il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



sabato 31 gennaio 2009

Tra sindacato territorio e politica 2

Una settimana fa partecipavo alla commemorazione indetta dal sindacato di Guido Rossa, ucciso a Genova il 24 gennaio del 1979 dalle brigate rosse. Membro del consiglio di fabbrica dell’italsider aveva denunciato chi all’interno della fabbrica tentava di dare una valenza operaia alle BR.Guido Rossa non era genericamente un sindacalista ma era anche un comunista e della sua visione della società ha lasciato delle testimonianze scritte. Propongo la lettura di questa lettera al suo amico ottavio, compagno anche di scalate, volendo precisare che forse non è stato troppo di buon gusto da parte di Veltroni venire a commemorare con la figlia Rossa a Genova in una manifestazione specifica del PD. Rossa la scelta l’aveva fatta, era sicuramente un democratico, ma era soprattutto un comunista e per questa sua scelta a difesa della legalità ha pagato con la vita il suo gesto. Col PD mi si consenta….non c’azzecca niente.




ps. il testo è assai lungo ma ritengo che solo divulgandolo nella sua interezza se ne può apprezzare la bellezza dal punto di vista politico estremamente calato nella quotidianità operaia con una fresca consapevolezza di essere dirigente politico di un partito che è in mezzo alla gente.

come nel post precedente Rossa come Sartori fanno parte di quei compagni che hanno lasciato un contributo indelebile che presenta comunque sempre una attualità molto tangibile.



