il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



giovedì 29 luglio 2010

NON PARTIAMO DAL PREMIER RIPARTIAMO DAGLI ULTIMI - Don Andrea Gallo




Di questi tristi tempi mi riaffiorano reminiscenze dantesche. Emerge l´invettiva del sesto canto del Purgatorio (vv.76-78) che recita: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello”. Spaventato e spaventoso il Cavaliere di Arcore prepara l´offensiva estiva: “Fini è come la Fiom, ma rivoluzionerò il Partito”. Il fatto è che gli affondi dei finiani sulla legalità si sommano alle severe inchieste della magistratura. La Giustizia faccia correttamente il suo corso senza bavagli. «Nulla vi turbi», rassicura Berlusconi, lo dimostrano gli ultimi sondaggi che confermano una popolarità altissima: «Sono al 61 per cento afferma, un record altissimo. Insomma, siamo al “predellino due». In Liguria il blocco storico del Pdl attende confusamente il “rientro” di Claudio Scajola. Ci sarà? A Zoagli intanto si aggira il ministro della Difesa con i suoi gladiatori. Il Poeta, il Governatore, il Carismatico, l´Uomo che viene dal Sud, Nichi Vendola, punta al cuore del Pd.


alcuni militanti del partito, invece di riflettere pacatamente tra loro e col segretario, legittimamente eletto, si agitano. Nello schieramento del vecchio centrosinistra, sono colpiti favorevolmente da questa novità (di sinistra?). Il professor Cacciari soffia sul fuoco. I circoli culturali lanciano ipotesi liberatorie. Sono amico fraterno di Nichi da molti anni. Lo stimo, lo apprezzo e gli sono affezionato. Con le mie perplessità mi domando: "Cui prodest?" A chi giova questa calda accelerazione? Non è democrazia a mio avviso, limitarsi a prendere posizione, "pro" o "contro" qualcuno. Liberarsi e crescere politicamente insieme significa imparare a "pensare alla grande" per generare nuove idee, progetti chiari, Cultura dei Valori". Apriamo "fabbriche", circoli, dibattiti, ma soprattutto incontriamo con umiltà tutti i movimenti del Territorio "autogestito". Ascoltare, ascoltare,ascoltare... Quante cittadine, cittadini, compagne e compagni non hanno voce. Pontificano i soliti "noti" convinti di convogliare consensi, provocando invece delusioni, astensioni e divisioni. Ho la sensazione che noi "garantiti" a vario titolo, non siamo consapevoli della gravissima situazione del Paese. La coscienza e la morale hanno toccato il punto più basso: lo squallore. Possibile che la priorità assoluta e urgente sia la designazione del premier? Sorgano "cantieri sociali" allargati per affrontare i temi cruciali e per imparare tutti la Partecipazione democratica "dal basso", senza "le prediche inutili" dei vari pulpiti dei notabili, e diciamo chiaro, senza "auto-candidature". I risultati saranno efficaci, nuovi e originali dopo l´approfondimento con le singole persone rispettate nella loro dignità e importanza. Tra questi "temporali" estivi nasce un "tavolo" a Torino per salvare Mirafiori e perchè no a Termini Imerese, all´Asinara o al "Dal Molin"con 27 gru devastatrici della falda acquifera vicentina, o in Val Susa? Qualcuno dimentica il No-Tav. Perchè molti "democratici" non si sono accorti del "Popolo dell´acqua?"(un milione e mezzo) A Genova non si dorme. Continua l´altalena degli Ospedali: Galliera, Evangelico, Voltri e ritorno. I sindaci dell´entroterra genovese per i trasporti pensano di ripristinare il tranvai a "cavalli". Le elementari rischiano di andare a scuola senza libri. Una "cosa" chiamata riforma punta alla privatizzazione delle università statali. Sindacalisti denunciati e licenziati. Segnale allarmante. Cresce la "folla" dei nuovi poveri, chiedetelo ai parroci. Leggevo un foglio per caso ed ero convinto di avere tra le mani il "Manifesto". Era un articolo tratto da w.w.w.famigliacristiana.it del 10 luglio 2010. "Mentre si approva una manovra economica che sarà pagata dai più deboli (con quale coscienza i parlamentari che si vantano di essere cattolici andranno a votarla?) il governo si prepara a spendere 12 miliardi di euro per l´acquisto di 131 bombardieri F35." C´è una vasta mobilitazione. Pax Christi scrive a Napolitano per fermare il progetto. La Diocesi di Novara, dove si trova la base militare di Cameri, pubblica un documento contro la follia del super-bombardiere. Con quella cifra si potrebbero ricostruire tutte le case terremotate dell´Abruzzo, oppure mettere in sicurezza metà delle scuole, magari acquistare 10 milioni di pannelli solari sufficienti a dare energia pulita a quasi tutta l´Italia. I cristiani non dialogano perché afflitti e contagiati dal disastro dilagante, ma perché il dialogo fa parte del loro statuto costitutivo: farsi prossimo all´altro. Ascoltare il migrante, il perdente, il senza casa, il senza voce, il senza lavoro, il diverso, il rifugiato, il carcerato, il malato senza cura adeguate. Solamente così il seguace di Gesù potrà cantare a voce alta il "Padre Nostro" lievitando la sfera politica. Non partiamo dal premier, ripartiamo dagli ultimi. 

