il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



sabato 30 giugno 2012

30 giugno 1960 - le giornate di Genova - Pagine di Storia

Ricordare il 30 giugno e le giornate del luglio 1960 può risultare un esercizio retorico di memoria di un clima politico, etico e morale che oggi non trova riscontri. Credo pur tuttavia che guardare a distanza di 52 anni a quegli avvenimenti risulti un necessario monito a tutti coloro che in modo, spesso spregiudicato, si affacciano alla politica confidando nei buoni auspici della comunicazione mediatica e degli effetti speciali.
I moti Genovesi, i morti di Reggio Emilia e in Sicilia del giugno-luglio 60 sono il tributo di un movimento che rifacendosi ai valori della Resistenza ci ha consegnato un paese da ricostruire materialmente e culturalmente dopo il disastro del Fascismo.

Se oggi siamo nelle condizioni di dover nuovamente ricostruire materialmente e culturalmente il nostro paese soggiogati da poteri economici nazionali e sovranazionali è perchè troppo spesso siamo un popolo senza memoria.


(tratto da "Le Giornate di Genova" di Anton Gaetano Parodi - Editori Riuniti)

...Ai piedi delle lapidi del Sacrario dei Caduti montagne di garofani rossi. Dall'alba la "giornata dell'antifascismo" si è annunciata con i fiori, che da tutti i punti della città, anche dalla lontana periferia, affluiscono, nell'ininterrotto pellegrinaggio di uomini e di donne, al Sacrario. 
La città si è destata sotto un cielo chiaro e terso. Ma è sembrata riluttante ad iniziare la solita operosa vita quotidiana. 
Scarsi gli automezzi che circolano per le vie del centro. 
Nel corso della notte sono giunti rombando lungo la camionale Genova-Serravalle colonne di gipponi carichi di agenti. 
Altri rinforzi sono giunti dall'Aurelia. I fascisti hanno fatto correre la voce di avere tremila uomini armati pronti a dar battaglia e altri settemila che in meno di un' ora possono accorrere in città. Di certo si sa soltanto che i delegati fascisti hanno cominciato a giungere e sono alloggiati nei principali alberghi cittadini. Qualcuno tra essi con la prima colazione ha ricevuto un messaggio che non è affatto augurale: "Carogna, vattene da Genova". Altri nel riporre i loro abiti hanno trovato incollato dietro le ante degli armadi biglietti sui quali è scritto: "A Genova non c'è posto per i massacratori fascisti". Nella città e nelle delegazioni operaie non un sintomo di nervosismo. 
Neanche quando arriva la notizia di concentramenti di bocche da fuoco sulla piazza di Granarolo. Non è la prima volta che la città vive sospesa al filo di una tale minaccia. 
Il prefetto Garroni, nel 1900, aveva fatto puntare i cannoni sul porto, su Sampierdarena e su Sestri; nel 1945 il Comando nazista pretendeva di poter lasciare incolume con le sue truppe la città minacciando, in caso di un attacco partigiano, la distruzione di Genova ad opera delle batterie piazzate su Monte Moro e sulle altre alture. 
La mattina del 30 giugno trascorse in una atmosfera tesa, ma senza una incrinatura. 
Alle 14 si iniziò lo sciopero generale proclamato dalla C.C.d.L.: un momento intensissimo quello in cui, aperti i cancelli delle fabbriche, il numero crescente di lavoratori che si riversano per le strade testimonia che la classe operaia genovese ha accolto come un sol uomo l'appello alla lotta dell'organizzazione sindacale unitaria appoggiato da una dichiarazione comune dei cinque partiti democratici. 
I servizi tranviari sono stati protratti fino alle 15 per consentire ai lavoratori di raggiungere il centro della città. Vetture tranviarie, autobus e "celeri" dalle 14 in poi sembrano viaggiare stracarichi di passeggeri a senso unico dalle delegazioni a Principe. 
Il concentramento è stato fissato in piazza Dell’Annunziata. Da li si muoverà un corteo che raggiungerà il Sacrario dei Caduti, dove montano per primi la guardia d'onore i membri del CLN Liguria e i comandanti partigiani con i gonfaloni di Torino e di Genova. 
Il corteo lascia piazza dell'Annunziata alle 15,30. Lo guidano i capi della Resistenza genovese e italiana, il primo presidente onorario della Corte di Cassazione, Domenico Peretti Griva, la vedova del gen. Perotti, il prof. Tubino, presidente dell'Associazione dei familiari dei caduti di Torino, dirigenti sindacali e politici, deputati e senatori e avanti tutti i gonfaloni di Novara, La Spezia, Reggio Emilia, Sestri Levante e il medagliere partigiano della città di Cuneo. Uno spettacolo di forza impressionante; indescrivibile, il corteo si ingrossa via via, diventa un fiume, un mare di uomini, di donne, di giovani, una colonna lunga oltre due chilometri: centomila genovesi, centomila voci che intonano l'inno di Mameli, un coro possente. I partigiani con il bracciale tricolore si danno la mano formando una catena interminabile lungo i margini della marea avanzante. La parola d'ordine è quella di evitare qualsiasi provocazione e di non fornire alcun pretesto alle forze di polizia presenti. 
Una lunga colonna di camionette, completata da due idranti, occupa il lato di piazza De Ferrari, prospiciente la società Italia; qualcuno riconosce il funzionario che la comanda, il 
dottor Curti, che l'on. Adamoli denunciò alla Camera per violenze anti-operaie e non può non avvertire una vaga inquietudine. 
Agenti di polizia sono dislocati attorno ai cantieri delle imprese che stanno costruendo i sottopassi di piazza De Ferrari, altri tra le macerie di Piccapietra, l'antica Portoria, dove sorgerà un nuovo quartiere, persino sui muri già demoliti a metà o appena eretti, dal basso sembrano soldati nazisti tra le macerie di una città conquistata, altri ancora distesi a cordone sul terrazzo della Chiesa di S. Stefano che guarda dall'alto via XX Settembre, numerosi reparti con automezzi stazionano sul Ponte Monumentale. La presenza di così ingenti forze di polizia mentre sta manifestando a Genova e in Italia l'antifascismo non ha soltanto il sapore di una provocazione ordita ad arte, ma di una scelta fatta dai responsabili della vita nazionale, dai dirigenti, ministri e non ministri, del partito della Democrazia Cristiana. 
Imperioso sorge il ricordo di quanto avvenne nel 1922 con l'acquiescenza, dapprima, e la collaborazione, poi, dei "popolari" al primo gabinetto Mussolini e poi la fine delle libertà per tutti, anche per i "popolari". L'on. Tambroni non è forse un "popolare" che rinnegò la propria fede politica e in una ormai famigerata e nota lettera a Mussolini si prosternò al duce del fascismo? La minaccia fascista è ormai nelle cose, negli uomini, nei fatti. La minaccia fascista è lo stesso governo DC-MSI che fa circondare da un esercito di poliziotti una manifestazione chi: si richiama alla Resistenza e chiede il rispetto della Costituzione. 
Il corteo prosegue ordinato, dilaga per via XX Settembre, arresta dinanzi al Sacrario dei Caduti, vi depone il proprio omaggio e prosegue per piazza Della Vittoria. Il segretario della C.C.d.L. Pigna pronuncia un discorso in cui afferma che la classe operaia genovese non permetterà ai relitti della sanguinosa avventura mussoliniana di rimettere piede nella città che li ha scacciati il 25 aprile. Alle 19, annuncia Pigna, è convocato l'Attivo sindacale della Provincia per decidere le ulteriori manifestazioni di lotta. 
Centomila persone cominciano a disperdersi, migliaia risalgono via :xx Settembre per portarsi in piazza De Ferrari e di lì a Caricamento, ai capolinea tramviari.