Lettera ad Ottavio

Genova 15 - 2-70

Ottavio carissimo,
l'indifferenza, il qualunquismo e l'ambizione che dominano nell'ambiente alpinistico in genere ma soprattutto in quello genovese, sono tra le squallide cose che mi lasciano scendere senza rimpianto la famosa "lizza" della mia stagione alpina.
Da ormai parecchi anni, mi ritrovo sempre più spesso, a predicare agli amici che mi sono vicino, l'assoluta necessità di trovare un valido interesse nell'esistenza; un interesse che si contrapponga a quello quasi inutile (e non nascondiamocelo, forse anche noi stessi) dell'andar sui sassi, che ci liberi dal vizio di quella droga che da troppi anni ci fa sognare e credere semidei o superuomini chiusi nel nostro solidale egoismo, unici abitanti di un pianeta senza problemi sociali, fatto di lisce e sterili pareti, sulle quali possiamo misurare il nostro orgoglio virile, il nostro coraggio, per poi raggiungere, (meritato premio) un paradiso di vette pulite perfette e scintillanti di netta concezione tolemaica, dove per un attimo o per sempre possiamo dimenticare di essere gli abitanti di un mondo colmo di soprusi e di ingiustizie, di un mondo dove un abitante su tre vive in uno stato di fame cronica, due su tre sono sotto alimentati vedo ove su sessanta milioni di morti all'anno, 40 milioni muoiono di fame!
Per questo penso, anche noi dobbiamo finalmente scendere giù in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggiore giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli uomini di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l'esistenza nostra e dei nostri figli.
Ma probabilmente queste prediche le rivolgo soprattutto a me stesso; perché, anche se fin dall'età della ragione l'amore per la giustizia sociale e per i diritti dell'uomo sono stati in me il motivo dominante, sinora ho speso pochissime delle mie forze per attuare qualcosa di buono in questo senso.
Come vedi mi sono accinto all'arduo compito di rispondere alla tua lettera.
Caro Ottavio, tu sei forse l'unico tra i miei amici, che sin dai primi giorni della nostra amicizia ti sei interessato oltre che alle scuole di alpinismo ... anche alle questioni sociali e mi sei sempre servito da stimolo e da esempio.
Qualche volta mi ricordo di una sera al rifugio della Valle Stretta, quando a bruciapelo mi chiedesti: - Tu sei comunista? - ed io prontamente risposi - Si – pensando ... questa volta mi sono giocato un compagno di corda e un amico!
Qualche cosa da allora è cambiato, la paura del rosso, (come dicono gli studenti parigini) oggi è proprio solo rimasta alle bestie cornute!
Risponderò alle tue domande a grandi linee, mi è più facile.
In una società altamente sviluppata come Stati Uniti ed alcune grandi città europee, sono sostanzialmente d'accordo con Marcuse, (del quale ti riassumerò la prefazione di "Saggio sulla liberazione").
Penso che sia giunto il momento di opporre alle società stabilite il "grande rifiuto".
Si deve sottrarre l'uomo all'apparato che soddisfacendone i bisogni ne perpetua la servitù: la libertà diverrebbe l'ambiente naturale di un organismo non più capace di adattarsi alle prestazioni competitive richieste dal benessere, né di tollerare l'aggressività, la bruttezza del modo di vita imposto dalle società capitalistiche.
Al dominio mondiale del capitalismo fondato sulle grandi società per azioni e alla loro capacità di assoggettare la maggioranza della popolazione alla produttività schiacciante comincia ad insinuarsi un'alternativa. Uomini e donne di tutto il mondo resistono e negano il massiccio potere di sfruttamento del capitalismo azionario anche nelle sue più comode e liberali realizzazioni e lottano per l'edificazione di una società libera: tale cioè da comprendere anche la liberazione dalle libertà dell'ordine sociale sfruttatore. Nel proclamare il "grande rifiuto", essi hanno risuscitato uno spettro (e questa volta uno spettro che ossessiona non soltanto la borghesia ma tutte le burocrazie sfruttatrici): lo spettro di una rivoluzione che subordina lo sviluppo delle forze produttive e l'elevazione del tenore di vita alla creazione di una solidarietà tra gli uomini, che porti alla abolizione della povertà e del bisogno, al di là di ogni frontiera nazionale e di sfera di interessi, e al raggiungimento della pace.
Essi sanno che la posta in gioco è la loro vita, la vita di esseri umani che è diventata un balocco nelle mani dei politici, degli alti dirigenti e dei generali. Vogliono toglierla da queste mani e renderla degna di essere vissuta.
L'Italia con i suoi gravi contrasti presenta una situazione politica particolare. Prima che si sviluppi e faccia presa fuori dall'ambiente studentesco il "grande rifiuto" sfociato nel "maggio francese", temo proprio che bisognerà attendere la fine dello stato di necessità. D'altronde la situazione non è tanto grave e disperata come in certi stati dell'America latina e dell'Africa, da prospettare tra le soluzioni possibili, una rivoluzione totale, tanto più con gli americani in casa.
Dunque, l'unica possibilità è quella del riformismo e dell'allargamento della sinistra, allargando l'esercizio del diritto dei lavoratori di partecipare al potere decisionale, e questa penso sia la via italiana del P.C.I.
Le lotte sindacali e di questi ultimi mesi hanno avuto per obiettivo - tra gli altri - la democrazia sui luoghi di lavoro, e il diritto dei lavoratori e di indagare sul processo produttivo e sulle condizioni ambientali in cui esso si svolge.
Negli anni ‘70 la lotta dei lavoratori sarà tesa a portare il potere decisionale dal vertice alla base in tutti i campi della vita pubblica.