DON ANDREA GALLO




Ho terminato ieri sera la lettura del libro di Don Gallo e ritengo che qualsiasi commento risulti superfluo.
Per questa ragione ringrazio pubblicamente chi me ne ha fatto dono!

martedì 27 luglio 2010

La Federazione nazionale della Stampa Italiana comunica:



“Attenti e vigili in piazza Montecitorio giovedì 29 luglio alle ore 16 in contemporanea con l’avvio del dibattito sul ddl intercettazioni nell’aula della Camera. Il ‘Comitato per la libertà e il diritto all’informazione e alla conoscenza’, che aveva organizzato le manifestazioni del primo luglio a piazza Navona e in altre città italiane, è tornato a riunirsi nella sede della Fnsi ed ha fissato questo presidio per indicare che rimane alta l’attenzione e la mobilitazione delle forze sindacali e sociali. I positivi emendamenti votati dalla Commissione Giustizia della Camera per le parti riguardanti il lavoro dei giornalisti - con l’introduzione dell’udienza-filtro, che è anche il risultato della pressione esercitata per mesi da un ampio cartello di associazioni - non possono nascondere i pericoli che ancora il testo comporta per il diritto dei cittadini a comunicare (con l’immotivata sottomissione dei blog alle stesse regole dell’informazione professionale) e per la sicurezza stessa della comunità, visti gli ostacoli che il disegno di legge Alfano continua a porre al ricorso alle intercettazioni da parte di magistrati e forze di polizia.

Né tagli, né bavagli’, aveva detto l’insieme di sigle ritrovatosi a combattere contro le diverse forme di censura. E dunque non c’è motivo di smobilitare, poiché negli stessi giorni in cui viene modificato il ddl Alfano arriva a conclusione una manovra economica di devastante impatto sulle testate cooperative, non profit e di partito, che la cancellazione del cosiddetto ‘diritto soggettivo’ porta in molti casi sull’orlo della chiusura. La decurtazione drastica dei finanziamenti pubblici è il bavaglio più letale, così come i tagli alla culturae allo spettacolo tolgono voce ai punti di vista critici e alle espressioni meno omologate.
Il presidio del 29 luglio a Montecitorio riaffermerà la forza dell’alleanza tra gli operatori dell’informazione e della cultura ei tanti cittadini che non vogliono più farsi sottrarre notizie e conoscenza”.

lunedì 26 luglio 2010

Da Reggio Emilia a Genova l'ingiustizia di Stato - (G.Giuliani)



Il 7 luglio scorso sono stato a Reggio Emilia. Cinquant’anni trascorsi, e l’unica sentenza emessa è ancora “assolti per non aver commesso il fatto”: si saranno sparati fra loro quei cinque, ai punti cardinali della grande piazza dei Teatri, interi caricatori per lasciare per terra più di cinquecento bossoli. Lo ricordano con tristezza i familiari di Afro, Emilio, Lauro, Marino, Ovidio: tristezza per un Paese che fatica ad accettare la verità, a riconoscere la giustizia. Lo ricordano con l’orgoglio e la convinzione che i loro cari avessero fatto la cosa giusta nel posto giusto. E gli altri? I carabinieri e i poliziotti che hanno sparato le raffiche ad altezza d’uomo, che hanno preso la mira, che hanno sparato per uccidere persone inermi che volevano soltanto manifestare?


