il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



domenica 30 ottobre 2011

Lettera aperta a Napolitano - i responsabili della tragedia delle cinque terre siamo noi

L'amica e compagna Ross, del blog Attaccabottone nel commentare uno dei post sull'alluvione nello Spezino e in Lunigiana, mi ha segnalato un link di una lettera aperta di un sindaco della Val Susa.
ripropongo per esteso la lettera presa dal sito di "altraeconomia" e ne approfitto per segnalare il nuovo Blog di Ross "Alla Macchia - Briganti e partigiani".

Amministratori, cittadini, elettori: la colpa è nostra, non dei cambiamenti climatici
Mauro Galliano è assessore nel Comune di Sant’Ambrogio di Torino (in valle di Susa). Un piccolo Comune di 8,59 km2, con 4.843 abitanti. Il 26 ottobre ha indirizzato una lettera aperta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per rispondere ad alcune affermazioni del Capo dello Stato in merito all'alluvione che ha colpito lo spezzino e la Lunigiana, causando morte e distruzione. La riportiamo integralmente.

Egregio signor presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
sono un amministratore comunale di un piccolo paese all'imbocco della Valle di Susa in Piemonte e le scrivo in merito alle sue dichiarazioni che ho avuto modo di leggere in merito alla disastrosa alluvione che ha colpito il levante ligure e la lunigiana. Lei attribuisce i morti ai cambiamenti climatici. Purtroppo non sono d’accordo con Lei.

Il responsabile di quella tragedia sono io: amministratore, cittadino italiano nonché elettore.

Sono io amministratore quando sono costretto ad ampliare le aree edificabili e quindi a cementificare il territorio che non è più in grado di assorbire l’ acqua piovana che così “scivola” altrove, per poter incassare oneri di urbanizzazione e quindi mantenere sano il bilancio del Comune. Quando non so urlare abbastanza la mia rabbia per i soldi che mancano per le piccole cose: mantenere puliti i canali, i torrenti di montagna, mettere in sicurezza gli argini, monitorare le frane ma che miracolosamente piovono dal cielo per le grandi, grandissime opere. Quando imploro l’aiuto dei volontari della Protezione civile che sostituiscono le gravi lacune delle Istituzioni pubbliche anziché pretendere con ancora maggior forza (se mai fosse possibile) i fondi necessari.

Quando i fondi me li procuro, ma con gli oneri di urbanizzazione creando così un circolo viziato senza fine.


Sono io cittadino italiano quando per pigrizia, disinformazione, troppa fiducia nei miei rappresentanti evito la partecipazione diretta, la cittadinanza attiva e lascio che presunte “scelte strategiche” quali Tav, ponte sullo stretto, rigassificatori, inceneritori sottraggano denaro alla manutenzione del territorio, delle sponde dei fiumi, alla messa in sicurezza delle scuole, alle energie alternative, tutte cose che creerebbero moltissimi posti di lavoro immediati e diffusi su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto controllabili dagli enti locali e non fagocitati dalle scatole cinesi del general contractor o peggio dalla criminalità organizzata. Quando non faccio sentire la mia voce, quando resto a casa perché macinare km in un corteo è faticoso, rischioso o peggio sconsigliato a parteciparvi dagli stessi politici (se non sono stati loro a organizzarlo e promuoverlo!) o peggio ancora perché minacciato di essere “radiato” dal mio partito di riferimento se vi partecipo.

Sono io elettore, il responsabile, quando non vigilo sull’ operato degli eletti, non li stimolo,controllo, quando dopo aver espresso il mio voto delego ad altri in toto e mi allontano per 5 anni (o quanto dura la legislatura) dalla cosa pubblica, dalla vita associativa, dal volontariato.
Quando mi lascio: abbindolare dai media e fatico a farmi una mia opinione, terrorizzare dal voto utile (per non lasciare il paese in mano alle destre dicono gli uni o alle sinistre dicono gli altri), ingannare dagli apparentamenti di coloro che parenti stretti non potranno mai esserlo.
Quando non mi accorgo che miliardi di euro vengono impegnati e promessi nei programmi elettorali per l’ acquisto di aerei da combattimento (ma l’ Italia non ripudia la guerra?) o per un inutile buco in valle di Susa mentre una dopo l’altra le regioni italiane si sgretolano sotto frane, alluvioni, terremoti (non sempre così intensi rispetto ai danni arrecati anche agli edifici pubblici che dovrebbero essere i più sicuri).
In una democrazia “imperfetta” quale la nostra, la responsabilità è sempre mia, cioè di tutti i cittadini che liberamente e senza condizionamenti dovrebbero scegliere il meglio. Secondo me i cambiamenti climatici, purtroppo, non c’entrano o c’entrano poco.
Non so se questa lettera giungerà a destinazione, sicuramente arriverà nelle mani di chi la giudicherà inopportuna, infarcita di demagogia e populismo sostenendo che il Presidente della Repubblica ha sempre ragione. Io posso solo immaginare i motivi profondi della sua dichiarazione in cui cita i cambiamenti climatici come responsabili della disastrosa ultima alluvione. In questo caso è da ringraziare, per la sua prudenza e grande senso di responsabilità.

