il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



lunedì 23 aprile 2012

25 aprile - Ne è valsa la pena? Ecco cosa risponde un Partigiano.


Nell'aprile 2005, in occasione del sessantesimo anniversario della Liberazione usciva il libro di Clara Causa "Il prezzo della Libertà" Storia della lotta Partigiana a Sestri Ponente.
E' la Sestri dei Cantieri Navali, dell'Ansaldo, della San Giorgio. E' la Sestri che difese la sua Camera del lavoro dagli assalti dei fascisti nei primi anni venti. E' la Sestri Ponente della difesa odierna dei suoi cantieri navali e di una identità industriale radicalmente mutata nel tempo.
L'autrice, a conclusione della narrazione di quei mesi di guerra pone un quesito, che, considerando il percorso politico del nostro paese in questi sette anni , resta di una attualità impressionante, sia nel quesito sia nella risposta di un protagonista di quella lotta partigiana.
Loris

A distanza di sessant' anni, oggi ci si pone la domanda: "Ne è valsa la pena?". "Sofferenze, sacrifici, migliaia di caduti, perché? Se tornassero in vita quei poveri ragazzi, lo rifarebbero?", si chiede il partigiano Augusto Pantaleoni e la sua risposta è sicura e determinata: 
lo sono certo, e sento che potrei urlarlo, che tutto quanto è stato fatto durante la Resistenza, compresi gli errori, non solo è stato giusto, ma era necessario fare. Era nei fatti, era nell'aria, era nella volontà, era nella coscienza dei protagonisti. Era ciò che la Nazione e la popolazione, in quel momento, volevano ed era necessario fare. 
Qualcuno lo chiama "l'esercito partigiano". Per me è un errore. Esercito è ciò che lo Stato crea in sua difesa, si costituisce con la "cartolina precetto", mentre noi, senza divisa, eravamo il Corpo Volontari della Libertà. Nessuno aveva ricevuto la "cartolina", ma tutti si erano presentati volontari. Gli stessi combattenti in divisa, che si batterono al fianco degli alleati, erano volontari, ma si chiamavano CIL (Corpo Italiano di Liberazione) ed ebbero, anche loro, migliaia di caduti. 
Morirono a migliaia, in quei venti mesi di dura lotta, ma ne è valsa la pena? Quale Italia avremmo oggi, se avesse vinto l'esercito tedesco con i suoi alleati fascisti? E i campi di sterminio? E gli eccidi di Marzabotto', di Boves', di Sant' Anna ài Stazzema? Quante località in tutta Europa sono costrette a celebrare i Martiri del Turchino, di Cravasco, di Portofino, della Benedicta? 
Noi con i capelli bianchi, ci ricordiamo di quale democrazia e libertà avevamo negli anni precedenti la guerra, con i fascisti al potere. E ciò spiega il perché, imbracciato il fucile per rispondere all'aggressione tedesca (9 settembre 1943), lo rivolgemmo anche contro coloro, che si ersero a difensori dei tedeschi, per il ritorno a quelle libertà inesistenti nel passato. 
Abbiamo combattuto invano? Sono caduti invano i partigiani e i soldati volontari? 
No. Il loro sacrificio, le loro sofferenze e quelle create ai loro familiari, furono compensate e riconosciute con l'entrata in vigore della Carta Costituzionale (ID gennaio 1948). 
Oggi, c'è chi pensa di cancellare la Costituzione, pezzo per pezzo, per farla passare più facilmente, o gruppi di articoli, per rendere il cambiamento più dolce.
Ma la Costituzione esprime soltanto quello che voleva il popolo italiano, nella grandissima maggioranza dei suoi cittadini, espressa, voluta e combattuta dai suoi volontari.
I partigiani non erano tutti comunisti. Costoro, erano forse la maggioranza, ma vi erano anche gli azionisti, i socialisti, i cattolici, i repubblicani, i liberali. Vi erano le donne, i contadini,lavoratori, gli intellettuali. Vi era il popolo italiano. 
Dopo sessant'anni ormai, di quelli non ce ne sono più. E’ passato il tempo, si può cambiare. E’ troppo comodo. Non è così. Perché ci sono i veri protagonisti: i Caduti . 
Quelli non si possono cambiare. Sono caduti per questa Costituzione. Buranello o Bisagno, il comunista o il cattolico, non volevano solo l'art. 11 contro la guerra, non volevano solo l'art. 3 per il lavoro.
NO. Volevano la Costituzione. Ecco perché ne è valsa la pena'combattere, soffrire e anche morite. Volevano un'Italia diversa, più giusta, dove la solidarietà, la fraternità fossero l'anima dei cittadini. Volevano la libertà, senza la quale non vi è giustizia. 
Infangare la Resistenza è infangare la Costituzione. Toccare la Costituzione è toccare la Resistenza. Adeguare, aggiornare, si, ma non stravolgere ciò che con tanto sangue venne conquistato per il nostro Paese. I Caduti di ogni colore o partito, senza colore o partito, sono i testimoni più vivi, saranno i giudici più fermi nella condanna agli usurpatori. 
Noi ci auguriamo che in questo Sessantesimo Anniversario della Lotta di Liberazione, ancora una volta, la popolazione si esprima, e confermi, come allora, la volontà di libertà, cosi caldamente esaltata in ogni parola dal nostro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi."