Sì, gli altri, gli assassini? Hanno solo obbedito a un ordine o ci hanno messo (anche) del loro?Se ne è discusso a Genova sette giorni prima, ricordando il 30 giugno, quando un moto di popolo impedì l’offesa alla città medaglia d’oro della Resistenza di un congresso del MSI celebrato dal gerarca fascista responsabile della uccisione di partigiani e della deportazione nel ’44 di 1600 operai nei lager nazisti. Quello stesso MSI che consentiva col suo voto determinante l’esistenza del primo governo di destra dell’Italia repubblicana, il governo Tambroni. A Genova l’attitudine violenta dei reparti fu sconfitta dalla straordinaria partecipazione giovanile e operaia, incontro di generazioni: i ragazzi dalle magliette a strisce e i padri metalmeccanici e portuali che la Resistenza l’avevano fatta e vissuta. A Reggio Emilia, si è detto, i comandi hanno voluto accreditarsi, e molti lo hanno fatto senza troppi problemi: uno degli esiti non sufficientemente valutati della pacificazione era stato che una serie di vecchi arnesi del fascismo e della repubblica di Salò erano tornati ai loro posti. Ma a sparare sono stati in molti, troppi, e allora non si sfugge alla constatazione che era emersa una voglia diffusa di vendetta per l’umiliazione subita a Genova e che aveva coinvolto anche i celerini e la truppa, quella stessa voglia di vendetta che in quegli stessi giorni fece uccidere Vincenzo a Licata; Andrea, Francesco, Giuseppe e Rosa (aveva 53 anni e stava chiudendo la finestra di casa) a Palermo; Salvatore a Catania.I due decenni successivi vedono un paio di tentativi di colpi di stato ai quali si prestano alcuni reparti; soprattutto inizia la fase dello stragismo, e poi del terrorismo ambiguo, sempre e comunque dalla parte sbagliata. L’inaccettabile elenco dei morti ammazzati (difficile non rischiare di dimenticarne qualcuno) si allunga, rendendo persino banale la distinzione pasoliniana tra proletari (gli agenti) e borghesi (gli studenti). Se non su un punto: che quello dei poliziotti doveva essere considerato un lavoro portatore di diritti. Alle straordinarie conquiste civili e democratiche degli anni settanta (aborto, divorzio, statuto dei lavoratori) si associa quella della democratizzazione della polizia: smilitarizzazione e sindacato. Ricordo ancora quella grande manifestazione della CGIL a Milano, con Luciano Lama. Poi, come succede spesso, una conquista viene considerata come acquisita per sempre: non è così.Lo abbiamo visto a Genova nel luglio 2001. Erano trascorsi 24 anni dalla uccisione di Giorgiana nelle strade di Roma e non era più accaduto che un giovane venisse ammazzato nel corso di una manifestazione. C’è chi ricorda che a Napoli, qualche mese prima, si era corso il rischio, e che i comportamenti nella piazza, alla caserma Raniero, negli ospedali non lasciavano prevedere nulla di buono. Tuttavia a Genova è proprio diverso. Ciò che avviene è preparato, la strategia è studiata. Non per niente al governo c’è di nuovo la destra. Si lasciano agire indisturbati piccoli gruppi di devastatori (molte immagini lasciano pensare che le infiltrazioni abbiano contribuito alle imprese) allo scopo di far accogliere la successiva repressione di manifestanti con l’applauso da parte di una opinione pubblica narcotizzata dai media di regime. Insomma, avviene quello che, in un’intervista concessa al Quotidiano nazionale il 23 ottobre 2008, l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che se ne intende, descriverà con dovizia di particolari: “Ritirare le forze di polizia dalle strade, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città”. “Dopo di che?”, chiede l’intervistatore. “Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.”Della violenza di Genova colpiscono la brutalità con la quale gruppi di carabinieri, poliziotti e finanzieri si accaniscono per strada su singoli manifestanti inermi e indifesi, e anche la sproporzione numerica fra i picchiatori e chi cerca in qualche modo di riportarli alla ragione. E’ solo uno sfogo di frustrazioni o c’è un nesso con la formazione e l’orientamento? Perché a Carlo, dopo averlo colpito a morte, spaccano la fronte con una pietrata per poter accusare un manifestante di averlo ucciso con il suo sasso? Perché i carabinieri dei reparti speciali festeggiano nel loro acquartieramento la giornata del 20 luglio cantando “faccetta nera” e nessuno dice niente? Perché a Bolzaneto torturano? Perché alla scuola Diaz il reparto mobile di Roma pratica la “macelleria messicana”? La chiave interpretativa sta nella testimonianza di un capitano dei carabinieri che il 20 luglio, in Piazza Alimonda, era solo tenente. In tribunale, durante il processo a 25 manifestanti, continua a parlare di guerra e quando l’avvocato gli fa notare che lui, certo, ha una mentalità militare, ma che lì non si tratta di guerra ma di ordine pubblico, risponde a voce alta: “E’ uguale, è uguale, cambiano solo gli strumenti dell’offesa”, e nel caso non si fosse capito lo ripete con foga.Chi sta sotto a volte guarda in alto. Non ricava l’esempio migliore, anzi. Tutti promossi, premiati, decorati. Quelli in carriera militare con le stellette d’oro e d’argento e le onorificenze al merito. Gli altri con incarichi prestigiosi ai vertici dei servizi. E anche quando arrivano le condanne di appello scattano subito le manifestazioni di stima da parte della destra di governo. Non c’è che ricavarne una indicazione di impunità, meglio ancora, di impunibilità.Dall’inizio dell’anno il carcere ne ha suicidati più di trenta. Sui muri di Roma un manifesto sollecita inquietudine. Ci sono le fotografie di Carlo, Federico, Gabriele, Stefano, e una scritta: il prossimo potresti essere tu. Poi picchiano i terremotati dell’Aquila e gli operai di Milano. E ci si comincia finalmente a chiedere perché. Poi il tribunale di Milano ha condannato in primo grado a 14 anni di carcere il generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer, due stelle, capo dei ROS (Reparti Operativi Speciali), per traffici di stupefacenti dal 1991 al 1997. Uno così a Genova non poteva mancare, e infatti c’era. A uno così la fiducia del governo non poteva mancare, e infatti Maroni gliela ha accordata.Occorre ritornare agli anni del rilancio democratico. Deve farlo la politica, ma la buona politica, oggi, è merce rara.