La saluto cordialmente,

Mauro Galliano

Sant’Ambrogio di Torino, 26 ottobre 2011



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sabato 29 ottobre 2011

"Troppo turismo, zero tutela" - intervista a Maurizio Maggiani sull'alluvione in Liguria

Ripropongo questa intervista a Maurizio Maggiani comparsa sul Manifesto del 27 ottobre. La riflessione è indispensabile non solo facendo riferimento a quanto è successo in questi giorni in Liguria, ma, ripensando ai modelli di sviluppo che oltre ai disastri ambientali ha prodotto la crisi globale che stiamo attraversando. 
Loris

 | Carlo Lania 

 «Cosa provo? Niente. Ho già provato tutto due anni fa, ho provato tutto tre anni fa, cinque anni fa, sei anni fa, sette anni fa, otto anni fa. D'accordo? Adesso non provo più niente. Oggi c'è qualche morto in più, già c'è qualche morto in più e allora sì, provo qualcosa di intensamente particolare per quei morti in più». Lo senti da come ne parla che Maurizio Maggiani la Liguria la porta nel cuore. Scrittore e giornalista, è nato 60 anni fa a Castelnuovo di Magra, in provincia di La Spezia, e le scene di questi giorni le ha già viste altre volte. Troppe volte, al punto che, dice, ormai non prova più niente.
Maggiani neanche un po' di indignazione o di rabbia? 
L'indignazione è gratis, guardi, lasciamola perdere. Le racconto una cosa: stamattina mi ha chiamato un giornale per chiedermi un'intervista su quanto sta accadendo. Il giornalista mi ha detto: 'Guardi ci ha rilasciato un'intervista l'anno scorso sullo stesso tema, ne possiamo fare un'altra?' Gli ho detto di no: se volete ripubblicate quella. Mi ha risposto: 'Ha ragione, lo sa che va benissimo?' Allora, ci si vuole indignare ancora?
 Sta dicendo che la storia si ripete e le cause si conoscono.
Ma certo che le cause si conoscono. Qui la gente pensa di poter vivere gratis, ma non è così. 
Cosa intende? 
Prendiamo le Cinque Terre: sono quello che sono perché nel corso degli ultimi 500-600 anni si è costruito un miracoloso equilibrio tra lavoro e territorio. Un lavoro straordinariamente pesante. Fare un quintale di vino qui costa la stessa fatica che farne cento in Romagna. Perché è il posto meno adatto al mondo per il lavoro agricolo. Negli ultimi 30 anni è nata l'industria turistica delle Cinque Terre in forma massiva. Si è scelto scentemente di arraffare più milioni possibili costruendo un turismo mordi e fuggi che porta ogni anno milioni di presenze nel punto più delicato del territorio italiano, in un'estensione che è paragonabile alla Garbatella. Allora chiedo: quanto di quelle decine, centinaia di milioni guadagnati con il turismo, tutti soldi esentasse, perché lì c'è un'evasione che oscilla tra il 50 e il 70%, quanti di quei soldi portati via spolpando il territorio sono stati reinvestiti in tutela del territorio? Andate a vedere lungo la Magra, come faccio io, e poi mi dite. 
Cosa c'è?
Glielo dico io: l'agricoltura è stata largamente abbandonata. Sono pochi quelli che rimangono lì a lavorare la terra perché si fanno un culo così. La manutenzione delle Cinque Terre è minuto per minuto. Se stai un mese fermo l'equilibrio già comincia a rompersi. Ma voglio chiederle una cosa: secondo lei c'è una qualche possibile relazione tra quanto è successo e il fatto che il vertice del parco delle Cinque Terre sia finito in galera? La mia è una domanda. 
E la risposta qual è? 
La darà il lettore o la magistratura. Io so che il parco delle Cinque Terre è portato in palmo di mano da tutti i politici come sistema straordinariamente efficace di mettere insieme tutela ambientale e affari. Sì ma 30 anni fa quegli stessi paesi che sono allagati rischiavano di restare vuoti perché la gente emigrava. E l'abbandono che lei denuncia ci sarebbe stato lo stesso. Ma certo, ma io non ho niente contro il turismo nelle Cinque Terre ma c'è turismo e turismo. Non ho niente contro gli abitanti delle Cinque Terre, ovvio che se lasci una vita da fame e vedi la possibilità di star bene vai a star bene. E non è detto che tu debba avere gli strumenti culturali per capire cosa è bene fare, giusto? Però ci sono gli organi preposti a farti capire le cose o no? 
La responsabilità quindi è come al solito delle istituzioni?
Ma a cosa servono se non a questo? Le istituzioni territoriali, la politica territoriale, non dovrebbero servire a questo? E qui tocchiamo un tasto dolente: la regione Liguria da sempre è in mano alla sinistra, ulteriore dimostrazione di come la cultura del cemento non sia un patrimonio esclusivo della destra. Ma ci mancherebbe altro. Intervistate Ferruccio Sansa che su questo ha scritto libri straordinari. Va bene il turismo, ma c'è modo e modo. C'è un modo che ti fa guadagnare tantissimo e subito e un modo che ti fa guadagnare di meno nel tempo. Io ci metto la mano sul fuoco: in una generazione le Cinque Terre sprofondano.
Nel senso che la generazione precedente ha approfittato della situazione?
C'è una generazione che si è consumata fino all'osso un territorio che ci ha messo alcuni milioni di anni a conformarsi e alcuni secoli per diventare quello che è.
 E non lascerà niente in eredità?
Un po' di milioni e di case ai figli, ma niente dal punto di vista del territorio.
Come se ne esce? 
Io ce l'ho una proposta. Se ne esce con Fanfani, se lo ricorda? Negli anni 50 lanciò una campagna di opere in tutta Italia per il ripristino del territorio mandando a progetto, come si direbbe oggi, decine di migliaia di giovani ovunque. In Romagna addirittura lavorarono ai ripristini delle bonifiche, alle trebbiature, alle costruzione di strade. Siamo un paese in cui oggi ci sono disponibili decine di migliaia di giovani uomini e donne per ripristinare il territorio? Non lo so chiedo, forse no.
 Forse non ci sono neanche i soldi 
Sì, forse mancano anche i soldi, forse le persone ci sarebbero, magari facendo entrare più immigrati.

