il convegno della destra
ma sul 30 giugno restano i veleni

Esposto alla Procura: "Vincenzi e Burlando eversivi". La sala dell'Hotel Bristol non è stata concessa agli organizzatori per motivi di opportunità e di sicurezza. Plinio e Barbagallo hanno denunciato i vertici della Regione e del Comune per "apologia di reato"



Oltre le immagini ed un appropriato commento in "zeneize" la introvabile canzone del 30 giugno


link di approfondimento :

GENOVA 30 GIUGNO 1960 - PER NON DIMENTICARE MAI


martedì 29 giugno 2010

GENOVA 30 GIUGNO 1960 - PER NON DIMENTICARE MAI


…Sugli sviluppi della battaglia e sulle vicende successive che portarono all'annullamento del congresso missino, ebbe una parte dI primo piano Giordano Bruschi. Il suo racconto in certi punti ha i toni dell'epopea popolare, resa evidente dalla dichiarazione iniziale.
.....Una delle cose più importanti della mia vita è stata la decisione della Commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Genova, nel giugno del 1960, quando da soli, senza CISL e UlL, organizzammo lo sciopero e la manifestazione che portò poi ai noti fatti del 30 giugno.
Il gruppo della Commissione esecutiva della Camera del Lavoro, una ventina di compagni comunisti e socialisti, me compreso, si assunsero la grossa responsabilità dei fatti del 30 giugno del 1960. La Camera del Lavoro ebbe la grande intuizione di capire la spinta popolare, che fu notevolmente più grande di quanto non si pensasse. Fissammo l’appuntamento per il corteo in una piccola piazza, piazza della Nunziata, per le ore 15 del 30 giugno. Lì non pensavamo che ci fosse la marea di gente che invece si presentò. Tantissimi giovani; fu uno dei momenti storici delle saldature delle diverse generazioni, quella dei ragazzi delle magliette a strisce, assieme ai lavoratori. Fu una grande manifestazione spontanea che ho vissuto momento per momento.
In 100.000 hanno partecipato al corteo. Quando sono scoppiati gli incidenti in piazza De Ferrari c’erano rimaste in piazza circa 15.000 persone, che non volevano allontanarsi L'atteggiamento del la polizia era provocatorio; fu inevitabile lo scoppio degli incidenti. Quello che nessuno aveva previsto, tanto meno la polizia, fu che la rabbia sarebbe esplosa in modo da cacciarli dalla piazza con le jeeps e tutte le sue armi. Io ero lì: proprio vicino al palazzo della Società Italia dove erano schierati i gipponi della polizia. Alla prima carica della polizia, i gipponi si misero a ruotare vorticosamente prima sulla strada, poi salirono i gradini, e schiacciavano le persone, che si rifùgiavano verso la vasca, con una grande brutalità. Anch’io salii sul bordo della vasca con i poliziotti che arrivavano sfiorarci e con i manganelli a colpire. In una di queste cariche sono finito nella vasca, e sono rimasto bagnato, inzuppato tutto il giorno. In un primo momento, la polizia riuscì a sgombrare la piazza, con bombe lacrimogene, sfollagente, ecc. Ma avvenne un fatto imprevisto: gli operai cacciati dalla piazza si ritirarono lungo i vicoli o verso piazza Dante, e non appena si fu ricostituita una situazione favorevole, ci fu una invasione di massa della piazza. Ci vorrebbe probabilmente un grande cineasta come John Ford per descrivere la cavalcata di migliaia di persone che da tutti i lati della piazza con un grande urlo si gettarono di nuovo verso la fontana. I poliziotti prima tentarono qualche carosello, però i cittadini esasperati per le cariche e per gli spari questa volta ebbero il so pravvento. Una dopo l'altra le autoblinde furono immobilizzate. Una dopo l'altra le squadre della Celere furono costrette a scappare. Un ufficiale fu gettato dentro la vasca; intervenne un compagno della Camera del Lavoro per impedire che questo capitano della Celere di Padova annegasse perché era saldamente tenuto da un operaio per il collo con la testa infilata sotto l'acqua. C'era l'esasperazione, e poi c'erano i cantieri edili dai quali vennero prese delle tavole, ecc. I poliziotti che finirono all'ospedale furono 272. Lo scontro fu veramente durissimo. Quanti fossero i manifestanti feriti non si è mai saputo, perché in genere i lavoratori non andavano a farsi curare al Pronto soccorso. Poi l'ANPI compì un'opera di pacificazìone, perché ancora in serata c'erano blocchi stradali, e la tensione era fòrtissima. Ricordo che nella notte fra il 10 e il 12 luglio era ancora incerto se si sa rebbe tenuto il raduno fascista, perché si tentavano le solite mediazioni politiciste; anche esponenti della sinistra avevano accettato che si tenesse il congresso invece che in via XX Settembre a Nervi. Ma lavoratori e partigiani non ne volevano assolutamente sapere. Ero alla Camera del Lavoro all’una di notte fra il sabato e la domenica (il 30 giugno era un giovedì); venne il comunicato della Prefettura con il quale il prefetto annullava il congresso. Allora un gruppo di dirigenti sindacali come prima cosa si recò in via XX Settembre, dove c'è il sacrario dei caduti partigiani, che in quei giorni era ancora presidiato dai lavoratori. Ricordo con commozione il comizio che facemmo con l'annuncio che la battaglia era stata vinta. E poi tutta la notte andammo nelle stazioni di Principe e di Brignole per gridare ai fascisti che se ne andassero a casa perché il congresso non si sarebbe tenuto.
La testimonianza di Bruschi è tratta da :
"Vite da compagni"
di Nicolò Bonacasa e Remo Sensoni
Edizioni EDIESSE