Giuliano Giuliani


giovedì 22 luglio 2010

Fiat : miserie e "nobiltà" di una azienda italiana

Sono ormai anni che la Fiat, intesa come azienda, si alimenta e vive grazie agli interventi a vario titolo dei contributi pubblici. La grande capacità dell’imprenditoria Italiana è cercare di far pagare al “pubblico” le perdite e di incamerarsi, velocemente e possibilmente esentasse, i guadagni. La vicenda Alitalia sotto l’egida di questo governo, da questo punto di vista, merita l’oscar per la divisione tra perdite “pubbliche” e ricavi “privati”.
Credo di non dire una grossa idiozia, se affermo che se i contributi vari intascati dall’azienda torinese negli anni fossero andati direttamente ai lavoratori, molto probabilmente questi, avrebbero avuto garantito un salario senza la necessità di produrre automobili.
Il caso Pomigliano prima ed ora a breve giro di vite il Mirafiori-Serbia ritengo dimostrino la grettezza di questo menagement.
Ma quanto sarebbe, a questo punto balzana, l’idea di nazionalizzare la Fiat e tutti i connessi alla casa Torinese e ciò che rimane in Italia delle imprese della famiglia Agnelli?


Quanto sarebbe balzana l’idea di una riconversione da quello che è il mercato dell’inquinamento come l’auto a prodotti ambientalmente compatibili?

Visto e considerato che quella in atto è senza mezzi termini una vera e propria lotta di classe perchè anzichè alla gandiana resistenza passiva non reagiamo con l'aggressività delle proposte di chi dalla crisi esce col sudore del proprio lavoro?
Loris



mercoledì 21 luglio 2010

20 luglio Piazza Alimonda - Quando non fu ucciso solo Giuliani.