fonte - Il Manifesto

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venerdì 28 ottobre 2011

Liguria: corsi d'acqua e alluvioni - 25/7/2011 - La Giunta Regionale predica bene e razzola malissimo!

Spesso quando accadono eventi che coinvolgono vite umane c'è sempre la propensione ad evitare di affrontare direttamente le responsabilità politiche accusando fin troppo spesso chi esterna le responsabilità altrui di azione di sciacallaggio.
Questo documento è del 25 luglio 2011. Dieci mesi dopo l'alluvione che ha colpito il ponente Genovese e tre mesi prima i tragici fatti dell'entroterra di Laspezia  con le devastazioni delle Cinque Terre e di intere comunità della val di Vara.
Non si parla ovviamente di Aulla in quanto competenze e assistenze riguardano Regione Toscana.
Loris

Con la mano destra si sollecita il Governo a trasferire più fondi per gli indennizzi dei danni provocati dall'alluvione del 4 ottobre 2010 che ha danneggiato Sestri Ponente.

Con la mano sinistra si pubblica un regolamento regionale che riduce da 10 a 3 metri le distanze minime per edificare vicino ai corsi d'acqua in ambito urbano.
Ma in Regione Liguria la mano destra sa cosa fa la mano sinistra?
Sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria del 20 luglio 2011 è stato pubblicato il Regolamento Regionale n. 3/2011,a firma del Presidente Burlando ( dopo la benedizione della Giunta del precedente 12 luglio ) , in materia di "tutela delle aree di pertinenza dei corsi d'acqua".
Dove stia la tutela non si sa, visto che a parere degli ambientalisti (inascoltati da gran parte della commissione consiliare chiamata a dare un parere alla Giunta) il famigerato art. 4 del Regolamento sancisce una riduzione delle distanze edificatorie rispetto alla legislazione nazionale (il testo unico delle opere idrauliche del 1904, che introduceva il principio base della distanza di 10 metri delle costruzioni dai corsi d'acqua), e si pone in netto conflitto con quanto previsto dall’art.115 del Dlgs.152/2006 (Testo Unico ambientale), in quanto contrasta con la necessità di una tutela attiva della fascia riparia di vegetazione spontanea (non basta il divieto di urbanizzazione) e la sua ulteriore riduzione è oltremodo contraria all’orientamento di tutela di queste fasce fondamentali per la riduzione del rischio idrogeologico. 
Il WWF ritiene non sormontabile la normativa nazionale ed in particolare quanto previsto dal vecchio ma vigente R.D. n. 523/1904, il quale fissa agli artt. 93 e seguenti, i principi generali per esercizio dell’attività di polizia idraulica, intesa come attività di controllo degli interventi di gestione e di trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi idrici.
Quindi come sottolineato dalla scrivente associazione, era da evitare la riduzione delle fasce di inedificabilità da 10 a 5 (aree extraurbane) o 3 metri (aree urbane).
Inoltre l’art. 5 contenuto nel regolamento approvato apre la strada ad una serie di deroghe (strade incluse) in cui, ad esempio, la realizzazione di insediamenti produttivi , compensata secondo le convenienze del caso, da “opere di messa in sicurezza”, vanificherebbe il principio generale dei vincoli del RD 523/04, proprio quando nella nostra Regione, a causa dei rischi idrogeologici, i fenomeni di piena e dell’eccessiva urbanizzazione di aree golenali, andrebbe cristallizzato il principio delle regole di precauzione anziché quello delle deroghe.