Piazza De Ferrari è di nuovo gremita. Sono le 17 quando, come scrissero l'indomani i giornali, all'improvviso si scatena l'inferno. Le camionette della "celere" aggrediscono i manifestanti con violenza mentre gli idranti cominciano a vomitare acqua. I comandanti partigiani presenti cercano inutilmente di evitare ciò che sta accadendo. Gli aggrediti sono giovani già provati il 25 giugno, e uomini di tutte le età e di tutte le professioni; la reazione comune è analoga, immediata. Una prima camionetta viene rovesciata e incendiata dinanzi alla sede della Società Italia, una seconda nel centro di Piazza De Ferrari, una terza all'imbocco di via Roma. Nove automobili private colpite dalla bombe lacrimogene vengono avvolte dalle fiamme. Le vie laterali a piazza De Ferrari e i vicoli di porta Soprana sono disselciati. I dimostranti rispondono con la violenza alla violenza, ma rivelano di saper distinguere, anche quando l'ira divampa più alta, tra i mandatari e gli esecutori degli ordini: numerosi agenti feriti sono soccorsi e caricati sulle ambulanze dagli stessi antifascisti, un ufficiale colpito cade nella vasca piena di acqua che è al centro di piazza De Ferrari e viene tratto in salvo da alcuni giovani. Altri giovani scortano oltre il luogo dove infuria la mischia un Capitano dei Carabinieri trovatosi isolato e lontano dai propri uomini. 
Sono queste, assieme a tante altre, le cose che né l'on. Tambroni, né l'on. Spataro hanno potuto dire in Parlamento. 

