Scopo della mostra era portare a conoscenza, ciò che accade nei territori occupati da Israele, alle popolazioni palestinesi.
Per usare un termine entrato recentemente nel lessico di sinistra, è una “narrazione” di soprusi, di abusi, di lotta per i diritti più elementari di un popolo che ostinatamente rivendica il proprio diritto a esistere: il popolo palestinese.
La “narrazione” è quella di un muro che squarcia per chilometri il territorio cisgiordano defraudando dei mezzi di sostentamento agricoli le popolazioni che per millenni si sono alimentate di pastorizia e di coltivazione degli ulivi.
La “narrazione” e quella di gente comune che armata delle proprie bandiere e dei propri corpi sistematicamente pratica una Resistenza non violenta agli occupanti israeliani.
Loris
La prima risposta è arrivata sul blog di Miryam Marino della rete ECO (Ebrei contro l’occupazione) (clicca per la risposta), io voglio riportare una lettera inviata a Nichi Vendola dal gruppo che si è recato in Palestina con l'Associazione per la Pace dal 19 al 26 aprile 2011.
Tu quoque Nichi?
Caro Nichi,
Dicci che non è vero e che è stato tutto un terribile equivoco. Non hai mai descritto Israele come “un Paese che ha trasformato aree desertiche in luoghi produttivi e in giardini”. Non ne hai mai parlato come di “un Paese che si confronta col tema mondiale del governo del ciclo dell’acqua” senza dire che nei territori occupati il ciclo dell’acqua consiste nel sottrarre l’acqua ai palestinesi per annaffiare colonie illegali. E’ stato quel furbacchione dell’Ambasciator Meir a “confondere un po’ le acque”? E allora perché non pubblicare una bella smentita?
Ti hanno già scritto in molti e lo ha già fatto molto bene Myriam Marino, ci siamo anche noi: un bel gruppo di persone le più diverse appena tornate da un “viaggio di conoscenza” in Israele e Palestina, pensa. Uno di quei bei viaggi organizzati dall’Associazione per la Pace di Luisa Morgantini, un viaggio che nessuno di noi dimenticherà mai, che è appena cominciato e che vogliamo continuare, anche con te se ne avrai voglia e curiosità.
Si dice che la Sinistra sia molto più brava a fare autocritica che a criticare i propri avversari. E infatti eccoci qua, a esercitare la nostra critica, tanto forte quanto forti sono le nostre aspettative nei tuoi confronti. Molti di noi sono “di sinistra”, alcuni di noi militano nelle file di Sinistra, Ecologia e Libertà. C’è anche chi non vede l’ora di vederti a capo di un governo che traduca sogni di giustizia in realtà quotidiana.
Tutti noi crediamo che essere “radicali” non voglia dire essere “faziosi” e per forza “oppositivi”, ma essere in grado di arrivare alle radici delle cose, per capirle, interpretarle e tentare di dare risposte a questioni che sembrano difficili da risolvere.
Siamo contrari a battaglie identitarie che servono solo a dare un’etichetta a chi si sente perso senza un simbolo appiccicato addosso. Crediamo che oggi più che mai sia necessario studiare e reinterpretare il mondo. Neanche a te piacciono gli slogan vuoti e anche tu hai sempre voglia di imparare. E’ finita l’epoca della fedeltà assoluta ad una “causa superiore”, bisogna coltivare il dubbio, siamo d’accordo. Ma alcune battaglie vanno portate avanti con convinzione. Per questo abbiamo superato i dubbi di Pasolini su Israele e il mondo arabo e non abbiamo dubbi da che parte stare quando si parla dei Territori Occupati. Ogni tanto fa anche bene sentirsi nel giusto.
A noi ha fatto bene manifestare contro il Muro a Bil’in insieme ai comitati palestinesi di resistenza popalare, ballare a Sheik Jarrah con i giovani israeliani strillando a una voce “One, two, three, four…occupation no more!”. Davanti a noi, due coloni che facendo finta di niente leggevano il Talmud seduti sul divano in cortile. Hanno ignorato noi come ogni giorno ignorano l’anziana profuga palestinese, a cui hanno occupato la casa assegnata dall’UNRWA ma che in quel cortile ha deciso di viverci lo stesso, sotto una tenda.
Ci ha fatto bene conoscere gli Human Supporters di Nablus che aiutano i bambini a superare il dolore, e ci ha fatto bene vedere quel che riesce a fare il Rehabilitation Centre di Hebron in una città militarizzata da 5000 soldati venuti a proteggere i 400 coloni che hanno occupato il centro storico rendendo la vita impossibile ai palestinesi. Tutto questo ci ha fatto bene, ma ci ha fatto anche soffrire, perché l’ingiustizia fa soffrire, come fanno soffrire i racconti di violenza inaudita che ci sono stati riferiti dalle stesse vittime, anime di un assurdo purgatorio che chiedono di riportare in terra la loro verità.