WWF-LIGURIA

http://beta.wwf.it/client/ricerca.aspx?root=28713&content=1

PS. Da Sestrese, da amante del mio territorio non mi sento sciacallo a pubblicare questa informazione.
Informazione perchè notizia sarebbe che si tutela l'ambiente in cui viviamo.
 Loris

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giovedì 27 ottobre 2011

Riflessioni sul 15 ottobre (2 parte) – Protagonisti e comprimari


…prima di cadere in equivoci­­­ è opportuno ricordare che la chiamata del 15 ottobre parte dal movimento degli indignados che rifiuta per sua natura l’etichettamento.
Rispondendo a chi imputava agli indignati spagnoli l’apoliticità e la responsabilità della perdita di consenso di Zapatero, favorendo la destra, affermavo che il disagio sociale e politico che veniva evidenziato da questo movimento era il conflitto che la sinistra per sua stessa natura doveva avere la capacità di gestire.
Tanto per fare un esempio dei nostri giorni, i lamentosi amano scagliarsi contro il movimento 5 stelle di Beppe Grillo accusandolo di sottrarre voti al centrosinistra favorendo quindi le coalizioni di centro-destra, mentre personalmente penso che se la qualità della proposta politica è buona, senza sovrapposizioni e ambiguità, oltre al 5 stelle potrebbe esserci anche il 6 il 7 o l’otto stelle che le coalizioni di centro sinistra non si porrebbero il problema del grillismo.
Tornando agli indignati del 15 ottobre, diverse sigle della sinistra, riunite sulle tematiche dei social forum ai primi di settembre lanciavano una chiamata al fine di facilitare, come sinistra diffusa, la partecipazione alla giornata del 15.
Nell’ulteriore allargamento dei soggetti, ritengo che avere avuto la presunzione di gestire come sigle, una chiamata che nasceva ed era valorizzata dagli individui, sia stato un grave errore.
Quello che era indubbiamente il necessario strumento per la costruzione di una grossa mobilitazione si è trasformato in un boomerang dagli effetti imprevedibili.
Se qualcuno ha pensato che dopo il decennale di Genova era possibile riproporre un coordinamento “stile Genova” per il 15 ottobre, ha evidentemente sottovalutato che dietro al risultato della manifestazione/corteo del 23 luglio, pur nelle sue contraddizioni, quel coordinamento, aveva cementato, nel lavoro di un anno un monolito che non lasciava spazi ad ambiguità (pressioni e forzature medianiche sono state presenti sino alla partenza del corteo, con false notizie di scontri nel centro storico genovese) mentre per la giornata degli indignati i tempi hanno limitato il lavoro ad una adesione formale e a un liberi tutte sulle pratiche ai margini del corteo.
L’evidente cura del proprio settore, delle proprie pratiche e delle proprie alleanze, è stato un corto circuito che ha depotenziato sin dal nascere una delle più imponenti manifestazioni popolari nate e volute dal basso.
Altro errore è stato quello di alcuni ambiti della sinistra di sovrapporre alle parole d’ordine del movimento degli indignati le proprie parole d’ordine.
Non è un caso se l’aggressione al corteo non è avvenuta su uno spezzone, ma tra gli spezzoni tanto sapientemente inquadrati . Non è un caso se le esternazioni postume sull’accaduto sono state fatte dagli organismi delle singole sigle piuttosto che collettivamente.
Forse però nell’amarezza dell’epilogo di quella manifestazione una ragione in più per indignarsi,  indignarsi di questa sinistra cercando di ridare voce a quei valori di solidarietà, condivisione e lotta tanto cari alla tradizione storica e culturale della sinistra italiana, ridare voce all’esserci e non al comparire.
L’aver fatto sclerotizzare all’interno del movimento italiano le tensioni e i conflitti all’interno del microcosmo della sinistra italiana, sono stati un regalo, per i più involontario al Governo italiano e al potere politico finanziario europeo.
Come un disco incantato ripeterò ciò che in altri momenti è stato detto: pratiche nuove di partecipazione e linguaggio nuovo. Se nel bucare lo schermo sta il “modernismo”, espressione del berlusconismo, colmiamo il buco culturale con i contenuti che non sono ne narrazioni ne litanie superate dagli sconvolgimenti sociali degli ultimi decenni.
Ritorniamo a leggere i soggetti sociali senza ne spaventarci  ne snobbando le manifestazioni di disagio espresse dalle centinaia di migliaia di indignados nel mondo e più che al protagonismo di un posto in prima fila torniamo al protagonismo nella gestione dei conflitti.
Sicuramente dopo il 15 ottobre sarà più difficile, ma forse riprendendo dai territori, dove il rapporto ritorna ad essere necessariamente diretto e personale una rete può trovare i nodi giusti sui quali ordire una trama di una nuova politica a sinistra e di sinistra.
Loris