vi può interessare anche:

I RIBELLI

film documentario di Mimmo Calopresti sui fatti del

Giugno 1960


dal sito della CGIL :

30 giugno 2010: GENOVA, MANIFESTAZIONE, MUSICA, CULTURA A CINQUANT'ANNI DAI FATTI DEL GIUGNO/LUGLIO 1960


lunedì 28 giugno 2010

Lo Sbarco - E' Approdata a Genova La Nave Dei Diritti

…E’ difficile interpretare il sentimento che ti prende dentro nel momento in cui persone che provengono da un paese diverso dall’Italia scendendo dalla nave iniziano a scandire..”Italia Libera”.

Sono per lo più italiani come noi, che hanno compiuto però la difficile scelta di trasferirsi e andare o a terminare gli studi o a lavorare in Spagna, alcuni da Barcellona, ma anche provenienti da altri paesi europei. Anagraficamente, i più, appartengono alla generazione che qualche alto intellettuale del centro-destra ha definito “bamboccioni” tra i 22 e i 35 anni. Altri con la famiglia, con i bimbi sul passeggino.

Scrivevo del sentimento che si prova: ca**o, neanche gli americani nel 45 erano entrati in Genova pensando di liberarla. Si era liberata da sola! Neanche il 30 Giugno 60 avevamo avuto bisogno di aiuti per toglierci di mezzo i fascisti e i battaglioni della “Celere” che li spalleggiavano a rappresentanza di un governo retto con i voti degli stessi fascisti.

Eppure hanno ragione, questi italo-catalani, o forse solo italiani andati in prestito in Spagna ma con la testa e il cuore in Italia. L’Italia va liberata! Ripristinati i Diritti , riaffermata la dignità del lavoro e la dignità del diverso. Riaffermare la Democrazia, la morale, l’etica.

Sono stati due giorni importanti per Genova quelli dello “Sbarco” della nave dei diritti. Una opportunità di confronto in quelle che sono state le piazze tematiche distribuite in città: Diritto alla pace, Diritto al sapere e alla Bellezza, Diritto all’ambiente e al futuro, Diritto alla dignità del lavoro, Diritto alla differenza.