Essi non hanno potuto dire, perché le alte gerarchie ecclesiastiche e gli americani che ne hanno appoggiato il governo lo impedivano, che la battaglia antifascista di Genova ha avuto il suo centro di irradiazione sul Sacrario dei Caduti Partigiani, che da questo Sacrario, queste lapidi sono state per giorni e giorni la meta dei democratici genovesi, liguri, italiani, che ad esso si sono diretti tutti i cortei, ogni giorno, come al luogo dove il patto della Resistenza rivive nel non retorico sacrificio dei morti. Tambronì e Spataro non hanno potuto e voluto dire quanti fiori mani di donne di tutte le età, vi hanno deposto, ad ogni ora, in ogni minuto delle giornate di giugno, quante madri, quante sorelle e quante spose hanno attinto a queste lapidi la certezza della giusta lotta dei loro mariti, padri, fratelli. 
Questi rappresentanti di un mondo che crolla, ovunque ancora impone il suo sistema, che dalla Corea , alla Turchia, al Giappone, all'Africa è chiamato alla resa dei conti dalla nuova dignità umana dell'Era del Socialismo e degli Sputnik, hanno dovuto nascondere le proprie vergogne e le proprie colpe dietro il consunto paravento dell'anticomunismo. 
Dieci morti per le strade d'Italia rivestono di tragico le menzogne della "rivoluzione comunista" fallita, degli "attentati comunisti" alle istituzioni democratiche dette da uomini che, al fianco dei fascisti, si sono messi fuori e contro le norme costituzionali. 
Si legga l'elenco degli arrestati delle "giornate genovesi", essi rappresentano tutte le professioni e tutti i mestieri. E si rileggano le dichiarazioni governative rese ai due rami del Parlamento e appariranno, crudele ormai, il paradosso di una "rivoluzione" disarmata, ed eroica la realtà degli antifascisti, comunisti, socialisti, repubblicani, socialdemocratici, senza partito, inermi contro i bastoni e i mitra della polizia. 
Alle 19 la battaglia sta assumendo proporzioni allarmanti. Un parlamentare comunista, l'on. 
Adamoli, tenta di mettersi in comunicazione con la prefettura e la Questura. Un funzionario gli risponde che è "necessario dare una lezione". Alle 20,30, mentre su tutto il centro cittadino grava una pesante nube di gas lacrimogeni e alte colonne di fumo si levano dagli automezzi incendiati, gli appelli al buon senso hanno finalmente buon esito. 
Il presidente dell'ANPI, l'ex partigiano "Gregori" Giorgio Gimelli, a bordo di un'auto sulla quale viaggia anche un funzionario di polizia, raggiunge la zona degli scontri. Dall'alto della stessa automobile "Gregori" parla ai dimostranti. E' sufficiente la sua voce, la voce di un comandante partigiano, l'impegno che le forze di polizia saranno ritirate, per avviare a normalità la situazione. Nulla sarebbe accaduto se la polizia non avesse aggredito gli antifascisti. Ma forse più che di una aggressione si è trattato di un collaudo della propria efficienza in vista delle prossime 48 ore. Un collaudo costato caro: centosessantadue tra funzionari, ufficiali e agenti della "Celere" feriti o contusi, una quarantina di dimostranti feriti, di cui nove ricoverati, un centinaio di fermi che durante la notte si dimezzano. 
Nel centro della città l'aria è ancora irrespirabile per i gas lacrimogeni e piazza De Ferrari ingombra di carcasse annerite di camionette e automobili, di sassi, di putrelle di ferro e di travi, è la scena non ancora deserta della battaglia non ancora conclusa, quando nel salone della Società di Cultura, in via G. D'Annunzio, dinanzi ad un pubblico foltissimo, il primo presidente onorario della Corte di Cassazione, Domenico Peretti Griva, documenta, sulla base della XII disposizione, l'anticostituzionalità del MSI. Dalla Società di Cultura, che nei giorni precedenti è stato un attivo centro antifascista, parte la notte stessa, diretto all'ono Gronchi, un telegramma che chiede la messa al bando del partito esaltatore dei carnefici nazifascisti. 
Anche a Torino, la stessa sera, la polizia carica i partecipanti ad una manifestazione antifascista. 
I fatti di Genova hanno una immediata eco alla Camera. La seduta, nonostante l'ora tarda è ancora in corso, quando l'on. Natta, informa dell'accaduto i deputati presenti. I parlamentari si levano in piedi e gridano: 
"Viva Genova!"




testimonianza di Giordano Bruschi






















venerdì 29 giugno 2012

Strozzinaggio di Stato



Viviamo in uno Stato in cui è stato legiferato contro l’usura.
Viviamo in uno Stato in cui si sta legiferando affinchè lavoratori, si trovino nelle analoghe condizioni di chi cade vittima dell’ usura.
Nella riforma del lavoro voluta dal ministro Fornero , oltre ai più conosciuti attacchi alle tutele dei lavoratori come nel caso dell’art.18 , spicca per la sua iniquità e per le possibili ripercussioni, il trattamento riservato al popolo delle “Partite IVA”.
Negli ultimi anni a causa della perdita di posti di lavoro, e della mancanza di stabilizzazione, dovuta a tutte quelle forme contrattuali che determinano una precarietà a tempo indeterminato, molti soggetti hanno fatto la scelta dell’apertura di una Partita Iva nella speranza di poter, attraverso le proprie capacità, comporre un reddito che possa rispondere alle attuali esigenze di vita.
E’ inevitabile che più la massa di questi lavoratori si è allargata e più bassa risulta la capacità reddituale.
Prendiamo in esame chi ha una Partita IVA e non è iscritto a nessuna cassa previdenziale professionale , per cui, il riferimento contributivo è unicamente la “gestione cassa separata dell’INPS”.
Le contribuzioni sociali sono finalizzate prevalentemente al conseguimento, a fine lavoro di una pensione che accompagni nella vecchiaia un lavoratore.
Con l’attuale sistema il lavoratore autonomo, legato alla “gestione cassa separata” nell’ipotesi di un pensionamento “domani” percepirebbe poco più di 500 euro.
I versamenti contributivi servono anche per garantire una rete di ammortizzatori sociali che intervengano nei così detti momenti di crisi.
Per il lavoratore autonomo legato alla “gestione cassa separata” questi ammortizzatori sociali sono praticamente inesistenti. Non esiste neanche una indennità di malattia che intervenga nel caso in cui il lavoratore è impossibilitato a produrre reddito in quanto malato.
Se già risulta una enormità l’aumento che ci fu con la finanziaria del 2007 voluta dall’allora ministri Bersani e Visco da circa il 21 al 27% , il voler portare l’aliquota al 33% risulta un crimine contro i lavoratori e contro il lavoro, una autentica azione di sciacallaggio nei confronti di lavoratori.
La finalità rapace è evidente nel momento in cui non vengono resi i servizi che vengono corrisposti ad altri lavoratori con analoga aliquota contributiva e con maggiori garanzie di continuità nel lavoro.
Il sistema di strozzinaggio invece avviene direttamente attraverso il sistema degli acconti, per cui se io quest’anno ho una base di conteggio 10, l’anno prossimo non posso permettermi minori incassi di quel 10 perché l’acconto richiesto si insinuerà nel totale delle minori entrate, indebitando e rendendo spesso il contribuente moroso in quanto impossibilitato a far fronte di un onere che materialmente non ha. Di li alle cartelle di equitalia il passo è breve e i pignoramenti le aste e i fallimenti personali diventano una costante nei confronti di lavoratori che non hanno tutele ne sindacali ne lobbistiche.
Altro aspetto della riforma Fornero, sul tema specifico, è l’individuazione delle “finte partite IVA” che ha come discriminante il livello di “guadagno” dallo stesso committente nell’anno solare. E’ stomachevole riscontrare come, dopo che è stato precarizzato il mercato del lavoro, con la frammentazione delle professionalità, e l’abbattimento dei costi per i committenti nella marea di contratti dalla tipologia diversa, oggi si convogli centinaia di migliaia verso una zona di non lavoro perché il lavoro “NON E’ UN DIRITTO” ma un privilegio che macellai sociali dispensano, ma soprattutto tolgono ad intere generazioni di lavoratori.
Questa riforma se non interverranno fatti nuovi sarà un autentico genocidio sociale.