20 luglio 2010
Resta difficile spiegare per chi a Genova non c’era nel luglio 2001, il perché ogni anno ci ritroviamo a celebrare in quella piazza, sconosciuta ai più,sino a quel tragico 20 luglio del 2001, l’uccisione di Carlo Giuliani.
Il ricordo di Carlo appartiene a chi con lui ha condiviso gran parte della sua breve vita, appartiene alla sfera dei suoi famigliari e dei suoi amici. La memoria invece appartiene a tutti noi, perché in quella piazza, lo Stato, che aveva già sospeso la democrazia in tutta la città di Genova travolgeva ogni argine di pudore, uccidendo Carlo, tentando di depistare le responsabilità cercando le giustificazioni la dove di giustificabile non c’era niente.
Sono serviti nove anni per acclarare nel caso dell’assalto alla scuola Diaz le responsabilità da parte della magistratura, dei più alti in grado della Polizia nel depistaggio su quanto accaduto.
Nel lento affermarsi delle responsabilità istituzionali, risulta inequivocabilmente, quanto fosse giustificata la richiesta di una commissione parlamentare di inchiesta sui tragici fatti del G8 Genovese. Risulta altresì evidente come la destra non avrebbe potuto tollerare la “verità” politica sul G8 genovese e, come settori di ciò che alla destra dovrebbe opporsi, sul caso specifico trovò imbarazzanti convergenze.
Resteranno aperte le domande di cosa faceva il vicepremier alla caserma dei Carabinieri di San Giuliano e dove andassero quei giovani che da quella caserma uscivano mascherati per non farsi identificare e armati di spranghe e bastoni.
Sarebbe un grave errore relegare gli avvenimenti del G8 genovese a un problema di ordine pubblico. Una sospensione della democrazia è cosa assai più grave, e i tentativi di limitare la possibilità di manifestare la propria opinione come è avvenuto in questo ultimo periodo da la dimensione di quale deriva abbiamo intrapreso.
Per queste ragioni il filo che ci lega alla storia del giugno 60 a Genova e alla vendetta dello stato a Reggio Emilia pochi giorni dopo si riannoda praticamente dopo quarant’anni, dando un senso al significato della Memoria.
Gli Ovidio Franchi, i Lauro Farioli e gli altri che perirono dall’Emilia alla Sicilia sotto i colpi della polizia di Tambroni, passano la mano a Carlo Giuliani e i giovani dalle magliette a strisce si trasformano in quella marea umana che a Genova era venuta a manifestare per un mondo più equo e giusto.
giovani e meno giovani che si ritrovarono nuovamente “nel posto giusto…nel momento giusto."

Loris

domenica 11 luglio 2010

acqua bene comune "ma tengo famiglia..." Nomine al Cda dell'ARIN Spa


Napoli: Due membri di Sinistra ecologia e libertà e di Rifondazione comunista nel nuovo Cda dell'ARIN Spa
2009102815546_logo_arin_testataComunicato del Comitato campano per l'acqua pubblica in seguito alla nomina di due membri di Sinistra ecologia e libertà e di Rifondazione comunista nel nuovo Cda dell'ARIN Spa.
Ieri, martedi 6 luglio 2010, ci é giunta la notizia che nel nuovo Consiglio d'Amministrazione dell'Arin Spa sono stati nominati il segretario regionale di Sinistra Ecologia e Libertà, Peppe De Cristofaro, e Domenico De Falco, membro di Rifondazione Comunista.

Questi due partiti che hanno aderito a livello nazionale nel comitato sostenitore per il referendum, e che in Campania si sono mobilitati nella raccolta firma, sono in chiaro contrasto con la posisione del Forum nazionale dei movimenti dell'acqua, accettando la nomina di propri esponenti nel CdA di una Società per azione.


In questi mesi, ci siamo mobilitati nella raccolta firma per proporre tre quesiti referendari che hanno lo scopo di abrogare le leggi che in Italia costringono gli enti locali ad organizzare gare di appalto per aprire il mercato dell'acqua ai privati. La scelta di tre quesiti per abrogare 3 articoli di 2 leggi diverse vuole permettere di tornare ad una situazione in cui i comuni saranno liberi di scegliere il tipo di gestione che vogliono, e quindi di potere ripubblicizzare l'acqua liberamente .
Ricordiamo che il secondo quesito, che vuole l'abrogazione dell'articolo 150 della legge 152/2006, esprime nettamente l'opposizione dei movimenti dell'acqua alla gestione del servizio idrico con Società per azioni, esse siano con una partecipazione pubblica o meno.
Una società per azione, anche se detta Spa pubblica é sempre una società di diritto privato, società che per definizione tende a fare profitto. Riteniamo che l'acqua sia un bene comune fondamentale e che la sua gestione debba essere assolutamente pubblica, senza che nessuno possa fare profitto su un bene che consideriamo un diritto e non una merce. Per questo chiediamo da anni la ripubblicizzazione totale del servizio idrico.