A questa sollecitazione morale, politica e culturale che ha coinvolto parte del mondo dell’associazionismo è mancato però un confronto importante. Il confronto con la politica, che non vuol dire presentarsi con la bandierina per dimostrare la presenza mediatica, ma significa confrontarsi sulle idee, sulle proposte, sui valori. Vuol dire rimettere in campo quella capacità di interpretare la nostra società in grado di dare una progettualità ed una aspettativa di futuro credibile e sostenibile.

Se dovesse servire….tornate con una flotta intera.

Loris


Gallerie fotografiche di Giulia Parodi
(cliccando sulla scritta o l'immagine sottostante si accede alla galleria)




della "Nave dei Diritti" ha scritto anche :

"Facciamo seguire a questa altre navi, sempre più difficili da piratare"


Link Utili per comprendere meglio :








venerdì 25 giugno 2010

I RIBELLI - film documentario di Mimmo Calopresti sui fatti del Giugno 1960

Sono spiacente ma il film I RIBELLI  di Mimmo Calopresti è stato rimosso dal sito della RAI, per cui il link che aveva funzionato per un certo periodo ora non funziona più.
La scelta di rimuovere questo importante documento ANTIFASCISTA non può che essere politica, con l'intento di rimuovere la memoria da chi si era opposto nell'Italia repubblicana a scelte di tipo autoritario, di come la popolazione aveva reagito e dell'uso delle forze di polizia per reprimere nel sangue la protesta popolare.
Mi auguro di poter nuovamente al più presto linkare al sito della RAI questo documento. Forse perchè oltre al cambio di una scelta editoriale potrebbe corrispondere un cambio di REGIME POLITICO.
6 dicembre 2010 - Blog Administrator






giovedì 24 giugno 2010

Referendum Pomigliano : chi vince e chi perde…. e i lavoratori?



Forse la vicenda dell’accordo Fiat a Pomigliano non è del tutto scontata come sembra.
Più cerco di confrontarmi sull’argomento e più mi risulta prepotente una considerazione:
i lavoratori, che dovrebbero essere i protagonisti della vicenda, risultano, in realtà, soggetti passivi e ininfluenti rispetto ai giochi che concorrono, con i relativi “master”, a disegnare un quadro per il futuro della Fiat a Pomigliano, per il ruolo del Governo e per le future relazioni sindacali e la capacità contrattuale del sindacato.
Il sospetto che la Fiat non volesse la vittoria dei SI’ all’accordo non è solo una fantasia.
Infatti, un NO vincente avrebbe dato modo alla Fiat di dismettere, delocalizzare e, perché no, sfruttare qualche ammortizzatore sociale per non far fronte a quelli che, nelle cause di separazione o divorzio, sono gli obblighi economici a carico del coniuge economicamente “più forte”.
Che la Fiat faccia pagare alla comunità i costi della propria politica aziendale, riservando per sé unicamente utili e profitti non è cosa nuova.
Il ricatto messo in atto nei confronti dei lavoratori è talmente ignobile da renderlo epidermicamente inaccettabile.
Antagonista a questa posizione FIAT è il Governo, nella figura del ministro del Welfare Sacconi, che vorrebbe, insieme ai sindacati amici (Cisl e Uil), fotocopiare questa tipologia di accordo, magari riproponendolo per altri contesti aziendali, produttivi e territoriali, distruggendo, così, ciò che rimane della contrattazione collettiva, e pensionando definitivamente lo statuto dei diritti dei Lavoratori.
Per Sacconi è abituale essere costantemente sul fronte opposto ai diritti dei lavoratori:
nel PSI con Craxi contro la scala mobile, sostenitore di ogni forma di precarizzazione ai tempi di Biagi ed infine pronto ed accondiscendente notaio quando l’Europa si esprime sull’allungamento dell’età pensionabile delle donne nella Pubblica Amministrazione, omettendo l’osservazione che, in altri paesi europei, i servizi erogati sono diversi e più efficienti rispetto al nostro Paese.