Loris

propongo di trovare forme di coordinamento per dare delle risposte nel più breve tempo possibile
per contatti   mail : indemocrazia@yahoo.it 

link utili : corriere della sera

venerdì 22 giugno 2012

Doria - Prove di Democrazia Partecipativa

A seguito della decisione della giunta del Comune di Genova del via al primo lotto di lavori per il terzo valico, si è aperta una discussione tra cittadini interessati direttamente o indirettamente e la politica che detiene lo strumento deliberativo per questi interventi.
 Senza voler entrare nel merito più tecnico e argomentato di chi osteggia quest’intervento infrastrutturale, sono rimasto profondamente colpito dalla lettera dell’Insegnante, membro del Comitato "Proteggiamo Villa Sanguineti".
clicca sulla busta per leggere la lettera lettera Insegnante,Comitato "Proteggiamo Villa Sanguineti"

 Tra i vari punti presi in esame, la lettera affronta quello che ritengo l’elemento più significativo del “vento nuovo” dell’amministrazione Doria: “la Partecipazione”.
 Possiamo anche ipotizzare che l’insegnante guardi all’infrastruttura del “terzo valico” con modalità ideologiche, mentre elenca le ricadute sui territori interessati, ma, sicuramente il passo si modifica nel momento che rivendica la possibilità di essere interpellata in quanto cittadina, in quanto a comunità di cittadini su quelle che sono scelte che coinvolgono tutta la comunità.
 Non è un mistero che il Sindaco Doria, in campagna elettorale, ha più volte rimarcato la necessità di allargare la partecipazione dei cittadini in quelle che sono le scelte progettuali della città, e, non è un mistero che l’amministrazione precedente, pur avendo promosso un “dibattito pubblico” sulla gronda coinvolgendo i cittadini che interreagivano con quell’opera, nel momento che il parere della commissione tecnica del dibattito pubblico era negativo, e si rifaceva per lo meno in parte a chi era contrario all’opera ipotizzando l’opzione zero, ebbene, la direzione politica dell’amministrazione, ignorava volutamente le risultanze del lavoro del prof. Bobbio quale responsabile del “dibattito pubblico”.
 La manipolazione di questi processi, un po’ per ignoranza, un po’ per malafede, va a produrre sempre più quello scollamento tra cittadini e politica che determina da una parte derive populiste e dall’altra la disaffezione al diritto di voto, riducendo la capacità rappresentativa degli eletti a ristretta elite di privilegiati che arrivano a determinare le condizioni di vita di un numero di cittadini ben superiore di quelli che hanno attraverso il voto accordato rappresentanza.
 Alla base di questi processi partecipativi resta comunque la necessità di una informazione trasparente. Sicuramente meno sono i cittadini che vengono coinvolti nel processo informativo e più si aprono spazi di discrezionalità che mal si addicono alla moderna democrazia europea.
 L’informazione e la conoscenza però devono essere nella fase precedente alle decisioni, per non turlupinare il cittadino, e, l’informazione deve riguardare il progetto nel suo complesso e non effetti marginali per quanto importanti,. Di Erzelli ad esempio sarebbe interessante conoscere più a fondo come si voglia dare autonomia energetica all’intera opera, o riuscire a comprendere se ad esempio in piazza Baracca quanti e quali alberi qualcuno ha deciso che fossero da tagliare, considerando la piazza e il suo verde tutelato in quanto “centro storico”.
 L’aspettativa è una istituzionalizzazione di questa partecipazione accompagnata da soggetti facilitatori e mediatori che dai municipi alla macchina dell’amministrazione comunale possa sempre più allargare e condividere l’idea di città di una comunità.
Loris

sabato 16 giugno 2012

"Vernichtung durch Arbeit" 16 Giugno 1944 - le testimonianze dei lavoratori deportati

Questa mattina si sono svolte le celebrazioni in memoria dei rastrellamenti nazifascisti del giugno 1944. La peculiarità di quell'ignobile azione fu il tentativo di fiaccare la resistenza che nel movimento dei lavoratori trovava le sue radici e l'obiettivo di reclutare a condizioni disumane lavoratori per fabbriche e aziende tedesche.
La celebrazione ha avuto tre appuntamenti: la messa in memoria dei deportati, la deposizione delle corone nell'atrio di Palazzo Fieschi e l'incontro, nel salone della Croce Verde Sestrese, dei sopravvisuti e dei familiari dei deportati che si sono raccolti nell'associazione dei deportati del 16 giugno.
Oltre a Cristina Quaglia (Pres. Associazione gruppo 16 giugno 1944), il sindaco di Pornasco, il Presidente di Municipio Giuseppe Spatola, in rappresentanza del Sindaco il consigliere Enrico Pignone e Walter Fabiocchi per lo SPI CGIL, particolarmente significante è stata la presenza di Giovanni Agosti, di cui ho trovato una testimonianza, che riporto in seguito, su "vite da compagni", e l'intervento di Raimondo Ricci che resta una figura di riferimento dell'antifascismo genovese e nazionale.

