Fabrizio De André
(Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999)
Caro Faber,
Quanti Geordie o Michè o Marinella o Boca di Rosa vivono accanto a me, nella mia città di mare, che è anche la tua, la nostra.
Anch’io ogni giorno, come prete, verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e per chi ha fame.
Tu, amico Faber, ci hai insegnato a distribuirlo.
Non solo tra le mura del tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione, nell’emarginazione, nella carcerazione.
E ho scoperto con te, camminando per la via del Campo, che dai diamanti non nasce niente. Dal letame sbocciano i fiori, veramente.
La tua morte, Faber, ci ha migliorati, come sa fare l’intelligenza.
Abbiamo riscoperto tutta la tua antologia dell’Amore (e una volta tanto la vocale in maiuscolo è doverosa davvero…): una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà.
Ma soprattutto il tuo ricordo e le tue canzoni ci stimolano ad andare avanti.
Carissimo amico, caro Faber, tu non ci sei più, ma restano i migranti, gli emarginati, i pregiudizi, i diversi. Restano l’arroganza, il potere, l’indifferenza…
La Comunità di San Benedetto ha aperto una porta nella città di Genova, e già nel 1971 ascoltavamo il tuo album Tutti morimmo a stento.
E in comunità bussano tanti personaggi: derelitti, abbandonati, puttane, tossicomani, impiccati, aspiranti suicidi, traviati, travestiti, adolescenti persi, bimbi impazziti per la guerra e l’esplosione atomica.
Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente, che era ed è la nostra vita quotidiana nella comunità e nella città vecchia, abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, dalla solitudine può sorgere l’amore come ad ogni inverno segue la primavera.
E’ vero, caro Faber, loro, gli esclusi, i loro occhi troppo belli, sappiano essere belli anche ai nostri occhi, troppo annebbiati. A noi, alla nostra comunità, che di quel mondo siamo e ci sentiamo parte.
Ti lasciamo cantando la Storia di un impiegato e la Canzone di maggio, che ci sembra sempre tanto attuale.
Ti sentiamo così vicino e così stretto a noi quando con i tuoi versi dici: ‘e se credete che ora tutto sia come prima, perché avete votato la sicurezza e la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare, verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte. Per quanto voi vi sentiate assolti, siete per sempre coinvolti’.
Caro Faber, tu parli all’uomo, amando l’uomo, perché stringi la mano al cuore e risvegli il dubbio che Dio esiste.
Grazie,
i ragazzi, le ragazze, don Andrea Gallo, prete da marciapiede…
Il ricordo di Fernanda Pivano di alcuni anni fa
In un vortice di polvere
gli altri vedevan siccità,
a me ricordava
la gonna di Jenny
in un ballo di tanti anni fa.
Sentivo la mia terra
vibrare di suoni, era il mio cuore
e allora perché coltivarla ancora,
come pensarla migliore.
Libertà l'ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato.
Libertà l'ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo,
per un compagno ubriaco.
E poi se la gente sa,
e la gente lo sa che sai suonare,
suonare ti tocca
per tutta la vita
e ti piace lasciarti ascoltare.
Finii con i campi alle ortiche
finii con un flauto spezzato
e un ridere rauco
ricordi tanti
e nemmeno un rimpianto.
6 commenti:
Siamo in tanti a pensare a Faber oggi. Bei ricordi, da belle persone.
ascoltavo, ascolto e ascolterò Faber!! Per sempre Faber.
volevo dirti che non sono sparita...ho cambiato nome al blog e ho notato che in realtà risulta come rimosso.
Il nuovo link è questo
http://kamalainrosso.blogspot.com/
Ciao e buona giornata
Faber siamo noi Loris, e continueremo a esserlo! Questa è la cosa più importante! Grazie del post, un abbraccio
Però, siete dei furbacchioni...questo testo di don Gallo è proprio quello che ho postato io sul sito dei Cavalieri della Luce...mi chiamo Alessandro e sono un giovane psichiatra di Genova...non mi dispiace, anzi sono felice di aver contribuito a far girare e conoscere queste parole...c'è un errore poi: la parola arroganza ripetuta 3 volte: in realtà volevo scrivere, dopo arroganza, ignoranza. Poi, quando dico che 'Andrea usa un'altra parola...' ecc, ha usato il termine 'puttana', ma sapete, dato il contesto...poi ancora: 'una volta tanto la parola Amore è giusto scriverla in maiuscolo', sì perchè i sepolcri imbiancati di quel sito abusano di questa parola e per di più, sempre, scrivendola in maiuscolo...
Ecco, questo è tutto, ma davvero, sono molto felice se, seppure inconsapevolmente, in qualche modo ho ho contribuito alla conoscenza di questo ricordo di un grand'uomo da parte di un altro grande uomo.
Ciao a tutti,
Alessandro
ti ringrazio per la segnalazione,a conoscenza del testo ho cercato sul web l'originale e la firma "i ragazzi, le ragazze, don Andrea Gallo, prete da marciapiede…" mi sembrava esustiva sull'autore, mi spiace anzi che sono incappato in un testo modificato per il grande pubblico. Piuttosto che modificare per addolcire o rendere meno "chiaro" non pubblico.
ps.In realtà avrei voluto pubblicare la foto del manoscritto, ma era poco leggibile,e il testo sul blog di "Aliberti Editore" dava problemi di formattazione.
Ho apportato le modifiche che mi sono state pertanto segnalate, dando nuovamente la legittima proprietà di questo testo a "i ragazzi, le ragazze, don Andrea Gallo, prete da marciapiede…"
Grazie Loris
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