I lavoratori di Pomigliano come si può evincere da questo ragionamento sono la pallina da ping-pong che Marchionne per la Fiat e Sacconi per il Governo, pensano di poter schiacciare impunemente.
Ma il risultato referendario rimette in discussione tutto.
La mancata accettazione plebiscitaria dell’accordo, pur con la vittoria numerica dei SI’, rende la Fiat comunque consapevole che il conflitto non è risolto e che, ad oggi, si impone una ripresa della trattativa con tutti i soggetti interessati e non soltanto con quei sindacati scarsamente attenti al ruolo dei lavoratori e troppo vicini al padronato e al governo.

A fronte di tale situazione complessiva, il nodo politico diventa essenziale.
Non ci si può più limitare a manifestare una generica solidarietà verso i lavoratori di Pomigliano e la Fiom.
Al fianco di quei lavoratori serve un blocco politico capace di far pesare la propria rappresentatività sulla scena politica italiana.
La rielaborazione di un soggetto politico nuovo, che ponga il primato del lavoro in compatibilità ambientale, diventa l’indispensabile condizione per far si che, non solo i lavoratori di Pomigliano, ma tutti i lavoratori, ritrovino la dimensione politica di una crescita civile, economica e ambientale del nostro Paese.

Loris

venerdì 18 giugno 2010

Ci sono notizie che ti fanno pensare di essere in un Paese normale (di Giuliano Giuliani)


Ci sono notizie che ti fanno pensare di essere in un Paese normale. Non sono molte, ma a volte capita. La condanna in appello di Gianni De Gennaro, per induzione alla falsa testimonianza nei confronti dell’allora questore di Genova Colucci, è una di queste notizie. D’altra parte che ci fosse il corrotto (indotto a mentire) e non ci fosse il corruttore; meglio ancora, che il grande capo della polizia non sapesse nulla di che cosa stesse succedendo a Genova, poteva essere solo una favola di questa povera Italietta. Sento già i coretti che, “andiamoci piano col giustizialismo”, “c’è ancora il terzo grado di giudizio”, “basta col giustizialismo”, “chissà di che colore sono queste toghe”. La sostanza è che, dopo la condanna in appello di tutti i grandi capi che non potevano non sapere, perché a Genova c’erano, si gingillavano davanti alla Diaz con il sacchetto di plastica contenente le molotov da far introdurre nella scuola per poter accusare i manifestanti del reato di terrorismo (sto parlando di Luperi, Gratteri, Ciccimarra, Caldarozzi, e via elencando, già ai massimi livelli allora, e poi promossi a compiti ancora più alti di direzione dei vari servizi), adesso è condannato il capo dei capi, che, passando per la monnezza di Napoli e per la direzione del ministero dell’interno ai tempi di Amato (centro sinistra), è finito con l’assumere la direzione del complesso dei servizi di intelligence (meglio limitarsi a chiamarli come una volta, segreti), una sorta di Negroponte italiano. Niente male davvero, povera Italietta!Naturalmente, nessuno di questi signori ha sentito l’obbligo di lasciare, almeno temporaneamente, l’incarico. Dovranno farlo se, a sentenza passata in giudicato, varrà ancora l’interdizione dai pubblici uffici per un po’ di anni. Ma ciò che vale per tanti altri paesi, nei quali prevale la norma della dignità, da noi non vale. Altrimenti a che servirebbero gli esempi che calano dall’alto, beh, non esageriamo! Un’ultima noterella. Le responsabilità di De Gennaro risultano da una telefonata intercettata, nella quale Mortola (altro condannato al pari di De Gennaro), allora capo della Digos genovese, e Colucci parlano della contentezza del “capo” per la smentita offerta in tribunale da Colucci rispetto a precedenti dichiarazioni. Toh, un’intercettazione che svela un reato! Bisognerebbe suggerire ai cialtroni della maggioranza di governo di insistere sulla retroattività delle norme e sulla impossibilità di avvalersi delle intercettazioni nei processi in corso!

