1) Perché nuove pratiche e nuovi
linguaggi
Il nostro sistema politico è entrato in quella che
si può definire una “crisi sistemica”, quelli che avrebbero
dovuto essere degli anticorpi naturali, si sono rivelati per le
ragioni più diverse a volte dei sollecitatori in questa stessa
deriva. Partiti, leggi elettorali, governi tecnici e lo stesso
parlamento svuotato delle sue stesse prerogative nella metodica
legiferazione a botte di decretazione d’urgenza e fiducia.
In questa logica, quella componente (i partiti) a
cui la Costituzione dava la mediazione tra Stato e cittadini ha
reagito autoreferenziandosi, perdendo quel rapporto rappresentativo
verso quella che era la propria base elettorale. Sempre più sistemi
lobbistici o gruppi di interesse diventano referenti elettorali e
sempre meno il cittadino trova rappresentanza politica.
Dalla denuncia della “questione morale” di
Enrico Berlinguer, passando per il craxismo, approdando a
tangentopoli con episodi di “arresto della democrazia” come a
Genova nel 2001 e degenerare negli eterni conflitti di
interessi il percorso non ha mai avuto momenti di “ripensamento”.
I partiti hanno dato dimostrazione di non essere in grado di
“autoriformarsi” e sempre più la ricerca è quella di “alleanze”
che garantiscano “il controllo” che non i contenuti sui quale
misurare le capacità progettuali dei modelli sociali.
Gli effetti di quanto descritto sono evidenti a
tutti: antipolitica e disinteresse che si manifesta in astensionismo.
Le vittorie, spesso e volentieri, sono assegnate per abbandono, e a
governare, dai Municipi al Governo, restano spesso “minoranze”
poco significative commisurate ai cittadini in età elettorale.
E’ Gramsci che nell’aprile del 21 sull’”Ordine Nuovo” denuncia come l’antipartito ha aperto le porte al fascismo “...identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e amministrato". Per questa ragione l’impegno deve essere profuso per un riavvicinamento alla politica da parte dei cittadini per ridare un’etica alla politica.
E’ Gramsci che nell’aprile del 21 sull’”Ordine Nuovo” denuncia come l’antipartito ha aperto le porte al fascismo “...identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e amministrato". Per questa ragione l’impegno deve essere profuso per un riavvicinamento alla politica da parte dei cittadini per ridare un’etica alla politica.
2) Quale strada percorrere coerenti con la
Costituzione
A fronte di un quadro politico così desolante il
quesito da porsi è verso quale sistema politico rivolgere i nostri
pensieri e se la nostra stessa Carta Costituzionale risulti adeguata
considerando i risultati attuali.
Anche in questo caso i Costituenti si mostrarono
lungimiranti, e in quelle poche righe dell’art.3 confermano
l’attualità di quel patto.:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Sicuramente non conoscevano gli attuali sviluppi della “democrazia partecipativa” nelle diverse declinazioni e dei suoi percorsi di istituzionalizzazione, sicuramente però avevano compreso e ci comunicavano che l’azione partecipativa era il fulcro su cui l’impianto stesso del sistema politico della “Res Publica” si fondava.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Sicuramente non conoscevano gli attuali sviluppi della “democrazia partecipativa” nelle diverse declinazioni e dei suoi percorsi di istituzionalizzazione, sicuramente però avevano compreso e ci comunicavano che l’azione partecipativa era il fulcro su cui l’impianto stesso del sistema politico della “Res Publica” si fondava.
La “Nostra Rivoluzione” pertanto, sarà
compiuta non solo nel momento in cui saremo stati in grado di
attivare nei vari livelli della discussione e deliberazione processi
di democrazia partecipativa , ma, quando questo processo diverrà
culturalmente egemone.
Riappropriazione quindi da parte dei cittadini della
possibilità di partecipare attivamente alle scelte del paese con il
proprio contributo attivo.
Se i partiti non sono stati in grado di
autoriformarsi la riforma deve comunque avvenire, e dal basso,
esternamente e con i partiti, perché proprio per il mandato che gli
è stato conferito dalla nostra Costituzione l’ultima deliberazione
rimane voce della politica .
3) Proiezione su Genova
Come in altre città Genova è stata protagonista di
una mutazione nelle aspettative dei cittadini nei confronti della
propria amministrazione.
Anche se in una situazione di evidente minoranza,
rispetto al corpo elettorale le condizioni sulle quali riflettere
rispondono a grosse potenzialità, proprio nel recupero di quella
parte di “città” disillusa e potenzialmente “contro” a
prescindere.
All’elezione del Sindaco Marco Doria ha concorso
un entusiasmo diffuso di individui molti dei quali al di fuori delle
strutture dei partiti. Dopo la disillusione del post -“Sinistra
Arcobaleno” in molti e non necessariamente strettamente
legati all’ambito della sinistra hanno individuato un segnale di
potenziale cambiamento, che calato in una realtà governata da anni
di un certo “centro-sinistra” può dare una svolta alla stessa
cultura politica di questa città.
Non è casuale che un capitolo a parte del programma
di Marco Doria sia stato dedicato alla “Partecipazione”, ed è
evidente che questo processo non può e non deve, per quanta buona
volontà possa essere, gestita e calata da un solo soggetto come il
Sindaco che in considerazione dell’importanza del tema ha voluto
mantenere per se la delega.
Occorre a questo punto attuare quel programma, che
vuol dire dalla teoria passare al concreto confronto sia sulle
“tematiche” vive dei territori (municipi), sia sul come
interreagire tra cittadinanza attiva e istituzioni, affinché il
processo non risulti strumentale e finalizzato ad ingabbiare scelte
decise in altre sedi.
Chi in prima persona ha appoggiato quel programma,
ha il dovere di mettersi in gioco, attraverso le forme opportune
affinchè quel programma sia attuato, senza scorciatoie e/o
strumentalizzazioni, perché ciò non solo non favorirebbe le
aspettative, ma, darebbe un segnale di inaffidabilità che ricadrebbe
in modo fin troppo generico su tutti quanti hanno sostenuto il
rinnovamento e inevitabilmente alimenterebbe il sentimento dell’
“antipolitica”.
Genova 12-08-2012
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