E quando in Palazzo Vecchio, bello come un'agave di pietra,
salii i gradini consunti, attraversai le antiche stanze,
e uscì a ricevermi un operaio, capo della città, del vecchio fiume,
delle case tagliate come in pietra di luna, io non me ne sorpresi:
la maestà del popolo governava.
Guardai dietro la sua bocca i fili abbaglianti della tappezzeria,
la pittura che da queste strade contorte venne a mostrare
il fior della bellezza a tutte le strade del mondo.
La cascata infinita che il magro poeta di Firenze
lasciò in perpetua caduta senza che possa morire,
perchè di rosso fuoco e acqua verde son fatte le sue sillabe
Tutto dietro la sua testa operaia io indovinai.
Però non era, dietro di lui, l'aureola del passato il suo splendore:
era la semplicità del presente.
(Pablo Neruda)
(Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre1973)
2 commenti:
Bel ricordo, impossibile non ricordare questo grande compagno.
Ho sempre a portata di mano "confesso che ho vissuto" la sua autobiografia che acquistai appena uscì in Italia. Prosa, Poesia, Storia e Politica si mischiano in un libro che risulta un "manuale di vita" al quale guardare con la consapevolezza che uomini come lui ne passano pochi di fronte alle nostre finestre del "conoscere".
Posta un commento