fonte : IL PREZZO DELLA LIBERTA' (storia della lotta partigiana a Sestri Ponente) di Clara Causa edito da "ANPI Associazione Nazionale Partigiani D'Italia - sezione di Sestri Ponente"


venerdì 20 aprile 2012

verso il 25 aprile - La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare



Oltre all'attacco dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, questo Governo con l'ABC della politica (Alfano Bersani e Casini), indirizza l'aggressione direttamente alla Carta Costituzionale con la modifica dell'art.81, con l'introduzione del pareggio di bilancio.
Non credo che il sacrificio di chi è caduto durante la Resistenza mirasse a rendere schiavo il nostro paese alle leggi di mercato dettate dalle banche e dagli speculatori.
Non credo che il sacrificio dei partigiani greci o dei repubblicani spagnoli avesse la finalità di lasciare all'Europa delle banche il potere di garrotare i lavoratori europei.
Per citare Calamandrei, credo che il senso di asfissia stia sempre più attanagliando gli italiani.
Loris

"..la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…" (Piero Calamandrei - ai giovani 1955)



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giovedì 19 aprile 2012

Tanti Auguri Andrea !

Prima di tutto l'uomo

di Nazim Hikmet

Non vivere su questa terra 
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.

Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all'uomo.

Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza 
e il dolore dell'uomo.

Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l'ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l'uomo!



Anche se potrà sembrare ripetitiva eccoti la nostra canzone. Un Cat Stevens ingrigito, è oggi sicuramente più credibile rispetto alla versione con capello lungo e scuro .
...diciamo a me più somigliante :-)
Loris



Father And Son

Father:
It's not time to make a change
Just relax, take it easy
You're still young, that's your fault
There's so much you have to know
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I am old
But I'm happy

I was once like you are now
And I know that it's not easy
To be calm when you've found
Something going on
But take your time, think a lot
I think of everything you've got
For you will still be here tomorrow
But your dreams may not

Son:
How can I try to explain
When I do he turns away again
And it's always been the same
Same old story
From the moment I could talk
I was ordered to listen
Now there's a way and I know
That I have to go away
I know I have to go

Father:
It's not time to make a change
Just sit down and take it slowly
You're still young that's your fault
There's so much you have to go through
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I am old
But I'm happy

Son:
All the times that I've cried
Keeping all the things I knew inside
And it's hard, but it's harder
To ignore it
If they were right I'd agree
But it's them they know, not me
Now there's a way and I know
That i have to go away
I know I have to go

lunedì 16 aprile 2012

Benvenuti in Palestina - Ecco i pacifisti che hanno, nonostante tutto messo piede in Palestina (video)



Ecco la testimonianza di chi ha superato i servizi di sicurezza Israeliani ed oggi si trova in Cisgiordania.
Potrei scrivere fiumi di parole, ma questa breve testimonianza è ciò contro cui il governo israeliano si è inutilmente scagliato ricattando o comprando la complicità delle compagnie aeree Europee e un po di tutto il mondo.
Sicuramente il nostro attivista sarà nelle prossime black-list come la signora di più di 80 anni arrivata con lui in Cisgiordania ma l'obiettivo di arrivare in Palestina è stato raggiunto.