Nichi, lo sai che nell’ “unico Stato democratico del Medio Oriente”esistono le prigioni per i morti? Quelle dove i palestinesi marciscono, letteralmente, per scontare pene di 250 anni?
Noi comprendiamo le ragioni diplomatiche che ti spingono a parlare anche con l’Ambasciatore di uno Stato che pratica l’apartheid, ma è davvero necessario sposarne e diffonderne la propaganda? Non dobbiamo dirti noi che già nella Bibbia la Palestina è identificata come la terra dove scorrono latte e miele: non è stato certo lo Stato di Israele a renderla fertile.
Semmai, lo Stato di Israele sta utilizzando i territori abitati dai palestinesi come discariche.
E a proposito di tecniche d’avanguardia, lo sai che dalle belle oasi che si sono costruiti in Cisgiordania i coloni aggrediscono i bambini palestinesi che per andare a scuola senza fare deviazioni chilometriche osano avvicinarsi a loro? E sai che non lontano dalle meravigliose palme piantate dai coloni nella Valle del Giordano esistono villaggi di beduini dove l’acqua potabile non passa perché è stata deviata? Siamo andati a conoscerli i bambini di questi villaggi, abbiamo visto le loro scuolette fatte coi copertoni delle macchine (anche grazie all’aiuto della cooperazione italiana), abbiamo visto le tende dove fanno lezione in attesa che sia pronta la scuola di fango intitolata a Vittorio Arrigoni: qualche mattone l’abbiamo messo pure noi, simbolicamente, per testimoniare la nostra vicinanza. Giardinetti per loro non ce ne sono, e qualcuno vorrebbe che neanche loro fossero lì.
Come a Gerusalemme, dove i palestinesi non possono costruire case nemmeno sulla terra che appartiene a loro. E i figli devono arrangiarsi altrove, perdendo in questo modo per sempre la residenza.
E allora Nichi, questa terra che in tutto sarà grande come la tua Puglia, bisogna conoscerla tutta per saper distinguere gli orrori dalla speranza, per capire che anche chi sta male a volte non si arrende. Per denunciare chi, nel nome di una religione e di una cultura, fa terra bruciata intorno a sé, teorizzando e riuscendo a far passare il messaggio che i suoi diritti valgono più dei diritti degli altri.
Lo stato di Israele sarà pure denso della cultura ebraica che tutti apprezziamo, ma cosa c’entra questa cultura con le prevaricazioni che subiscono i palestinesi?
Infine, riguardo al tuo desiderio di “sviluppare reciprocamente le attività turistiche”, ci chiediamo: è per difendere questa cultura che quegli uomini e donne di ghiaccio del sistema di sicurezza israeliano hanno sottoposto noi “turisti” italiani a un vero e proprio interrogatorio sulla via del ritorno, all’aeroporto di Tel Aviv?
Terrorismo psicologico, il loro, roba da farti venire la tremarella. L’accusa, gravissima, quella di “essere dei volontari”.
Pensa che curioso, ci hanno accusati di essere venuti in Israele “solo” per aiutare i palestinesi, e hanno voluto le prove che fossimo stati nei posti giusti: posti, ad esempio, come i giardini di Haifa di cui sono (siete?) tanto orgogliosi. Fra le tante foto “compromettenti”che hanno visto dopo averci requisito la macchina fotografica è spuntata fuori anche quella dei giardini di Haifa. Meno male, siamo particolarmente sensibili ai giardini.
Ci vuoi venire a vedere i giardini e le palme con noi? Noi ti ci portiamo volentieri, ma poi facciamo anche un viaggio nei villaggi e nelle città palestinesi.
Con la stima che non vogliamo perdere,
Giovanna Bagni, Giulia Bellandi, Sara Bellandi, Franca Bocci, Raffaele Boiano, Sergio Caldaretti, Bernardetta Casa, Carla Consonni, Davide Costa, Nicola Costa, Silvia Dal Piaz, Marco De Luca, Francesco Del Bove Orlandi, Rosa Di Glionda, Francesca Fanchiotti, Gabriella Fazzi, Ornella Fiore, Liana Gavelli, Isa Giudice, Valentina Loiero, Maria Grazia Lunghi, Giovanna Manaccia, Paola Marazziti, Marcello Musio, Mariella Pala, Cristiana Paternò, Marco Pecci, Ivan Proto, Alice Proto, Elisabetta Schintu, Stefania Spiga, Massimo Tesei, Edvino Ugolini, Carolina Zincone, Biancamaria Zorzi
Questo è il trailer di un filmato che documenta in maniera assolutamente sconvolgente, le condizioni di vita nei territori occupati. In particolare viene anche documentata l'attività degli attivisti internazionali (il giovane inglese sulla carozzella), per il riconoscimento dei diritti del popolo Palestinese
la mostra "Bil’in my love" sarà replicata a luglio all'interno delle iniziative del decennale 2001-2011.