Aderendo al comitato sostenitore per il referendum, e partecipando alla raccolta firma per i referendum, Sinistra Ecologia e Libertà e Rifondazione Comunista si erano quindi schierati nettamente con la linea del Forum Italiano dei movimenti per l'acqua pubblica.(per leggere il comunicato completo del comitato campano per l'acqua pubblica clicca qui)

Non aggiungerò mie considerazioni politiche alla vicenda e mi limiterò a trascrivere alcune righe tratte dalla prefazione a "La quarta via" di Pierfranco Pellizzetti..."Semmai la sinistra - intesa come soggetto politico - va incontro alla propria sconfitta perchè abiura e tradisce. Abiura rinunciando all'identità, tradisce quando non mantiene le promesse ufficiali/cerimoniali e si trasforma nell'ufficio di collocamento per una corporazione di privilegiati"..




sabato 10 luglio 2010

Genova Piazza Alimonda 9 anni dopo - Programma iniziative



Quest’anno il luglio genovese del 2001 lo ricordiamo con un convegno su


 “Vittime di Stato, quale giustizia?”


Si svolge presso la Sala Incontri della Regione Liguria, in piazza De Ferrari, sabato 17 e domenica 18 luglio.

 

Sabato 17 luglio il programma prevede, con inizio alle ore 10.30, le Testimonianze di ieri, con il ricordo di Giuseppe Pinelli, Franco Serantini, Francesco Lorusso, Fausto e Iaio e la presenza di familiari e amici delle vittime.


Alle 16.30 le vittime del Carcere e degli Altri luoghi di detenzione, con il ricordo di Aldo Bianzino, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e la presenza dei familiari.


Alle 20.30 le Testimonianze di oggi: Carlo, la Scuola Diaz, Federico Aldrovandi, Bledar Vukaj, Francesco Mastrogiovanni, anche in questo caso con la presenza dei familiari.Alle testimonianze si alterneranno la lettura di brani da spettacolo teatrale, a cura di Enrico Agostino; le canzoni di Alessio Lega e Marco Rovelli; la lettura, fatta dall’autore, di brani di “Impìccati! Storie di morte nelle prigioni italiane”, di Luca Cardinalini.


Domenica 18 luglio, alle 10.30, “Dalla parte delle vittime”, tavola rotonda alla quale partecipano don Andrea Gallo, della Comunità di San Benedetto al Porto, Italo di Sabato, dell’Osservatorio repressione, Gilberto Pagani, di Avvocati Europei Democratici, Stefania Zuccari, delle Madri per Roma città aperta, Carlo Bachshmidt, della Segreteria del GLF, Francesco Barilli, si Reti In-visibili.


il 20 luglio saremo in Piazza Alimonda, dalle 15 alle 20, per ricordare Carlo con Musica e Teatro in Piazza. Suoneranno per noi Renato Franchi e l’Orchestrina del suonatore Jones, Alessio Lega, Luca Lanzi e la Casa del Vento. Reciterà per noi la Compagnia Teatro degli Zingari, che presenta “I luoghi del delitto”, con brani tratti da diversi testi, per l’adattamento di Franco Fuselli, e con le musiche del gruppo Nessuno schema.



giovedì 8 luglio 2010

"nel momento giusto nel posto giusto"