Giuliano Giuliani

giovedì 10 giugno 2010

Voi fascisti porterete l'Italia alla rovina, e a noi comunisti spetterà salvarla! (A.Gramsci)

In una delle giornate più brutte della storia politica Repubblicana non posso fare a meno di ricordare la frase di Gramsci rivolta ai Giudici del tribunale speciale fascista.
La deriva antidemocratica e antiliberale nella quale il governo a guida della tessera 1816 della P2 e di altri fra massoni della stessa loggia non sta trovando argine.
La volontà di stravolgere il patto costitutivo della democrazia italiana da parte di questa destra becera e faccendiera è un obiettivo sfacciatamente dichiarato.
Purtroppo dobbiamo registrare le responsabilità di un ceto dirigente, non solo dell’ala centrista moderata, ma della stessa sinistra, incapace in questi anni di proporre un progetto di società che potesse raccogliere i consensi . Come lo stesso Prodi dichiarava circa un anno fa , l’errore compiuto fu di essere i prosecutori della politica liberista Regan/tacheriana e di non riuscire ad essere alternativi a quella politica scellerata che già tanti danni aveva profuso.
Se oggi risulta difficile individuare, figure politiche di rigore morale e politico, come i comunisti a cui fa riferimento Gramsci, credo però che quella cultura continui ad appartenere a molti che in questi anni hanno continuato, un po’ da disadattati , a sentirsi parte integrante di un “sogno” di equità sociale e di giustizia. Una visione di società, e non di spartizione del potere.
Sulla base di quella eredità Gramsciana e di Enrico Berlinguer, di cui domani 11 giugno ricorre il ventiseiesimo anniversario della morte, oggi più che mai necessita un patto su quei valori che in altri tristi momenti della storia italiana vide coalizzarsi tutte le componenti sane della democrazia italiana.
Una esortazione, non ai dirigenti, ma agli uomini e donne del PD, di Rifondazione, di Sinistra e Libertà, e di tutte le altre componenti che in questi anni hanno subito la “scomposizione dell’atomo” in balia delle proprie dirigenze.
Loris


Ripropongo il filmato dell’ultimo discorso di Enrico Berlinguer a Padova, per il grande valore delle parole pronunciate, che saranno, le ultime parole dell’ultimo vero leader della sinistra italiana.



lunedì 7 giugno 2010

Voglio che questo paese torni ad essere un “Paese Normale”

Non sono un economista, ho difficoltà a fare quadrare un bilancio come quello famigliare, figuriamoci di quello di uno stato. Se poi iniziamo a ragionare in maniera un po’ più allargata e pensiamo ad una coalizione di Nazioni come l’Unione Europea i conti diventano autentica fantascienza.

Ormai sono diversi giorni che il Ministro Tremonti è balzato al ruolo di protagonista con un apparente virtuoso piano, che da una parte soccorre le economie deboli europee, e dall’altra risana quei conti pubblici che questo governo ha provveduto a sputtanare dopo aver ripetutamente mentito su quella che era una crisi generata dal fallimento del modello capitalista.

Prima di soffermarmi su alcuni dei punti sulla quale è incentrata questa manovra voglio però sottolineare un problema di lessico, che forse non è di secondo piano rispetto alla sostanza generale. In tutto questo ultimo periodo di smisurato “ottimismo” il governo di questo paese ha sempre parlato di ripresa della crescita, stando sempre attento a non pronunciarsi, se a questa ripresa di crescita, corrispondeva una crescita dell’occupazione. Non ha neanche fatto cenno ad una ripresa di quella che è una “Occupazione virtuale” fatta dal popolo delle partite iva e da quella marea umana che risponde al nome di precariato.

Nel pubblico impiego, alcuni punti rasentano il grottesco, se dietro non ci fosse una situazione occupazionale drammatica. Dopo aver fatto la campagna sui ”fannulloni” questo governo blocca il turn-over e chiude le finestre di pensionamento non volendosi separare dai tanto vituperati dipendenti.