Galleria di immagini 16 giugno 2012

Tratto da "la Resistenza Sestrese" di Clara Causa
16 giugno 1944



"Nonostante le lusinghe di una propaganda martellante, 1'affluenza in Germania di lavoratori volontari non si era prodotta nelle massicce proporzioni richieste. Per il Governo nazista fu quindi necessario ricorrere ad una coscrizione del lavoro. 
Anche dalla Liguria affluì una massa composta - oltre che da persone rimaste malauguratamente incastrate in retate casuali - da lavoratori rastrellati da fabbriche dove avevano avuto luogo scioperi che non lasciavano dubbi sul potenziale di opposizione politica. I. «Zivilarbeiter» furono in realtà lavoratori coatti. Infatti, col prosegui-. re e l'inasprirsi della guerra, la Germania si trovò nella necessità di fornire alle sue industrie una mano d'opera che esse reclamavano con. insistenza crescente, e di neutralizzare gli elementi potenzialmente temibili per la sua sicurezza nei territori occupati. 
Questi lavoratori vennero deportati soprattutto a Mauthausen dove rimanevano di solito alcune settimane soffrendo tutte le crudeli durezze del campo. Quindi, ricevuto lo status di «Zivilarbeiter» venivano provvisti di documenti e avviati al lavoro salariato nelle industrie germaniche. 

"Il Capo dell'Ufficio Centrale Economico Amministrativo, Pohl, aveva ordinato, con una circolare del 30 Aprile 1942, che la mano d'opera doveva essere «erschopfend», cioè «sfruttata fino a consumazione». Furono quarantamila i deportati italiani che trovarono la morte nei campi «Vernichtung durch Arbeit», cioè di «annientamento attraverso il lavoro»" . 

A Sestri i nazifascisti, accompagnati dal prefetto Basile e dal questore Veneziani, radunavano spesso tutti gli operai e gli impiegati nei capannoni più ampi degli stabilimenti, dove erano presenti piccole 
orchestrine paesane, per dimostrare che coloro che sarebbero andati a lavorare in Germania non solo avrebbero avuto un migliore salario, ma avrebbero potuto lavorare in allegria e a suon di musica. I patrioti ave- ricevuto l'ordine di disturbare in mille modi queste adunate. 
Gli operai non solo non si decidevano ad arruolarsi per andare a lavorare in Germania, ma scioperarono e sabotarono la produzione. 
Così i tedeschi, il 16 Giugno 1944 circondarono Sestri insieme a centinaia di brigate nere e di poliziotti. Entrarono con la violenza e la forza negli stabilimenti, bloccando tutte le porte d'uscita. 
Rastrellarono gli operai, senza alcun rispetto, caricandoli così come si trovavano sui camion e dopo sui carri bestiame delle ferrovie, che furono impiombate e agganciate ad un treno, che li avrebbe portati in Germania. Alla testa di questa azione era Basile. 
Nel Cantiere Navale, una squadra, composta da Pelacchi, Boeddu, Gaggero, Prini e i fratelli Piva, assistette impotente al rastrellamento. Piva L. non resistette a quella cruenta scena. Sparò così contro i tedeschi con una pistola 7,65. Essi risposero all'impazzata, in una confusione generale. Dopo tale azione, Piva L. fu inviato, per precauzione, presso la Brigata Buranello. 
Il 16 Giugno 1944 rappresenta per tutti noi, ma soprattutto per gli operai sestresi, una data dolorosa della nostra Lotta di Liberazione. Ben millequattrocentoottanta furono gli operai deportati quel giorno dalle fah- briche sestresi, dal Cantiere Navale di Sestri, dalla S. Giorgio e dalla Siac! 
"Il rastrellamento non avvenne al Fossati, ci racconta Eliano, che vi lavorava da appena quattro giorni. All' arrivo dei tedeschi, riuscii a scappare e a nascondermi. Dal mio nascondiglio, vedevo gli operai che, al passaggio dei tedeschi, si nascondevano. Per fortuna il Fossati fu risparmiato dal rastrellamento” 

Claudio Pedemente così ricorda quel tragico 16 Giugno: 

"Stavo lavorando nel mio reparto, Meccanica Ottica della S. Giorgio, quando ci condussero nel piazzale, dove fu fatta la scelta tra giovani ed anziani, 
Non ci rendevamo ancora conto di quello che stava per capitarci ... Quando ci rinchiusero nel treno, con la matita rossa scrissi sull'unico foglio che avevo in tasca, una ricetta medica, il mio indirizzo e lo gettai dal finestrino a Bolzaneto. Conservo ancora quel biglietto. La mamma l'ha custodito con cura. Non so chi gliela avesse portato. 

I treni della deportazione erano due. lo mi trovavo nel secondo. Ci fecero scendere in aperta campagna per i bisogni, che si dovevano fare davanri alla guardia repubblichina, che teneva il moschetto spianato.Quando arrivammo alla stazione di Mauthausen, aprirono due sportelli. Da una parte c'erano i tedeschi che gridavano. Era questo un loro metodo gridare da una parte, affinché, come un gregge, i prigionieri s'incamminassero dall'altra. Era l'unico modo per poter infilare quella stradina, che fiancheggiava il Danubio e conduceva al campo. Inoltre avevano adottato l'uso di picchiare sempre gli ultimi: così la strada veniva fatta di corsa, perché nessuno voleva rimanere ultimo. 