ps. forse i servizi di sicurezza israeliani si sono distratti mentre erano alla ricerca di Vauro travestito da Orsolina

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domenica 15 aprile 2012

Benvenuti in Palestina - Welcome to Palestine

Ecco una prima rassegna di foto di "Benvenuti in Palestina". Volutamente le fonti sono i social-network, perchè attraverso la rete passa l'informazione e la denuncia di quanto sta accadendo agli attivisti internazionali in arrivo all'areoporto  Ben Gurion di Tel Aviv diretti in Palestina.
Sulla colonna di destra del blog l'aggiornamento twitter di "Benvenuti in Palestina".
Questo post sarà volutamente in progress.
info da:

















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mercoledì 11 aprile 2012

QUELLO CHE “DIAZ” NON DICE.

 

Già durante la preparazione del decennale di Genova 2001-2011 avemmo modo di affrontare i termini della discussione nata dalla realizzazione del film sui fatti della scuola Diaz a Genova nel 2001. Sicuramente oggi possiamo comprendere più a fondo il perchè da parte delle "vittime", e in particolare da parte del "Comitato Verità e Giustizia" alcune cose diventano essenziali per la comprensione della verità giudiziaria, storica e politica di quanto avvenuto.
Ricevo, pertanto e pubblico, l'intervento di oggi sul Manifesto di Vittorio Agnoletto, che alla luce della visione del film ferma alcuni punti, assolutamente indispensabili, alla ricostruzione degli eventi.
Loris