Il blocco dell’anzianità nella scuola poi, è l’ennesimo atto di prevaricazione e inaffidabilità di uno Stato nei confronti dei suoi dipendenti. Già questi provvedimenti rendono evidente come questo governo, dopo aver abbondantemente contribuito alla precarizzazione del mercato del lavoro, dia un ulteriore contributo alla destrutturazione dello stato-sociale impedendo di fatto il ricambio generazionale nel mercato del lavoro , usando i fondi previdenziali, non tanto come ammortizzatori sociali a salvaguardia dei lavoratori, ma a salvaguardare gli interessi di quelle aziende che speculando sulla pelle dei lavoratori, alle crisi facevano seguire delocalizzazioni e ulteriore precarizzazione e disoccupazione.

Mi congratulo per la sfrontatezza con la quale per l’ennesima volta non si è voluto per lo meno equiparare dal punto di vista fiscale le rendite finanziarie alla fiscalità operata sui lavoratori dipendenti, o al popolo delle partite iva o ai precari.

Su una cosa il governo dice una parziale verità: non metterà le mani nelle tasche degli italiani. La stragrande maggioranza degli italiani infatti sarà costretta sempre più a pagare servizi che strutturano lo “stato sociale”, e nelle tasche degli italiani non rimarrà alcunchè.

Io non voglio contribuire a una manovra che servirà ad impoverirmi ulteriormente, insieme alla maggioranza degli italiani, mentre chi in questi anni ha speculato e sfruttato continuerà ad arricchirsi.

Voglio che vengano tassate le rendite finanziarie, che il clero paghi l’ICI per quegli edifici e locali non adibiti al culto, voglio che la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione sia compiuta con tutti i mezzi possibili comprese le intercettazioni telefoniche.

Voglio che questo paese torni ad essere un “Paese Normale”

Loris

sabato 5 giugno 2010

EREDI DI CRAXI MA NON TROPPO ...confronto tra l'Achille Lauro e la Flotilla di Gaza

Il 7 ottobre 1985 veniva dirottata da un commando palestinese dell’FLP la nave da crociera “Achille Lauro”.

Nel corso del sequestro rimase ucciso il cittadino americano ebreo Leon Klinghoffer.

La trattativa condotta a quel tempo dal governo italiano, con l’intercessione dell’Egitto, dell’OLP di Arafat e dello stesso Abu Abbas, fondatore dell’FLP, portò al dissequestro della nave .

Successivamente, infischiandosene degli impegni assunti dai soggetti istituzionali coinvolti, gli USA pretesero la consegna dei dirottatori, innescando un pericoloso braccio di ferro militare con l’Italia, presso la base di Sigonella.

L’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi difese, con determinazione, la sovranità dello Stato Italiano rivendicando l’applicazione del diritto internazionale.

Ho voluto ricordare, succintamente, il dirottamento della “Lauro” e la “crisi di Sigonella” perché, nella vicenda dell’arrembaggio Israeliano alla Flotilla con gli aiuti umanitari per Gaza, entra con tutta la prepotenza della logica della ragione.

A seguito del dirottamento della Lauro, il 10 marzo 1988 fu sottoscritta la “Convenzione per la soppressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima” (convenzione di Roma) .

Di cui riporto in italiano il testo tradotto dell’art.3.

Ad una prima analisi, la vicenda dell’Achille Lauro risulta, a tutti gli effetti, la fotocopia di quanto successo nei giorni scorsi nelle acque internazionali davanti a Gaza.

Unica differenza, è che TUTTI dichiarano lo “Stato” che ha compiuto questo atto di “Terrorismo” uno “Stato” democratico e “amico”.

Dove, invece, la vicenda assume una dimensione completamente diversa è nel comportamento del nostro Governo.

Infatti, nell’85 Bettino Craxi non esitò a difendere l’autonomia e la sovranità dello stato Italiano non permettendo agli USA azioni dal grande effetto scenografico e dallo scarso valore diplomatico.

“L’orgoglio” nazionale fu fatto salvo dalla determinazione del governo di allora, che si rese garante della salvaguardia della legalità internazionale e della sacralità della difesa del nostro territorio nazionale.