Come entrammo nel lager, arrivati al famoso piazzale, dovevamo stare con i piedi sulla riga dell' acciottolato. I tedeschi volevano la simmetria del campo fatta da noi, disposti in file. Rimanemmo così per ore ed ore. Ci contavano e ricontavano. lo riuscii a rimanere in piedi, perché ero giovane ed ancora in forza. Inoltre ci picchiarono. La guardia ti guardava negli occhi e picchiava chi ti stava accanto. Questo perché non volevano che ci rilassassimo. Infatti, se avesse guardato uno solo e lo avesse picchiato, il vicino si' sarebbe rilassato un attimo. Invece in quella maniera uno non poteva mai sapere quando gli sarebbe toccato, rimanendo così sempre sotto tensione. 
Rimasi a Mauthausen quindici giorni. Dopo mi destinarono a Steyr, dove avevamo una certa libertà. TI campo era infestato di cimici. Cercammo di fare un po' di pulizia, pulendo i castelli dove si dormiva, ma i tedeschi Ci gridarono: «Sabotage!». Per loro era sabotaggio toglierei le cimici di dosso.Evidentemente rispettavano più le cimici che noi. 
Fui trasferito anche da questo lager. Mi condussero a Rotterman. Nel campo era il solito discorso: fame e cimici." 
Come si può leggere in queste memorie, i deportati erano costretti a vivere in condizioni disumane 

"Il cibo che veniva distribuito era assolutamente insufficiente e quando i prigionieri, stremati dal lavoro e dalla fame, non erano più in condizioni di essere utili, venivano uccisi con metodi scientifici (camere a gas) e poi cremati in forni o gettati a migliaia in enormi fosse comuni. Altre migliaia ne arrivavano ogni giorno, da ogni parte d'Europa, a prendere il loro posto e a subire la stessa sorte. " 
Il nostro caro Pedemonte lavorava presso una ditta di cuscinetti a sfera.
"Bisognava rigare diritti, ci racconta ancora Claudio, e, se si rompeva qualcosa, c'era la punizione: lo Staflager. Un giorno ricevetti l'ordine di andare a prendere un motore. Era molto pesante. Sia per il freddo che faceva, sia per la mia poca forza, nel sollevarlo, ruppi un piedino. In quell'attimo, vidi lo spettro dello Staflager o quanto meno della prigionia, in quanto per certe mancanze, mandavano nella prigione del paese. Così pensai a come riparare il danno. Scrostai della ruggine e con una manichetta ad aria compressa, la buttai nel piedino rotto. Divenne così una «rottura vecchia»,perché la ruggine, con 1'aria compressa, entra nella ghisa che è porosa. Andai a chiamare il tedesco e gli dissi "«Mister, il motore kaputt».Sembrava proprio una vecchia rottura. Non poteva quindi incolparmi. 

Da quel giorno, succedeva spesso di- trovare i motori con i piedini rotti. Si faceva così, non tanto per sabotaggio, quanto per riposare”

A questo punto Claudio si rattrista. Ricorda il Natale trascorso nel lager.

“Alla sera, perché festa, non ricevemmo cibo. Allora mi recai in chiesa. Entravo in chiesa ogni volta che potevo farlo, perché in quei momenti riuscivo a stare solo con me stesso, senza che nessuno mi guardasse e, soltanto allora, mi sentivo bene e riuscivo a piangere. Piangevo pensando ai miei genitori, a mia madre. Chissà se li avrei più rivisti! Quella sera si avvicinò una donna, che, vedendomi, mi offri un filone di pane. Avevo tanta 
fame, ma esitai. Finalmente potevo dire di no ad un tedesco. 
Non lo voglio -, le dissi, ma subito pensai che quella donna voleva aiutare me, come avrebbe fatto con suo figlio. All'uscita, trovai in terra un buono per il pane. Lo raccolsi. Forse, da lontano, quella donna mi vide e ne sarà rimasta contenta"

Altra Testimonianza, tratta da "Vite da Compagni" di Nicolò Bonacasa e Remo Sensoni.

Giovanni Agosti

"Nel 1944 ero al cantiere navale a Sestri che era dell'Ansaldo. Lì abbiamo cominciato con gli scioperi, per la mancanza dell'olio e di altri generi di prima necessità.
Dopo ripetuti scioperi che abbiamo fatto nel '44 eravamo a bordo di una nave in costruzione,li non facevamo niente, per sabotare. Venne un ingegnere che si chiamava Rosina, ed era il direttore del cantiere. Ci disse di non scioperare più perché sennò sarebbero venuti i tedeschi e ci avrebbero portato via.
Ma era logico che non si poteva ascoltare quello che ci diceva lui Abbiamo continuato con le agitazioni, finché poi hanno fatto quel rastrellamento del 16 giugno del 1944 in cui ci hanno portato tutti a Mauthausen.
lo sono finito a Mauthausen, e poi dopo di Il ci hanno distribuito nei vari campi, perché quando ci hanno preso sul lavoro eravamo migliaia. Eravamo in tuta di lavoro con gli zoccoli Ci hanno presi, portati via. Abbiamo subito delle umiliazioni quando siamo scesi dal treno a Linz; e siamo andati su questo monte che c'è per arrivare a Mauthausen. C'erano dei bambini dalla finestra che ci sputavano addosso, bambini di 5-6-7 anni, ed era indicativo di quello che insegnavano loro."








venerdì 15 giugno 2012

Genova - la coerenza non conosce censo, o c'è o non c'è

...Quando ho scritto il precedente post, la novità era la mozione trasversale che chiedeva una moratoria sul terzo valico a fronte dell'imminenza di una giunta che senza alcun tipo di discussione (coinvolgimento dei cittadini) avrebbe da li a poco avviato i lavori.
Oggi, la novità sta nel fatto che la giunta e il sindaco Doria in testa è riuscita a mio parere a stravolgere il senso di un programma disconoscendo sia quello che l'allora candidato sindaco andava dicendo in giro sia quello concordato, scritto e depositato.
Anche se un po lungo pregherei di ascoltare bene le parole che vengono dette nei due filmati per valutare i livelli di coerenza.
Sotto per chi vuole ulteriormente approfondire c'è il link al programma elettorale prelevato direttamente dal sito di Marco Doria nella parte che tratta le infrastrutture (5-1-9)

....Prima dell'elezione nei quartieri popolari e nei comitati


....Dopo l'elezione e in compagnia del PD


link al programma (parte 5-1-9)