mi astengo dal commentare il filmato. Le posizioni sono molto diverse tra loro e rappresentano comunque delle posizioni. Sulla effettiva rappresentanza in termini "numerici" mi porrei dei seri quesiti. Nell'ambito dell'associazionismo le problematicità restano nel tentativo di rispettare equilibri funambolici

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domenica 23 ottobre 2011

Riflessioni sul 15 ottobre (1 parte) - Vincitori e sconfitti


…è passata una settimana dal 15 dicembre di Roma, e considerando il livello di dibattito che è scaturito, alcune riflessioni ritengo siano necessarie e opportune. 

Vincitori e sconfitti - E’ evidente a tutti che il grande sconfitto della giornata del 15, risulta in tutta la sua miscellanea, il movimento nella sua totalità, nella lotta contro chi ha causato la crisi e contro chi ha deciso che la crisi non l’avrebbero pagata i responsabili dei flussi finanziari, le banche con le loro politiche sopranazionali e gli elusori ed evasori fiscali che sono a tutti gli effetti una cifra considerevole del “debito” 

Se la manifestazione avesse trovato il suo epilogo, in Piazza San Giovanni, molti, come del resto era stato annunciato, non sarebbero tornati a casa e San Giovanni sarebbe diventata una delle piazze “indignate”. Considerando i numeri che sono ballati il 15, forse la più grossa piazza indignata del mondo, e, lunedì, forse sarebbero partite le piazze indignate di Genova, Milano, Pisa. E chissà quante altre,erano pronte a calarsi nel conflitto. 

Vittoria bipartisan, del governo che è il gran protagonista passivo dei diktat della BCE e dell’opposizione parlamentare, che non essendo stata in grado di formulare alcunché nella demarcazione tra chi il debito debba pagarlo e chi non se lo accolla perché gia comunque con scarse coperture sia salariali che di stato sociale, cerca legittimazione nell’ipotesi di un cambio di guardia nella maggioranza parlamentare presso le Banche centrali e tutti gli organismi bancari internazionali. 

Non eravamo arrivati a Roma per una passeggiata rituale, ma per fermarci. L’unico modo per impedircelo è stato renderci impraticabile il luogo simbolo della nostra contestazione, e per chi era in quella piazza è stato evidente come i così detti violenti siano stati sospinti verso chi violento non era e non aveva ne cappucci ne armi atte ad offendere.
Loris



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venerdì 21 ottobre 2011

Storia di baci e forca

Ben Ali, Hosni Mubarak, Mu'ammar Gheddafi......
,

come finiscono i tiranni? Giornalisti benpensanti giudicano poco democratica la fine riservata all'amico di Berlusconi e Frattini.
Una persona a me cara mi ha detto che se pensa a due democratici senza ombra di smentita, le vengono in mente Sandro Pertini e Riccardo Lombardi, ambedue per il ruolo che ricoprivano nel CLN decretarono la condanna a morte di Benito Mussolini. Credo che i giornalisti benpensanti dovrebbero essere un po meno ipocriti. O forse non sarebbero giornalisti italiani?