Genova 8 luglio 2010
Una giornata quasi “profetica”, quella di ieri 7 luglio 2010.
Mi riesce persino difficile riannodare tutti gli elementi che concorrono nel comporre una istantanea della quotidianità politica italiana dai toni foschi.
Nelle prime ore del pomeriggio ho saputo degli scontri a Roma che hanno coinvolto i terremotati dell’Aquila. Non l’ho saputo ne in diretta ne con le tempistiche di internet perché ero a Reggio Emilia a seguire le manifestazioni del 50esimo anniversario dei fatti del 7 luglio 1960 dove polizia e carabinieri alle dipendenze politiche del governo retto da Tambroni con l’appoggio dei fascisti dell’MSI Assassinavano cinque lavoratori disarmati rei di partecipare allo sciopero generale indetto dalla CGIL.
Una strage che avrebbe potuto avere cifre assai più tragiche, visto che furono raccolti successivamente 500 bossoli sparati dalle forze di polizia, per lo più ad altezza uomo, considerando che i manifestanti furono sottoposti ad un fuoco incrociato avendo gli agenti chiuso anche con nidi di mitragliarici i diversi accessi, quindi anche vie di fuga, della piazza.
Fu la vendetta preordinata e vigliacca di quel governo alla sconfitta che aveva subito pochi giorni prima a Genova, dove fu impedita dai lavoratori e antifascisti genovesi, la celebrazione del congresso dell’MSI, con il possibile ritorno nella città medaglia d’oro della resistenza, del torturatore e deportatore nei campi tedeschi di migliaia di lavoratori genovesi Basile.
Nonostante i servi di regime si siano prodigati nell’ultimo anno a fornire una immagine degli interventi nelle zone terremotate d’Abruzzo da parte del governo quasi miracolistiche, oggi che, grazie anche alle intercettazioni esce fuori un vergognoso connubio tra allegri affaristi e strutture dello stato, la risposta che lo Stato da a chi vuole andare a chieder conto della reale inefficienza e incuria all’Aquila, la risposta che viene data è il manganello. Per l’olio di ricino è lecito pensare che sia solo questione di tempo.
Scrivevo di difficoltà a riannodare perché ieri volendo dare il suo contributo, il nostro Ministro degli esteri affermava : “Francamente si sentivano solo un po’ di fischietti, niente di più.” Parli degli Eritrei signor Ministro! Non vagheggi, le liste degli aventi diritto, se i suoi funzionari non sono in grado di redigerla, come ben sa le può essere fornita da chi la ha con la dovuta riservatezza, a tutela dei famigliari degli aventi diritto all’asilo politico. Le risposte inoltre non deve a questo punto darle solo agli italiani ma allo stesso commissario al consiglio d’Europa per i diritti umani.
Erano passati pochi mesi da quando era stato aperto il blog “a sinistra” che l’Unità mi menzionava, insieme ad altri blogger, in merito ad una mia preoccupazione sull’esautorazione del Parlamento di questo governo. Il mio pensiero era rivolto alle numerose richieste di fiducia da parte del governo. Della mancanza quindi di confronto parlamentare. Sono passati circa due anni e la situazione è decisamente peggiorata. Sulla manovra “anticrisi” che colpisce in maniera unilaterale servizi e fasce economicamente deboli sarà posta la doppia fiducia, alla camera e al senato. L’importante per questo governo è che sia soddisfatta la Marcegaglia e ciò che rappresenta. Non è un caso che a Reggio Emilia ieri ci fosse una delegazione di lavoratori genovesi e che tra gli interventi anche quello di un delegato di Pomigliano. Uno di quelli che ha votato No per difendere prima di ogni altra cosa la dignità del lavoro. Quel lavoro del nostro articolo 1 della Costituzione.
Tambroni rassegnò le dimissioni il 9 luglio 1960 e il 26 luglio un nuovo Primo Ministro fu insediato e ufficialmente si aprì una nuova stagione politica.
Domani 9 luglio la FNSI ha proclamato sciopero con manifestazioni ed iniziative in tutta Italia contro quella che ormai viene definita “legge bavaglio” in quanto attacca violentemente la libertà di stampa e di espressione oltre a togliere importanti strumenti di indagine nei casi di criminalità organizzata e di corruzione.
Non a caso ieri a Reggio Emilia era presente Roberto Natale presidente della Federazione Nazionale della Stampa.
Non so se il 9 luglio Berlusconi rassegnerà le dimissioni. So che i danni al tessuto democratico che sta arrecando sono notevoli. Cinquant’anni fa furono i lavoratori e i giovani dalle magliette a strisce a difendere a caro prezzo la nostra Democrazia lasciando un contributo di sangue da Reggio Emilia fino in Sicilia.
Furono nel momento giusto nel posto giusto.
Loris 
Ps. Ero a Reggio Emilia con G. Giuliani, perché nel 2001 a Genova la democrazia fu “sospesa” dal precedente governo Berlusconi e nelle giornate del G8, il 20 luglio in Piazza Alimonda Carlo Giuliani veniva ucciso dai carabinieri. Ero a Reggio Emilia perché in quel contesto Giuliano Giuliani rappresentava le vittime del G8 del 2001 dove importanti funzionari dello Stato come il capo della Polizia hanno subito condanne per i loro comportamenti.
Sarò il 20 luglio a Genova in piazza Alimonda non solo a ricordare la morte di Carlo Giuliani e l’offesa procurata alla città di Genova, sarò il 20 luglio in piazza Alimonda perché è il momento giusto nel posto giusto.



