il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



martedì 10 agosto 2010

Caro Nichi, la nuova sinistra è eterosessista?

“a sinistra” è nato come blog che potesse essere un momento di discussione e confronto a sinistra. In questo momento politico, è a mio parere, forte lo sbilanciamento tra la ricerca di un leader e i contenuti che devono esprimere un progetto non solo politico ma della stessa società.
Ricevo e pubblico una mail dell’amico e compagno Valerio che ha indirizzato una lettera a Nichi Vendola in cui sollecita un chiarimento sul tema dei diritti e delle identità.


Mi auguro che confronti come questi aiutino al di la delle singole posizioni a migliorare la conoscenza e ritrovare unità di intenti all’interno del popolo della sinistra. 
Loris



Caro Nichi,

sono un giovane aderente a Sel. La mia storia politica inizia fuori dai partiti nell’associazionismo laico italiano, nel movimento studentesco e nel movimento LGBT che è stato ed è il mio principale impegno.

Ai partiti sono arrivato dopo tutte queste esperienze, timoroso, riluttante, preoccupato di avere a che fare con modalità della politica che avevo sempre guardato con sospetto, abituato in quanto cittadino gay 


a vedere le mie richieste, le mie aspirazioni e i miei bisogni essere sempre messi da parte, contrattati, sacrificati e poi dimenticati anche dal centrosinistra.

Iniziai con la preadesione a Sinistra Arcobaleno, per il legame e la stima politica con la capolista candidata nella mia città, quell’esperienza mi portò nel PRC per qualche mese, con la voglia di partecipare da lì ad 


un percorso unitario della sinistra e nello stesso modo mi fece uscire dal PRC per continuare coerentemente il mio percorso insieme alle compagne e ai compagni di Sinistra e Democratica e degli altri partiti che facevano 


parte di Sinistra Arcobaleno, o almeno di quelli che decisero di continuare il cammino per la costruzione di una nuova sinistra italiana.

In quel periodo vissi, anche nel circolo dove ero iscritto, nel circolo del mio quartiere dove oramai con molti ci si conosceva e si aveva un buon rapporto, la critica secondo la quale la sinistra aveva perso perché si occupava 


solo di “froci e zingari”, ricordo in particolare un dibattito nel circolo di presentazione delle mozioni, in cui “cornuto e mazziato”, per quanto il centrosinistra non avesse spostato di un millimetro verso l’Europa ma non solo, l’asticella dei diritti LGBT, sentivo dire che bisognava riprendere a occuparsi solo di lavoro e di lavoratori, che non c’era tempo e non serviva perdere tempo e voti a occuparsi dei diritti di tutti e dei miei, pareva finito il tempo delle rose e bisognava trovare il modo di inseguire un tozzo di pane, senza sapere più come.

Il dato confortante, nella disperazione di quelle discussioni fatte di regolamenti di conti, di recriminazioni, della ricerca di responsabili ma soprattutto di scuse e di capri espiatori per giustificare una sconfitta che non si voleva capire e per la quale non si riuscivano a trovare altre giustificazioni rassicuranti, era vedere che certe posizioni semplicistiche, di arretramento, razziste e omofobiche, non riuscivano a fare breccia, o almeno non più di tanto, nella mozione che sostenevo.

Oggi SEL ha avviato il percorso che la porterà al suo congresso e, leggendo il Manifesto proposto sembrerebbe di vedere che, nonostante tutto, quella linea stia passando in quella che, in sostanza, sarà una sorta di Costituzione per il nostro partito.

Credo anche io, come molte compagne e molti compagni, che si tratti di un buon documento, se guardo a quello che c’è.

Non posso però fare a meno di vedere anche che qualcosa manca, manca così tanto che l’assenza potrebbe sembrare una scelta politica.

Nel documento manca la laicità, manca la sessualità, mancano i corpi.

Le parola Libertà contenuta nel nostro nome diventa mezza pagina dedicata ad un tema importante come l’antiproibizionismo, ma lì sembra esaurirsi l’essere libertari, perdendo l’occasione di definirci fortemente laici, perdendo l’occasione di parlare di libertà nelle relazioni, nel costruire la propria vita e le proprie famiglie.

Le cittadine e i cittadini LGBT non sono mai nominat*, se non implicitamente in un generico rifiuto dell’omofobia che oramai si riesce a far esprimere più o meno da chiunque, ma in positivo niente.

Il manifesto è stato presentato a Genova  da Paolo Cento ed ero stato colpito da un suo passaggio, provenendo dai Verdi segnalava l’importanza che il tema dell’ambiente fosse portato avanti all’interno di una analisi generale e non relegato nel classico dipartimento ambiente.

Mentre lo ascoltavo pensavo al fatto che, per quanto riguarda i diritti civili, si era fatta una riunione un mese prima circa a Roma a cui avevo partecipato in cui con Alessandro Zan, Elettra Deiana ed altre compagne e compagni ci si era visti per fondare un forum diritti che, tra le altre cose, pensava di elaborare delle proposte su questi temi per il congresso visto che la bozza di manifesto usciva dalla segreteria.

Conosci bene il movimento LGBT e la sua storia e sai l’importanza che ha avuto in passato ma che continua ad avere oggi il tema della visibilità. Discutendo con Paolo Cento lui motivava questa assenza con la possibilità che la tua presenza fosse stata valutata simbolicamente così forte da dare questi temi per scontati.

Sappiamo tutt* quanto spesso la presenza di un esponente LGBT è servita a marginalizzare il tema dei diritti di cittadinanza di lesbiche, trans, gay e bisessuali invece che a dare loro la giusta importanza, quanto le parlamentari e i parlamentari provenienti dal movimento LGBT sono stati in passato lasciati soli.

Sai sicuramente quanto, spesso, il sottointeso e quindi il non detto faccia del male alle persone LGBT, come spesso sia l’altra faccia della discriminazione.

In politica spesso il sottointeso ha voluto dire poi sacrificare queste istanze, magari per inseguire qualche voto cattolico, o meglio clericale.

Credo che le cittadine e i cittadini LGBT in questo paese si meritino, già in grande ritardo, di essere pres* in considerazione, almeno nei manifesti visto che non lo sono ancora nella politica concreta di questo paese, e che SEL debba iniziare da subito, dal Manifesto, con un segnale di discontinuità, a considerare le cittadine e i cittadini LGBT parte integrata della società e quindi di un ragionamento complessivo invece di “segregarli” in un documento ad hoc scritto da alcuni dei militanti del movimento LGBT iscritti a SEL che rischi di finire, come sempre, dimenticato.

Se la sfida è davvero quella di ricostruire una sinistra riformatrice nella politica e innovativa nelle idee abbiamo bisogno di parlare chiaro,  se vogliamo dire che c’è un’Italia migliore non possiamo dimenticarci di una parte del paese a cui sono negati i diritti più elementari.


Mancano ancora mesi al congresso e si può evitare di perdere l’ennesima occasione, oppure possiamo regalare questi temi, su cui la sinistra dovrebbe avere molto da dire, al Ministro Carfagna, a Granfranco Fini e a FLI.







Valerio Barbini - Genova










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