fonte - Vittorio Agnoletto, il manifesto 11 aprile 2012

Un grande battage pubblicitario annuncia da mesi l’ uscita del film “Diaz. Don’t clean up this blood”.
Molti critici e giornalisti hanno convalidato quanto più volte ripetuto sia dal produttore che dal regista: “I fatti narrati in questo film sono tratti dagli atti processuali e dalle sentenze della corte di appello di Genova”;  come dire: quello che si vede nel film è la verità oggi accertata.
Non c’è dubbio che le lunghe sequenze che mostrano le gravissime violenze agite dalla polizia alla Diaz e le torture praticate a Bolzaneto  rendono visibile per la prima volta quanto è avvenuto nella scuola e nella caserma; su questo ha ragione Angelo Mastrandrea (il manifesto 7 aprile).
Questo è senza dubbio un merito che di per sé può motivare la visione del film. Il rischio dell’oblio è forte e non c’è dubbio che i nostri governanti siano impegnati, da quasi undici anni, a cancellare dalla memoria collettiva quei fatti.
Chiunque uscirà dalla proiezione si sentirà fortemente coinvolto e indignato dalla ferocia delle violenze istituzionali alle quali avrà assistito. E’ l’efficacia del film, un pugno nello stomaco che non si dimentica. Ma tale riconoscimento non può esimerci dall’esercitare, anche in questo caso, un’analisi critica, tanto più rigorosa quanto più il film tende a essere presentato come aderente alla verità storica e processuale.
Ecco quindi le mie principali critiche:
  1. Il film “sorvola sui nomi di chi allora quell’operazione condusse e giustificò” scrive su il corriere della sera del 13 febbraio Giuseppina Manin dopo aver visto il film al festival di Berlino. E racconta che il produttore Domenico Procacci rispose: “In un primo tempo la sceneggiatura prevedeva l’elenco completo dei ragazzi e dei responsabili del massacro. Poi però la parte offesa ci ha chiesto di non citare i loro nomi. E a quel punto abbiamo deciso di togliere anche gli altri.” Il rispetto per le vittime avrebbe spinto gli autori a non citare i nomi dei carnefici! Non si capisce quale sia la connessione. Eppure quei nomi sono scritti proprio negli atti giudiziari ai quali il film fa riferimento: si ritrovano nella lista dei condannati. Sono personaggi importanti, di potere, condannati in appello per gravi reati e che oggi ricoprono ruoli di primissimo piano nelle forze dell’ordine. Nemmeno nelle poche righe che precedono i titoli di coda compaiono i loro nomi e nemmeno si spiega che costoro sono stati tutti promossi.
Guardando il film mi è tornato in mente quanto scrive Luis Mario Borri, uno dei sopravvissuti alla dittatura argentina, quando commenta le ricostruzioni di quella tragedia storica:  “Da tempo alcuni puntano ossessivamente i riflettori sulla verità con il subdolo proposito di cacciare nella penombra la giustizia”.
Mi domando qual è il motivo di tanta cautela e mi chiedo se sia in relazione con la scelta pubblicizzata dal produttore di inviare, ancora prima di cominciare le riprese del film, una copia della sceneggiatura all’attuale capo della polizia Antonio Manganelli. Manganelli, all’epoca vicecapo della polizia, è colui che, stando a quanto affermato dall’ex questore Colucci, in una telefonata intercettata durante l’inchiesta, avrebbe detto: “Dobbiamo dargli una bella botta a ’sto magistrato “, riferendosi al pm Zucca. Difficile capire che titolo avesse Manganelli per leggere in anteprima la sceneggiatura.
  1. La responsabilità di quanto è accaduto nella notte della Diaz sembra venir scaricata sul personaggio giunto da Roma, che poi sarebbe Arnaldo La Barbera, deceduto da tempo per malattia. E’ esattamente una delle tesi sostenute a suo tempo dagli imputati.  Nulla emerge dal film sulla figura dell’allora capo della polizia, oggi potentissimo capo dei servizi segreti, Gianni De Gennaro.
Il Pubblico Ministero del processo Diaz, Enrico Zucca, in un’intervista rilasciata ad Altreconomia dopo aver assistito al film,  ricorda i filmati d’archivio con “la presenza dei funzionari che comandavano l’operazione, un direttorio spesso riunito sul campo che decide nelle svolte cruciali. Quel gruppo…. scompare invece dal film”.
Uno dei dirigenti di polizia, la controfigura di Michelangelo Fournier, il funzionario che aveva il comando operativo del suo reparto durante l’assalto alla Diaz, viene persino dipinto come una persona logorata da dubbi amletici al punto di scusarsi con le vittime. Resta da capire quali siano in questo caso le fonti documentali.
Non si dice una parola invece sui due infermieri che per aver denunciato le torture di Bolzaneto hanno dovuto abbandonare l’amministrazione penitenziaria, sul poliziotto che per aver collaborato coi giudici si è trovato le quattro ruote dell’auto tagliate, sul vice capo vicario della polizia Andreassi che, per  aver scelto di non partecipare all’operazione della Diaz, ha avuto la carriera stroncata. Tutti fatti, questi,  ampiamente documentati.
  1.    Non una parola è detta sul ruolo dei politici coinvolti nei fatti di Genova: nulla su Fini, niente su Scajola. Un solo passaggio di repertorio, alla fine, su Berlusconi. Viene taciuta persino la visita che Roberto Castelli, allora ministro della Giustizia, fece alla caserma di Bolzaneto nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001. La politica sembra non aver avuto alcuna responsabilità.
  2.   Enrico Zucca nell’intervista citata, dopo aver ricordato la forte rimozione attuata dalla politica e dalle istituzioni sulle responsabilità, afferma: “Il film cautamente si adegua e non solo, in alcuni passi ricostruttivi sceglie la versione degli imputati (n.d.a. i poliziotti) rispetto a quella contrastante delle vittime. Se vogliamo l’unico messaggio netto che ha dato è che i black bloc erano – anche – alla Diaz”.
Non è un fatto di poco rilievo. La destra ha costruito tutta la sua campagna di criminalizzazione del movimento sostenendo la contiguità tra Genoa Social Forum e Black Bloc. Su argomenti di simile importanza non sono ammesse licenze da romanzo, specie se si afferma di fare un film basandosi sulle inchieste giudiziarie.
  1.    Il racconto è completamente decontestualizzato; non viene mai spiegato perché 300.000 persone quel luglio 2001 si siano recate a Genova. Cosa può capirne un giovane che oggi ha vent’anni? Per non parlare di chi lo vedrà tra qualche anno. C’è stata un forte repressione, ma perché? Cosa volevano quelle persone massacrate di botte? Mistero.
Gli autori replicano che il loro obiettivo non era raccontare la storia del movimento. Ma sarebbe stato sufficiente inserire qualche spezzone tratto da filmati di repertorio, ad esempio dall’intervento di Susan George in apertura del Forum il 16 luglio 2001, per dare un’idea delle nostre ragioni. Immagini facilmente recuperabili tra la documentazione video alla quale la produzione del film ha avuto pieno e illimitato accesso. Se non si spiegano le ragioni del movimento diventa impossibile spiegare le ragioni della repressione. Infatti.
Inutile anche cercare di capire che cosa sia stato il Genoa Social Forum. Non se ne parla, anzi sono inserite alcune scene dove viene rappresentata una riunione del GSF piena di zombie totalmente inconsapevoli della realtà che li circonda. Eppure è stata una delle esperienze più interessanti di organizzazione dei movimenti negli ultimi decenni. La ricostruzione di quella riunione è semplicemente un’invenzione. Viene da domandarsi: perché, dopo non averne spiegate le ragioni, si ritiene di dover squalificare il GSF?