martedì 6 luglio 2010

Berlusconi, non hai commentato il mio post !!!! Ora il commento vallo a dare al commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa!


Solo due giorni fa lanciavo attraverso il mio blog l’allarme umanitario sulla sorte di 250 immigrati eritrei detenuti nei lager libici.

Alcuni di questi immigrati titolati al riconoscimento di rifugiati politici erano a bordo di barconi respinti , in disprezzo delle regolamentazioni internazionali, dalle autorità italiane.

Oggi il Consiglio d’Europa chiede ufficialmente notizie al governo italiano.

.....Ma se per una volta mi davi una risposta appropriata e se quel tuo ministro dell'interno anzichè parlare dei clandestini che arrivano a Malpensa e non più a Lampedusa perchè il problema è risolto dai carnefici libici...
.....E se quel tuo ministro degli esteri facesse il suo lavoro anzichè continuare ad asservire l'Italia alle prepotenze internazionali.....

SON MORTI SUI VENT'ANNI....

REGGIO EMILIA 7 LUGLIO

domenica 4 luglio 2010

Berlusconi ! Vai a Tripoli a chiedere della sorte di 250 Eritrei

Evidentemente la sorte di 250 Eritrei per Berlusconi vale meno di quella di un extracomunitario svizzero.
…oltre un anno fa questo blog, prendendo in prestito lo slogan di V. Arrigoni “Restiamo Umani” denunciava i respingimenti verso la Libia di scafi carichi di migranti provenienti dall’Africa. In queste barche della disperazione non tentano la traversata solo chi cerca dignità nel lavoro, ma anche chi fugge da guerre, persecuzioni genocidi etnici ed è titolato dalle convenzioni internazionali ad avvalersi del riconoscimento di rifugiato politico.
Ad un anno da quel appello i respingimenti sono continuati, è stato approvato il pacchetto sicurezza in cui viene introdotto il reato di clandestinità, a Rosarno sono stati resi evidenti i “nuovi schiavi” e il dramma continua.
Questo nostro governo ha ampliamente foraggiato quello che fino a poco tempo fa era considerato un “paese canaglia” come la Libia affinché fuori dalle regole internazionali provvedesse in parte a regolare il flusso degli immigrati. In parte, perché è noto che il flusso aumenta o diminuisce a secondo della pressione che il governo di Tripoli, sottopone al governo italiano.
Fuori dalle regole internazionali in quanto la Libia non ha mai sottoscritto la convenzione di Ginevra e quindi i diritti che vengono sanciti per chi dovrebbe godere dello stato di “rifugiato”.
In questi giorni sono accadute due cose che impongono delle risposte:
250 Eritrei, in rotta per Lampedusa e respinti, sono spariti nei centri di detenzione libici senza alcuna possibilità di verificarne le condizioni e soprattutto lo stesso “stato in vita”; Le autorità libiche hanno troncato ogni attività con l’ UNHCR (Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) impedendo quindi ogni forma di documentazione sui trattamenti dei rifugiati stessi.
Auspico che questa ulteriore denuncia trovi un po di sponda nel web e che ognuno a modo suo non si renda complice di questo governo nell’ignominia del disprezzo della dignità umana aspettando tacitamente altri rifugiati respinti, torturati…..scomparsi.
Ripensando alla vicenda del cittadino svizzero che è stato riportato a casa dalla Libia dallo stesso Berlusconi non posso fare a meno di pensare amaramente che non è importante che extracomunitario sei ma in quale metà del mondo sei nato.
Loris


il Fatto Quotidiano - I senza diritti in rivolta e l’accordo Italia-Libia
Corriere Immigrazione - Gli Eritrei che l'Italia ha respinto
la Repubblica - Berlusconi in Libia con Gheddafi e il manager svizzero torna a casa
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