il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



giovedì 27 ottobre 2011

Riflessioni sul 15 ottobre (2 parte) – Protagonisti e comprimari


…prima di cadere in equivoci­­­ è opportuno ricordare che la chiamata del 15 ottobre parte dal movimento degli indignados che rifiuta per sua natura l’etichettamento.
Rispondendo a chi imputava agli indignati spagnoli l’apoliticità e la responsabilità della perdita di consenso di Zapatero, favorendo la destra, affermavo che il disagio sociale e politico che veniva evidenziato da questo movimento era il conflitto che la sinistra per sua stessa natura doveva avere la capacità di gestire.
Tanto per fare un esempio dei nostri giorni, i lamentosi amano scagliarsi contro il movimento 5 stelle di Beppe Grillo accusandolo di sottrarre voti al centrosinistra favorendo quindi le coalizioni di centro-destra, mentre personalmente penso che se la qualità della proposta politica è buona, senza sovrapposizioni e ambiguità, oltre al 5 stelle potrebbe esserci anche il 6 il 7 o l’otto stelle che le coalizioni di centro sinistra non si porrebbero il problema del grillismo.
Tornando agli indignati del 15 ottobre, diverse sigle della sinistra, riunite sulle tematiche dei social forum ai primi di settembre lanciavano una chiamata al fine di facilitare, come sinistra diffusa, la partecipazione alla giornata del 15.
Nell’ulteriore allargamento dei soggetti, ritengo che avere avuto la presunzione di gestire come sigle, una chiamata che nasceva ed era valorizzata dagli individui, sia stato un grave errore.
Quello che era indubbiamente il necessario strumento per la costruzione di una grossa mobilitazione si è trasformato in un boomerang dagli effetti imprevedibili.
Se qualcuno ha pensato che dopo il decennale di Genova era possibile riproporre un coordinamento “stile Genova” per il 15 ottobre, ha evidentemente sottovalutato che dietro al risultato della manifestazione/corteo del 23 luglio, pur nelle sue contraddizioni, quel coordinamento, aveva cementato, nel lavoro di un anno un monolito che non lasciava spazi ad ambiguità (pressioni e forzature medianiche sono state presenti sino alla partenza del corteo, con false notizie di scontri nel centro storico genovese) mentre per la giornata degli indignati i tempi hanno limitato il lavoro ad una adesione formale e a un liberi tutte sulle pratiche ai margini del corteo.
L’evidente cura del proprio settore, delle proprie pratiche e delle proprie alleanze, è stato un corto circuito che ha depotenziato sin dal nascere una delle più imponenti manifestazioni popolari nate e volute dal basso.
Altro errore è stato quello di alcuni ambiti della sinistra di sovrapporre alle parole d’ordine del movimento degli indignati le proprie parole d’ordine.
Non è un caso se l’aggressione al corteo non è avvenuta su uno spezzone, ma tra gli spezzoni tanto sapientemente inquadrati . Non è un caso se le esternazioni postume sull’accaduto sono state fatte dagli organismi delle singole sigle piuttosto che collettivamente.
Forse però nell’amarezza dell’epilogo di quella manifestazione una ragione in più per indignarsi,  indignarsi di questa sinistra cercando di ridare voce a quei valori di solidarietà, condivisione e lotta tanto cari alla tradizione storica e culturale della sinistra italiana, ridare voce all’esserci e non al comparire.
L’aver fatto sclerotizzare all’interno del movimento italiano le tensioni e i conflitti all’interno del microcosmo della sinistra italiana, sono stati un regalo, per i più involontario al Governo italiano e al potere politico finanziario europeo.
Come un disco incantato ripeterò ciò che in altri momenti è stato detto: pratiche nuove di partecipazione e linguaggio nuovo. Se nel bucare lo schermo sta il “modernismo”, espressione del berlusconismo, colmiamo il buco culturale con i contenuti che non sono ne narrazioni ne litanie superate dagli sconvolgimenti sociali degli ultimi decenni.
Ritorniamo a leggere i soggetti sociali senza ne spaventarci  ne snobbando le manifestazioni di disagio espresse dalle centinaia di migliaia di indignados nel mondo e più che al protagonismo di un posto in prima fila torniamo al protagonismo nella gestione dei conflitti.
Sicuramente dopo il 15 ottobre sarà più difficile, ma forse riprendendo dai territori, dove il rapporto ritorna ad essere necessariamente diretto e personale una rete può trovare i nodi giusti sui quali ordire una trama di una nuova politica a sinistra e di sinistra.
Loris




mi astengo dal commentare il filmato. Le posizioni sono molto diverse tra loro e rappresentano comunque delle posizioni. Sulla effettiva rappresentanza in termini "numerici" mi porrei dei seri quesiti. Nell'ambito dell'associazionismo le problematicità restano nel tentativo di rispettare equilibri funambolici

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