In sintesi: lo spettatore resta sconvolto dalle violenze commesse dalla polizia, ma legittimato a pensare di trovarsi di fronte ad episodi isolati, appartenenti al passato e dovuti all’azione di alcune “mele marce.” Non ad azioni progettate e gestite da chi ancora oggi è ai vertici delle nostre istituzioni di sicurezza; e tutto ciò sta nella carte processuali, non nella fantasia di qualche estremista.
Certo se racconti le responsabilità, le documenti e fai nomi, se racconti tutti i tentativi, illegali, che sono stati fatti per impedire lo svolgimento dei processi, rischi la censura dei grandi media e un’ostilità politica generalizzata come avvenuto per il libro “L’eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 2001 a Genova”  che ho scritto insieme a Lorenzo Guadagnucci, una delle vittime della Diaz..
Se invece si sceglie di non toccare i punti più delicati e impegnativi, allora non si può affermare di raccontare nel film quanto emerso dalle verità processuali. La verità è tale se, oltre a non raccontare falsità, la si racconta tutta, senza scegliere quale parte di verità raccontare e quale tacere. Per questo concordo con Guadagnucci: un film così si poteva fare nel 2002, non nel 2012, ad inchieste concluse.
Siamo di fronte a un film commerciale, costruito con astuzia, che riesce ad essere molto attento e rispettoso delle compatibilità politiche e degli attuali rapporti di forza negli apparati, senza pestare i piedi a nessuno, e nello stesso tempo capace di presentarsi come paladino dei diritti e solidale con le vittime.
Queste cose, almeno tra di noi, dobbiamo dircele

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venerdì 6 aprile 2012

Democrazia in rete ai tempi degli aggregatori



Sicuramente ci sono cose assai più importanti di un post su OKNO censurato , ma credo che quando si censura il pensiero di qualcuno che si mantiene all’interno della legalità, il motivo sia incapacità critica manifesta o malafede , ciò non può essere taciuto, anzi diventa un preciso dovere denunciarlo.

Non scopro l’acqua calda se dico e scrivo che un aggregatore come okno sguazza, nella parte che tratta la “politica”, nella “malapolitica”, spesso nel gossip, altrettanto frequentemente nel populismo di destra o di sinistra indifferentemente e raramente, mi verrebbe da scrivere quasi mai, nel valore civico della politica, quello che porta partecipazione, quello che indipendentemente dalla provenienza di pensiero, di destra o di sinistra, prova a riconnettere, attraverso pratiche eticamente condivisibili, i cittadini a ciò che è attraverso la politica, l’amministrazione di un municipio, una città , una regione o la nazione stessa.

Per queste ragioni ho scritto e aggregato su okno il post “Candidato”. In un giorno in cui tutti i mass media infilano le mani nell’ultima cloaca, vera o presunta, di malapolitica (caso Lega), rendevo pubbliche le mie motivazioni ad essermi reso disponibile ed aver accettato una candidatura a “partecipare”, per fare una “certa” politica, ma soprattutto per cercare di far comprendere la necessità di trasporre in politica quelle che riteniamo buone pratiche, in quelli che sono i nostri ambiti di competenze. 

Per queste ragioni reputo la censura del post un atto sbagliato, e che sia per incompetenza o per malafede, la sostanza non cambia in quanto si è tacitata una voce che, indipendentemente dalla collocazione politica, contribuiva ad alimentare la macchina “pubblica” di questo paese sempre più asservito a logiche lobbiste . 