Di fatto, invece, l’attuale governo Italiano, attraverso la voce del suo ministro degli esteri, fa carta straccia della “convenzione di Roma” ringraziando Israele e non esprimendo alcuna condanna nei confronti di chi ha sequestrato, percosso e incarcerato, senza alcuna giustificazione, cittadini italiani, e non ha espresso alcuna solidarietà nei confronti della Turchia (nazione di fatto aggredita) pur essendo questa un’alleata “istituzionale” in quanto paese aderente alla NATO , e, nei confronti della quale, come sancisce l’alleanza, vi è un obbligo di reciproca assistenza in caso di aggressione.

Ricordo che l’Italia, insieme agli USA e al governo di destra olandese, sono stati gli unici paesi che, in sede ONU, si sono opposti ad una commissione di inchiesta internazionale privilegiando una commissione di inchiesta interna Israeliana.

La conclusione, inevitabile, a cui si giunge esaminando e confrontando le vicende dell’Achille Lauro e della Flotilla, è che questo governo, erede, e non solo politicamente, di Bettino Craxi, è riuscito solo parzialmente ad acquisirne la dimensione politica.

La vicenda di questi giorni, ci ha reso un’ immagine dell’Italia servile all’abbisogno e incapace di osservare e fare osservare regole e leggi che regolano i rapporti tra le nazioni.

Per quanto riguarda,invece, l’intreccio affaristico e politico, i membri del nostro Governo invece stanno, forse, quasi superando il maestro, ed aspettiamo fiduciosi le risultanze della magistratura, anche se pensando alla votazione alle Nazioni Unite, forse le inchieste vorrebbero condurle loro o in subordine magistrati non imparziali ma sicuramente “amici”.

venerdì 4 giugno 2010

Sabotaggio in alto mare

SCRITTO DA GRETA BERLIN | 03 GIUGNO 2010
POSTED IN NEWS

FOR IMMEDIATE RELEASE

(Cipro 4 giugno 2010) Martedì il colonnello Itzik Tourgeman ha affermato alla Knesset Defense and Foreign Affairs Committee che altre due barche stanno provando a rompere il blocco navale di Gaza. Il capo delle indagini ha detto "Le barche non hanno raggiunto il loro obiettivo poichè è stata intrapresa contro di loro un'azione segreta"http://www.israelnationalnews.com/News/Flash.aspx/187299

Abbiamo dei sospetti su due delle nostre barche la Challenger 1 e la 2 e sui problemi meccanici che hanno avuto quando sono salpate insieme alla flotta, ma non diremo nulla finchè non potremo provarlo. Anche se non avremmo bisogno di provarlo. Quel che ha detto Israele già è una prova.

The Guardian ha pubblicato un articolo il giorno stesso dicendo,

Israel ha dato chiare indicazioni oggi che i suoi militari hanno segretamente sabotato alcune delle barche dirette a Gaza insieme alla freedom flotilla.

A Matan Vilnai, vice ministro della difesa, è stato chiesto in un'intervista sulla radio israeliana, se non ci sarebbe potuta essere un'alternativa migliore all'assalto diretto. Lui ha risposto che "tutte le possibilità sono state considerate" aggiungendo che "il fatto è che c'erano meno delle 10 barche che era previsto partecipassero alla flotta".

Un ignota fonte dell'IDF che ha informato la commissione Knesset degli affari esteri e della difesa sulla largamente criticata intercettazione armata della flotta in mare, ha parlato di "un'operazione grigia" che è stata organizzata contro la flotta.

Siamo stati fortunati che i nostri due capitani fossero molto ben addestrati e siano stati capaci di sbarcare i passegeri sani e salvi.

Così faremo si che la Rachel Corrie sia ben protetta e che Israele capisca che qualsiasi cosa succeda alla barca i passeggeri e il suo equipaggio riposeranno con Israele. Come risultato di queste minacce abbiamo intenzione di portare la Rachel Corrie in un porto perchè possano salire a bordo personaggi più famosi e insistiamo con l'invitare a venire con noi i giornalisti di tutto il mondo.