Piazzale Loreto fu un atto di giustizia nei confronti di chi portò l'Italia alla rovina.

mercoledì 19 ottobre 2011

Comunicato - da Genova sul 15 ottobre



Comunicato
Noi, che siamo stati parte del coordinamento nazionale 15 ottobre, ribadiamo che quel giorno ha segnato in tutto il mondo la nascita di un nuovo gigantesco protagonismo sociale. Milioni di cittadini ovunque in tutti i continenti hanno manifestato per difendere la democrazia ed i diritti, messi a rischio dall’arroganza dei governi, delle banche, dalla finanza speculativa e dalle istituzioni finanziarie come il FMI che vorrebbero fare pagare la crisi ai cittadini ed alle cittadine.
A Roma si è registrato il numero più alto di partecipazione, a dimostrazione della straordinaria vitalità dei movimenti e della società civile italiana. Cinquecentomila persone sono venute a Roma con le loro proposte e la loro indignazione, con l’obiettivo di riprendersi quegli spazi di partecipazione e parola che sono stati loro negati in questi anni.
Famiglie, lavoratori e lavoratici, studenti, ricercatori, precari, pensionati, artisti, associazioni, comitati territoriali, parrocchie, forze politiche, sindacali e sociali: un’Italia plurale ieri si è manifestata contro le politiche di austerità e per cambiare le politiche economiche in Italia ed in Europa.
Il diritto alla parola ci è stato invece negato da parte di chi ha aggredito il corteo e la città. Centinaia di persone hanno fatto la gravissima scelta di violentare la nostra manifestazione ed hanno in realtà manifestato contro di noi. Il corteo ha reagito, si è ribellato, difendendo il proprio diritto alla partecipazione.
Denunciamo le gravissime responsabilità delle forze dell’ordine che, in Piazza San Giovanni, hanno seminato panico con le cariche dei furgoni fra i manifestanti, riportandoci alle situazioni e alle immagini di Genova 2001.
Durante e dopo il corteo si sarebbero dovute produrre, promosse da diverse organizzazioni, performance e azioni diverse. In molti si sarebbero accampati per la notte a San Giovanni, al Colosseo e ai Fori Imperiali per simboleggiare –attraverso la riappropriazione delle piazze e delle strade- la volontà di riprendersi il diritto alla partecipazione, la democrazia, i diritti di cittadinanza.
Le ragioni che ci portano a continuare il nostro impegno sono sempre più presenti. La gravità della crisi e le ricette sbagliate che continuano a imporci sono i motivi che ci spingono a continuare la nostra lotta. Per il bene comune. Per il bene di tutti e tutte.
Genova – 18 ottobre 2011

Antonio Bruno (del Forum della Sinistra Europea Genova)
Giuseppe Gonella (dell'Ass. Culturale Punto Rosso Genova)
Rita Lavaggi (della Rete 15 ottobre Genova)
Loris Viari (della Rete 15 ottobre Genova)


rete15ottobre.genova@gmail.com 
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mercoledì 12 ottobre 2011

15 ottobre - GENOVA INDIGNATA CHIAMA



15 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE  A ROMA


PEOPLES OF EUROPE, RISE UP!



“gli esseri umani prima dei profitti, non siamo merce nelle mani di politici e banchieri, chi pretende di governarci non ci rappresenta, l’alternativa c’è ed è nelle nostre mani, democrazia reale ora!”



GENOVA INDIGNATA CHIAMA !

PRESIDIO
SABATO 15 ore 15.00
DAVANTI A BANCA D’ITALIA
Via Dante 3

PER TUTTI COLORO CHE NON HANNO TROVATO POSTO SUI 10 PULMAN PER ROMA

APPUNTAMENTO CITTADINO



rete15ottobre.genova@gmail.com


scarica il volantino e il comunicato
volantino               comunicato



            

giovedì 6 ottobre 2011

Barletta - La parola alle donne


Sono stato molto combattuto sullo scrivere della strage di Barletta. Parlare di indignazione, di sconforto, di precariato e quant'altro sarebbe stato comunque insufficente di fronte ai 5 cadaveri di donne sacrificate al lavoro per 4 euro all'ora, senza diritti senza sicurezze. 
Potrei scrivere di ministri come Sacconi, avezzi alla macelleria sociale, o di premier indegni, quando parlano di aiuti a famiglie in difficoltà, ma sarebbe offensivo alla memoria di quelle 5 donne, essere anche lontanamente accumunate in un ragionamento a queste pochezze della politica.
Prima che lavoratrici donne, per questa ragione è alle donne che lascio il compito di ricordarci, documentarci e insegnarci, estrapolando da questo blog di donne.





Noi per esempio stragi del genere le inseriremmo nella lista dei femminicidi perché sono crimini nei confronti di lavoratrici deboli e ricattabili che in quanto tali accettano di stare nascoste negli scantinati perché non si sappia quante sono e cosa stanno facendo.