Auspico che il motivo della censura non sia stato per una presunta “autopromozione politica” del sottoscritto: infatti, in un aggregatore che nella pubblicità affonda il suo credo economico, riterrei assolutamente legittima (si consente a chi aggrega di avere contenuti pubblicitari, per poi, confidando in molte presenze , avere spazi propri di promozione pubblicitaria, senza avere neanche l’onere di spremere le meningi sui contenuti).

Un quesito che poi mi assale sarebbe riuscire a comprendere a quanto ammonta il giro economico di queste operazioni che sicuramente nei confronti dei blogger sono briciole, ma nei confronti dell’aggregatore assume altre dimensioni. L’interesse ovviamente è diretto nel comprendere quanto, tra aggregatori e aggregati, fiscalmente parlando, contribuisce alla crescita di questo strampalato paese.

Una considerazione sulla presunta democrazia in rete, e quanto sia ipocrita un trincerarsi in alcune circostanze dietro un novello spirito santo che ai giorni nostri si chiama “algoritmo” dietro al quale vengono celate le risposte ovvie e scomode nello stesso tempo.

Non c’è democrazia nel momento in cui gli spazi in cui dovrebbero veicolarsi opinioni e notizie sono spazi che appartengono a potentati dell’economia. Ciò che è scomodo viene “eticamente” eliminato e cosa assai più dannosa dei dobermann del sistema sono gli stessi utenti che mercificando il proprio spazio creativo e di pensiero diventano soggetti ricattabili, pronti a sostituirsi ai dobermann pur di rosicare qualche osso e in qualche momento avere anche un pezzetto di magro.

Termino citando Socrate che non chiese la grazia, che gli sarebbe stata sicuramente accordata, per non offrire l’opportunità alla democrazia Ateniese di dimostrare la propria magnanimità. Non credo che sarà riabilitato il post aggregato e censurato da un sordo, muto e cieco amministratore di okno, ma spero che qualcuno inizi ad interpretare OKNO non come un libero spazio, ma come una perenne condizione di libertà vigilata e con obbligo di firma.
Loris

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giovedì 5 aprile 2012

Candidato


L’età e l’esperienza mi hanno insegnato che gli appuntamenti elettorali coesistono malamente col fare politica. La compressione nel bipolarismo, le mediazioni da coalizione e i programmi unificanti, piuttosto che condivisi, rendono un’immagine a volte opaca di quelle che sono le istanze che i singoli rivolgono al suo gruppo politico di riferimento.
Il restare però pervicacemente lontani da queste logiche, se da una parte può portare a una esaltazione delle “buone pratiche”, dall’altra rischia di portare ad un uso esclusivo e dei pochi addetti, delle pratiche suddette.
Marco Doria, nel suo “metterci la faccia” , e non solo quella, ha utilizzato una frase di Don Primo Mazzolari “A che serve avere le mani pulite, se si tengono in tasca?”, personalmente, in questi ultimi anni, per una vicinanza all’area dei movimenti e dell’associazionismo ho cercato di coniugare una riflessione di Gesualdi “…Navighiamoa vista, come tutti gli altri protagonisti della scena politica, senza unprogetto se non parole; decrescita, sostenibilità, «buen vivir». Parole belle,che esprimono valori importanti, ma che non si trasformano in azione politicaperché non delineano un quadro alternativo di riferimento, non esprimono ilfamoso modello sociale…”.
Per queste ragioni ho deciso, nel cambio di guardia che si sta approntando al Comune di Genova, di dare la disponibilità e di accettare una candidatura per il Consiglio Comunale di Genova nella lista della Federazione della Sinistra (Forum della Sinistra Europea) in appoggio a Marco Doria.

Se nei mesi e anni scorsi, ho parlato di salvaguardia del territorio, di ciclo dei rifiuti, di Gronda di Ponente, di alluvioni, di democrazia partecipativa ecc.. , attraverso questo percorso elettorale e assieme agli altri candidati, in comune e in municipio, del Forum della Sinistra Europea, cercherò di istituzionalizzare quelle proteste, quell’indignazione e quelle vittorie come è stato il referendum sull’acqua pubblica, ben consapevole che il primo obbiettivo, quello di aver posto questi contenuti all’interno dei programmi, è stato raggiunto.

Loris



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