Non sono indifferente, anzi sono decisamente partigiano, pertanto un sincero apprezzamento di stima nei confronti di tutti quei consiglieri che attraverso la mozione, senza la pretesa di bloccare le opere infrastrutturali, hanno riportato alla discussione uno dei temi che ha maggiore incidenza nella vita quotidiana dei cittadini. Chi si sta agitando fuori modo chiedendo forche per gli eretici firmatari, spieghi perchè c'è la paura anche solo che a parlarne.... cosa vogliono "Lor signori" nascondere?
Al sindaco che ha voluto tenere per se la delega alla partecipazione, riempiendo la campagna elettorale di concetti alti come "democrazia partecipativa" domando se pensa di utilizzare la delega per giocare a solitario considerando che in poche settimane è riuscito a collezionare topiche ripetute volendole anche rivendicare come decisioni autonome.
Loris

mercoledì 13 giugno 2012

Genova - Dopo la riunione del Consiglio Comunale di ieri, possiamo parlare di novità politiche in atto?

Inaugurazione della copertura (parcheggi) del rio Fereggiano.... Rio Fereggiano autunno scorso



Dopo la prima seduta del consiglio comunale si iniziano a intravedere elementi di novità nel quadro politico genovese.
Infatti, nella seduta di ieri, martedì 12 giugno, a seguito di una forzatura operata dal PD sull’inizio dei lavori del terzo valico, una mozione, nata all’interno della coalizione del sindaco Doria, ha amalgamato trasversalmente, un discreto numero di consiglieri.
Non soddisfatti del risultato già ottenuto nei confronti dell’ex sindaco Vincenzi e della sua antagonista e amica di partito Pinotti, il PD manda alla carica il Vicesindaco Bernini in qualità di megafono del partito della betoniera ad oltranza nonché sostenitore e difensore di tutte quelle opere che sicuramente non contribuiranno al miglioramento della vivibilità nei quartieri e nella città. Sicuramente però aiuteranno a star meglio importanti imprese che, col ricatto del lavoro, perseverano nel saccheggio del suolo attraverso cementificazioni e opere di scavo che portano a condizioni di dissesto geologico, così come si evidenziato dalle recenti alluvioni dello spezzino e nel genovese .
Vorrei qui ricordare al Vicesindaco che non riveste più quel ruolo un po’ più defilato di Presidente del Municipio del Medio-Ponente, dove poteva, facendo saltare percorsi partecipati, decidere con l’assenso di qualche sprovveduto assessore di tagliare alberi secolari, per modernizzare viali e piazze.
Che le armate Brancaleone del PD si sarebbero mobilitate per imporre la linea del cemento era cosa evidente dal ricatto di Autostrade S.p.a che ha da poco stoppato gli unici lavori utili legati alla “Gronda” (Snodo di San Benigno).
Tale azione ricattatoria è stata palesemente supportata dal presidente della regione Burlando che, incurante del risultato del “dibattito pubblico” e dell’eventuale parere d’impatto ambientale prodotto dal Ministero, ha perorato la causa dell’opera sulla quale la Vincenzi donò ad altri la sua base elettorale.
Inoltre, all’ Assessore Raffaella Paita che, con sufficienza, afferma che esprimersi contro il terzo valico è come dare "un calcio al futuro" vorrei ricordare come l’elettorato genovese per riuscirsi a garantire un futuro, un calcio lo darebbe volentieri dove non splende il sole a certi politici più interessati a garantire gli interessi di grossi gruppi che non la vivibilità e l’efficienza dei territori.
Loris


AL SINDACO DI GENOVA

Oggetto: Mozione su Terzo Valico
Il Sottoscritto consigliere,
premesso che
I costi previsti per il terzo valico sono di 6,2 miliardi di euro, 115 milioni a chilometro, cifra analoga alla manovra sulle pensioni;
Già oggi le 3 linee di valico esistenti (le 2 linee dei Giovi e la Voltri – Ovada) senza quasi nessun intervento hanno una capacità di trasporto di 3,5 milioni di container.
Considerato che
Il trasporto merci richiede in primo luogo organizzazione, efficienza e interventi negli scali. Servono pertanto collegamenti efficaci, come il collegamento della bretella ferroviaria Voltri – Borzoli con le linee di valico dei Giovi (1400 metri) dal costo di circa 500 milioni di euro;
Servono invece interventi di fluidificazione della linea esistente Genova-Milano per ridurre i tempi di percorrenza dei treni passeggeri, interventi che da soli potrebbero portare il tragitto da Genova a Milano a poco più di un’ora, a costi enormemente minori del terzo valico.
E’ auspicabile che gli enti locali effettuino serie valutazioni costi benefici, al fine di recuperare risorse per finanziare il trasporto pubblico, a rischio di tagli enormi dal 2012 e pianificare in modo serio la mobilità.
Tenuto conto che il magistrato Ferdinando Imposimato descrive il Terzo Valico nel “Corruzione ad Alta Velocità Viaggio nel governo invisibile”. A pag. 116 del libro del magistrato Imposimato, Salvatore Portaluri che fu per due anni presidente della TAV. dichiara: “Tutti i gruppi imprenditoriali erano stati accontentati, eppure vi erano ancora dei problemi di equilibrio, ma anche questi vengono risolti con la costituzione di un nuovo consorzio per la tratta più incerta, il Cociv per la Milano-Genova. Un consorzio anomalo di sei imprese, costituito il 3 dicembre 1991”.