Ce l’avevano un contratto regolare? Quelle che sono morte ammazzate, dico. Ce l’avevano o no? I parenti ci dicono di no e ci dicono che lavoravano in nero per 4 schifosissime euro l’ora. Quella ditta ce l’aveva il permesso per stare in quella stamberga? Non sarebbe obbligatorio per i luoghi di lavoro averci una serie di norme per la sicurezza da rispettare? E se ci fosse stato un incendio? Come potevano uscire quelle povere anime da là sotto? Quanti anni avevano? Erano in quell’età che ti costringe a stare fuori dal mercato del lavoro, destinate nei sotterranei per arrivare a morte certa? Lo capite o no che tra quelle donne poteva starci chiunque tra noi? Chiunque tra le tante precarie che combattono ogni giorno in Italia?


Intrappolate come topi e non servono le parole di commiato e tutta l’indignazione che si può spendere adesso perché in Italia c’è un sommerso di lavoro infame che recupera persone ricattabili e le tratta da bestie.


A prescindere da tutto, dall’illogica capacità di certi enti di ignorare le segnalazioni per non farsi carico di cose che costano responsabilità, come già fu per la casa dello studente dell’Aquila o per la scuola elementare delle marche, com’è per mille luoghi strutturalmente fragili che pure ci abitiamo e lavoriamo, a parte tutto questo, dico, c’è il fatto che a morire sono sempre gli ultimi e le ultime.


Ne sono morte cinque, infine, e noi speravamo di no, invece, e ci dispiace che sui giornali si taccia sulle dipendenti e si sottolinei in mille modi che a morire c’era pure la figlia quattordicenne dei titolari che era passata a trovarli, ché forse la pietà può fermare i pensieri, le critiche e le riflessioni? Ci spiace, moltissimo, e comprendiamo e rispettiamo il dolore, ci spiace davvero, come ci è dispiaciuto per il figlio del sindaco del paese in cui crollò la scuola elementare ma averci un figlio tra le vittime non ci esonera dalle responsabilità, anzi le amplifica e ce le ributta sotto il naso ché non ci sono giustificazioni per cose del genere. E quella responsabilità va sicuramente ripartita e bisogna parlarne se non si vuole che accada ancora.


Ci sono quelli che per spuntarla con le tasse e tutto il resto e per guadagnare sul lavoro altrui aprono una ditta in un sotterraneo e poi prendono personale in nero e poi ci sono quelli che saltano controlli e quelli che sfruttano l’indotto per subappaltare lavori e mi ricordo dei racconti di Saviano in Gomorra mentre diceva di quelle persone che stavano nascoste a cucire gli abiti della grandi marche italiane per pochi euri l’uno. Abiti che poi li rivedevi nelle sfilate per gli oscar indossati dalle grandi attrici.


Non servono le parole di commiato, serve strappare le donne dalle condizioni di ricattabilità. Le donne e gli immigrati che sono l’altra grandissima categoria debole. Questi sono crimini che vanno addebitati a chi ha organizzato il lavoro in quel modo e a chi continua a pensare una organizzazione sociale che rimanda le donne negli scantinati e in luoghi pericolosi e bui dai quali è impossibile uscire in caso di “tragedia annunciata” come questa.


Queste giornate sono da ricordare, come il primo maggio o l’otto marzo, come tutte quelle giornate di resistenza attiva in cui ci sono persone, donne, cadute sul campo di battaglia mentre tentavano di racimolare qualcosa per portare il pane in casa.


La precarietà uccide. L’irresponsabilità idem. Ed è ora che tutti si assumano le proprie responsabilità. Vogliamo i nomi delle donne che sono morte ammazzate. Vogliamo le loro faccele loro storie, vogliamo ricordarle e sapere chi erano e perché erano costrette a stare in quel posto terribile. Vogliamo toccarlo con mano il dolore e lasciarci ferire perché siamo già ferite e non ne possiamo più di vedere le donne morire una dopo l’altra, per un motivo o per un altro.


Buonanotte sorelle. Fate un buon sonno e riposate finalmente. Assieme ai vostri cari ci siamo anche noi a piangervi e ci rincontreremo un giorno, nel paradiso delle precarie resistenti che hanno lottato fino all’ultimo e che sono morte lottando per la propria sopravvivenza. Noi verremo a manifestare e ad abbattere muri. Senz’altro porteremo uno striscione con i vostri nomi e vi abbracciamo, una ad una. Tutte.
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domenica 2 ottobre 2011

Lettera BCE - Noi la respingiamo al mittente



Cliccando sulla busta si può leggere il testo che la BCE ha inviato a Berlusconi il 5 agosto dettando al governucolo da lui guidato le linee per le manovre che si sono succedute.
Non mi risulta che gli italiani nel momento che sono stati chiamati a votare abbiano messo la croce sul partito delle banche, e ancor di meno che ci sia la disponibilità a pagare i debiti provocati dalle speculazioni finanziarie delle piccole e grandi banche. I debiti provocati dall' evasione fiscale e dal sistema di corruzione diffusa.