E il sabotaggio può avvenire anche con le parole. Su Haaretz di oggi Barak Ravid ha detto,

"Sembra imminente una soluzione diplomatica per far si che la Rachel Corrie attracchi sana e salva nel porto di Ashod. Secondo i diplomatici europei e gli ufficiali del ministero degli esteria Gerusalemme, nei giorni passati ci sono stati scambi di messaggi molto pacati tra Israele e il gruppo delle persone sulla nave, per permetterle di attraccare in porto "

Anche questo è sabotaggio! Abbiamo chiamato Haaretz e il giornalista. Non ci hanno risposto nè richiamato.

NON ABBIAMO NESSUNA INTENZIONE, NE' L'AVREMO MAI, DI ATTRACCARE NEL PORTO DI ASHOD.

Contact: Greta Berlin 00 357 99 18 72 75

Mary Hughes, 00 357 96 38 38 09


fonte - freegaza.org

martedì 1 giugno 2010

Indegne dichiarazioni di un Ministro della Repubblica.

La pochezza politica e la mancanza del senso dello Stato, ha nuovamente colpito un membro dell’esecutivo. Dopo le allucinanti dichiarazioni del sottosegretario Mantica di ieri, oggi è stata la volta del responsabile del dicastero Frattini, che ha avuto la sfrontatezza di dichiarare che i sei italiani, che erano al seguito del convoglio umanitario “freedom flotilla”, non sono prigionieri di Israele. L’intervista è stata resa al tg3 delle 19 di oggi 1 giugno (appena disponibile segnalerò il link stabile al video).

Che sono stati sequestrati, che soggiornano in stato di detenzione, che subiranno un processo, e che avranno un decreto coatto di espulsione, è evidentemente quanto di più simile al concetto di libertà passa per la testa del signor Ministro.

Che siano stati vittime di una azione di pirateria, né più né meno come accade in prossimità delle coste di alcuni paesi africani a navi anche italiane, il Ministro di Berlusconi pare non essersene accorto. La formulazione per il “ritorno a casa” dei nostri connazionali è debole, servile e poco rispettosa di cittadini Italiani che hanno il diritto ad essere tutelati dal nostro governo nel momento che sono fuori dei confini nazionali e sono vittime di soprusi talmente evidenti da richiedere, come il governo Francese, il rilascio immediato, pena ritorsioni diplomatiche .

Dovrebbe mettersi il cuore in pace il Ministro e comprendere che questo paese che risponde al nome di Israele, ha aggredito uccidendo tra gli altri il comandante di una nave turca. Vogliamo ricordare al Frattini che con la Turchia condividiamo “l’alleanza atlantica”? Vogliamo ricordare che la Nato è nata proprio per garantire la reciproca assistenza nell’eventualità di una aggressione ad uno stato membro?

L’aggressione in acque internazionali è assolutamente assimilabile ad una aggressione al territorio nazionale.

Così come richiesto da altri paesi europei, il rilascio deve essere immediato .

Se quanto scritto sino ad ora può sembrare “formale”, di sostanziale c’è che oggi sono stati uccisi altri cinque civili palestinesi tra cui una signora di 65 anni.

Credo risulti difficile sostenere che fosse una pericolosa terrorista.

Di sostanziale c’è che o si è in grado, al di la delle proprie convinzioni e degli schieramenti politici di appartenenza,di svolgere il proprio ruolo, o è meglio dare le dimissioni e lasciare gestire le problematiche (di qualsiasi natura) inerenti italiani all’estero, a chi è in grado di farlo in maniera e misura più efficace, attraverso strumenti diplomatici e sanzionatori.

Assodato è che al Ministro non è bastata l’esperienza recente, che ha coinvolto nuovamente cittadini italiani in Afghanistan , e che, anche se terminata positivamente, sicuramente non è stato grazie alla sua perentorietà.

BEGIN

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