Sottolineato che i lavori del Terzo Valico avranno un impatto molto forte sul territorio e sulla salute (trasporto rocce amiantifere per la città ad esempio) e, tra l’altro, prevedono cantieri di lavoro contigui a strutture scolastiche, al contrario da preservare come Villa Sanguineti;
Preoccupati dello scavo e della movimentazione di rocce amiantifere, per le quali non e’ a conoscenza alcun accorgimento per evitare pericoloso inquinamento, a differenza di quanto accennato (seppur in maniera ancora insufficiente) nello studio per la Gronda Autosradale di Ponente;
Siccome sul nodo di Genova (a contratto opere civili nodo di Genova) sono previsti come lavori gli imbocchi del collegamento che dovrebbero portare al Terzo Valico (700 metri complessivi), utilizzabili al contrario per il collegamento tra Borzoli e la linea dei Giovi in modo da permettere l’instradamento dei TEU provenienti dal porto di Voltri verso la Val Padana;
Si chiede che venga attuata una moratoria dei lavori del Terzo Valico ferroviario e si chieda l’utilizzo dei fondi stanziati nei primi lotti nel collegamento Borzoli – Giovi.

Antonio Bruno (FdS); Giampiero Pastorino (SeL);Andrea Boccaccio, Emanuela Burlando, Stefano De Pietro, Mauro Muscarà, Paolo Putti (Movimento 5 Stelle) ; Maddalena Bartolini, Pier Claudio Brasesco, Clizia Nicolella, Luciovalerio Padovani, Marianna Pederzolli, Enrico Pignone (Lista Marco Doria)




ps. la mail con la mozione mi è giunta mentre era ancora in corso il consiglio comunale e potrebbe contenere, anche se irrilevante dal punto di vista politico, inesattezze nei tra i sottoscrittori. Parrebbe che anche il Consigliere Chessa di SEL abbia sottoscritto, mentre i sottoscrittori della lista Doria dovrebbero essere 4 anzichè 6. Come si può evincere il dato politico comunque non cambia.

giovedì 7 giugno 2012

Per non dimenti-Carla "...Quando non ci sarò più io dovete continuare voi.."


Oltre un anno fa scrissi un post dove scrivevo di mio padre, delle sue lotte e di ciò che mi ha lasciato in termini di rigore morale e politico.
Seguirono molti commenti, specialmente su facebook, ed uno di questi mi colpì e nello stesso tempo mi inorgoglì molto:

Grazie a te Carla

 Carla Verbano, madre di Valerio Verbano si è ricongiunta con suo figlio. La sua lotta per mettere in luce la verità sulla morte del figlio, ucciso dai fascisti dei NAR nel febbraio del 1980 non è mai cessata.
Il suo è stato un esempio incessante di amore materno e impegno antifascista.
Un saluto a pugno chiuso Carla, un saluto per non dimenticare.

Loris


“Alle 13,00 del 22 febbraio 1980 tre persone si presentano a casa di Valerio: "Siamo amici di suo figlio e vorremmo parlargli", dicono alla madre, che apre. Viene subito immobilizzata, e la stessa sorte tocca al padre. Sono armati con pistole munite di silenziatore. Valerio non è ancora tornato da scuola. Alle 13,30 Valerio apre con le sue chiavi la porta di casa ed è subito assalito dai tre, con i quali ha una breve colluttazione, poi viene immobilizzato e ucciso con un colpo alla schiena. E' dubbio se fu ucciso "precipitosamente" a causa della sua resistenza, se volessero prima "fargli delle domande", come accennarono alla madre i tre assassini: queste considerazioni possono avere interesse solo in relazione con quanto vedremo circa le "ragioni" dell'uccisione di Valerio.
Per il resto... la morte di Valerio pesa come una montagna.
L'assassinio di Valerio non fu un una "semplice" conseguenza di uno scontro tra compagni e fascisti, né dell'agguato in strada, come spesso è avvenuto. Abbiamo sempre saputo, al di là delle "verità processuali", che Valerio fu ucciso per delle ragioni precise, inerenti il più ampio scontro di classe tra sinistra rivoluzionaria e classe dominante, la quale si avvalse (e si avvale) dei fascisti per le sue operazioni più sporche. Valerio conosceva cose che, venute in luce alla magistratura, produssero come primo effetto la sua morte.” La descrizione dei fatti continua sul sito di Reti Invisibili

altri link :




  (Morte Carla Verbano: L'addio, applausi e pugni chiusi Corte spontaneo in strada con note di 'Bella Ciao')


lunedì 4 giugno 2012

Per non dimenticare Piazza Tienammen



Oggi è il ventitresimo anniversario di quello che fu il massacro di Piazza Tienammen. In occasione del ventesimo anniversario scrissi sul Blog un breve post che mi riportava a quel giugno del 1989. Ricordo ancora come con mio figlio in braccio di poco più di un mese seguii l'evolversi di quei giorni e con immutati sentimenti ripropongo lo stesso post del 1989


…vent’anni fa ,a mio figlio che aveva poco più di un mese di vita, facevo conoscere un eroe senza nome, un eroe senza volto ma con una forza indicibile : la forza della ragione.
Quando un regime marcia contro i suoi lavoratori , uccide i suoi studenti che protestano contro la corruzione, bhe non è sicuramente comunista.
Quando un regime sfrutta i suoi bambini, sfrutta le sue donne sfrutta i suoi lavoratori, bhe non è sicuramente comunista.
Quando i capitalisti occidentali trovano conveniente investire e accordarsi con un regime come descritto sopra, bhe…….non è sicuramente comunista.
Ricordiamoci dell’eroe senza nome e senza volto di piazza Tienammen. Ricordiamoci di tutte le vittime di piazza Tienammen, tutti eroi senza nome e senza volto.
Loris




Su segnalazione di Nico allego questo video, drammatico nelle sue immagini e senza necessità di interpretazioni nelle sue parole.

sabato 2 giugno 2012

2 giugno - Buona Festa della Repubblica



Costituzione Della Repubblica Italiana

Art. 11

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

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