Per queste ragioni NOI la lettera la rimandiamo al mittente !!!!

Loris



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sabato 1 ottobre 2011

Documento finale dell’assemblea svoltasi il 1° ottobre al teatro Ambra Jovinelli di Roma


Documento finale
dell’assemblea svoltasi il 1° ottobre
al teatro Ambra Jovinelli di Roma
approvato all’unanimità (meno 2 astenuti e 2 contrari) dalle/dai 700 partecipanti all’assemblea nazionale delle/dei firmatari dell’appello “Dobbiamo fermarli.
Noi partecipanti all’assemblea del 1° ottobre a Roma: “Noi il debito non lo paghiamo. Dobbiamo fermarli” ci assumiamo l’impegno di costruire un percorso comune.
Tale percorso ha lo scopo di affermare nel nostro paese uno spazio politico pubblico, che oggi viene negato dalla sostanziale convergenza, sia del governo sia delle principali forze di opposizione, nell’accettare i diktat della Banca Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Confindustria e della speculazione finanziaria. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico, che rifiuti le politiche e gli accordi di concertazione e patto sociale, che distruggono i diritti sociali e del lavoro. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico nel quale si riconoscono tutte e tutti coloro che non vogliono più pagare i costi di una crisi provocata e gestita dai ricchi e dal grande capitale finanziario e vogliono invece rivendicare sicurezza, futuro, diritti, reddito, lavoro, uguaglianza e democrazia.
Vogliamo partire dai cinque punti attorno ai quali è stata convocata questa assemblea
1. Non pagare il debito, far pagare i ricchi e gli evasori fiscali, nazionalizzare le banche
2. No alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, no alla corruzione e ai privilegi di casta
3. Giustizia per il mondo del lavoro. Basta con la precarietà. Siamo contro l’accordo del 28 giugno e l’articolo 8 della manovra finanziaria.
4. Per l’ambiente, i beni comuni, lo stato sociale. Per il diritto allo studio nella scuola pubblica.
5. Una rivoluzione per la democrazia. Uguale libertà per le donne. Parità di diritti per i migranti. Nessun limite alla libertà della rete. Il vincolo europeo deve essere sottoposto al nostro voto.
Ci impegniamo a portare i temi affrontati in questa assemblea diffusamente in tutto il territorio nazionale, costruendo un movimento radicato e partecipato. Così pure vogliamo approfondire i singoli punti della piattaforma con apposite iniziative e con la costruzione di comitati locali aperti alle firmatarie e ai firmatari e a chi condivide il nostro appello. Intendiamo organizzare una petizione di massa sul diritto a votare sul vincolo europeo.
Nel mese di dicembre, a conclusione di questo percorso a cui siamo tutti impegnati a dare il massimo di diffusione e partecipazione, verrà convocata una nuova assemblea nazionale, che raccoglierà tutti i risultati e le proposte del percorso e che definirà la piattaforma, le modalità di continuità dell’iniziativa, le mobilitazioni e anche eventuali proposte di mobilitazione e di lotta.
Intendiamo costruire un fronte comune di tutte e tutti coloro che oggi rifiutano sia le politiche del governo Berlusconi, sia i diktat del governo unico delle banche. Diciamo no al vincolo europeo che uccide la nostra democrazia. Chi non è disposto a rinviare al mittente la lettera della Banca Europea non sta con noi. Questo fronte comune non ha scopo elettorale, ma vuole intervenire in maniera indipendente nella vita sociale e politica del paese, per rivendicare una reale alternativa alle politiche del liberismo e del capitalismo finanziario. Questo fronte comune vuole favorire tutte le iniziative di mobilitazione, di lotta, di autorganizzazione che contrastano le politiche economiche liberiste. Questo percorso si inserisce nel contesto dei movimenti che, in diversi paesi europei e con differenti modalità e percorsi, contestano le politiche di austerità e la legittimità del pagamento debito a banche e imprese.
Su queste basi i partecipanti all’assemblea saranno presenti attivamente anche alla grande manifestazione del 15 ottobre a Roma sotto lo striscione “Noi il debito non lo paghiamo”.

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Noi il debito non lo paghiamo

ASSEMBLEA PUBBLICA ALL' AMBRA JOVINELLI DI ROMA

gli interventi singoli sono caricati sul seguente canale di Libera Tv

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