Problema fondamentale dello sviluppo democratico nazionale è l'intervento dei lavoratori nella produzione industriale. Nuove conquiste sono necessarie. Partendo dallo statuto dei diritti dei lavoratori, perché gli operai possano pesare nell'organizzazione della produzione e per la affermazione e la difesa dei propri diritti di lavoratori e di cittadini.
L'esperienza ha già proposto l'esigenza di forme diverse e articolate di assemblea intorno a tutti i problemi che interessano i lavoratori. Ci batteremo a fondo perché all'assemblea sia riconosciuto il diritto di intervento sulla organizzazione del lavoro, sulle condizioni di vita nella fabbrica, sulla sicurezza nel lavoro, sulla difesa degli organici, sulla piena occupazione e su tutti gli aspetti che riguardano la produzione e i lavoratori. Siamo stufi di promesse e di paternalismo, finalmente vogliamo decidere anche noi della nostra vita e di quella dei nostri figli.
Per dare una risposta a coloro che consideravano la durezza degli ultimi scioperi durante la lotta contrattuale: come "manovre di interessati"; dimostreremo uniti che gli interessati, ci sono e sono i lavoratori e la loro decisa volontà di ottenere l'inizio immediato di una politica di riforme sociali e di rinnovamento democratico, di una energica lotta contro i parassitismi e gli sprechi, colpendo i consumi di lusso, le posizioni di rendita, gli sprechi enormi legati alla caoticità della macchina statale e sociale, le esorbitanti retribuzioni di gruppi privilegiati e di alti burocrati.
I lavoratori uniti lotteranno per realizzare l'espansione del potere pubblico nei punti chiave dell'industria e della ricerca scientifica. Lotteranno per organizzare il passaggio sotto il controllo pubblico di quelle concentrazioni industriali dalle cui scelte dipende non solo la sorte di centinaia di migliaia di lavoratori ma, più ancora, l'orientamento dell'economia e l'avvenire del paese.
Esso comporta misure diverse, ivi comprese le nazionalizzazioni. Questo processo deve abbracciare innanzitutto i settori di base e quelli legati ai consumi sociali indispensabili (chimica, cemento, farmaceutica, zucchero, ecc.). Ogni nazionalizzazione richiede il controllo da parte della collettività e dei lavoratori. Il settore pubblico già assai esteso, sfugge completamente ad ogni forma di controllo democratico. Senza di ciò il settore pubblico diventa (come i fatti provano) subalterno e sussidiario rispetto alle grandi concentrazioni private e al sistema di scelte per gli investimenti e per i consumi dettate dalla logica del massimo profitto.
Perciò l'obiettivo del controllo democratico è essenza stessa di una politica di programmazione e della lotta per essa.
Tale controllo deve esercitarsi, a partire dal settore pubblico, attraverso il Parlamento e gli Enti locali, deve trovare nelle regioni un nuovo e deciso strumento, deve articolarsi nella fabbrica attraverso la partecipazione diretta dei lavoratori, di tutti i lavoratori e delle loro organizzazioni.
Altro problema che si pone con urgenza è la gestione diretta da parte dei lavoratori e delle loro organizzazioni, degli istituti previdenziali. Mutua, pensione, liquidazione, ecc.
Ma soprattutto prendendo nelle proprie mani il problema della difesa della salute.
Il progresso sociale e scientifico ha mutato profondamente la patologia umana facendo scomparire o quasi le malattie infettive. Ma in pari tempo si è accresciuta quella che viene chiamata "patologia degenerativa". Sotto forma di malattie dell'apparato circolatorio, di tumori maligni, allergie, malattie da usura e da sostanze tossiche. Sono dunque in causa i ritmi stressanti di lavoro e di vita e dall'altra le sostanze chimiche sempre nuove che inquinano l'aria, il terreno, l'acqua e i cibi. Entrambi questi tipi di fattori di malattia colpiscono prevalentemente la classe operaia. Queste nuove malattie, proprio perché a differenza di quelle infettive, non sono determinate da agenti fisici o biologici presenti in natura, bensì da fattori creati artificialmente dall'uomo più che del progresso si potrebbero chiamare "malattie del profitto".
Sono malattie non causate dall'evoluzione tecnica ma dalle sue distorsioni, perciò non mali inevitabili ma frutto del prevalere delle leggi del profitto sulle esigenze dell'uomo.
La durata della vita si è allungata - altro segno, si dirà, della società del benessere - con una media di 65 anni; ma è stato calcolato che i lavoratori addetti a mestieri logoranti vivono di meno: ad esempio il lavoro del minatore accorcia la vita media di 10 anni, un operaio addetto ad una catena di montaggio di una fabbrica metalmeccanica è già vecchio a 40 anni e, in generale, l'invecchiamento è più rapido nei settori dove è più alta la produttività.

Gli infortuni sul lavoro.
Nel 1954 su un totale di 19 milioni 69.000 occupati si ebbe un valore del prodotto industriale interno netto di 10 miliardi e 153 milioni e parallelamente 1 milione 55.828 infortunati sul lavoro e di cui 3.748 mortali.
Nel 1968 con 18 milioni 569.000 occupati si è avuto un prodotto di 42 miliardi 887 milioni e 1 milione 592.830 infortunati sul lavoro, di cui 4.779 mortali.
Ecco in queste cifre la dimostrazione, nei suoi termini più elementari e drammatici, di un sistema e di una classe dirigente che è riuscita ad estorcere in 15 anni, un valore produttivo quattro volte maggiore da un numero di lavoratori inferiore di mezzo milione.
Una tale impresa, anche per l'assenza di adeguati investimenti per l'ammodernamento degli impianti, poteva riuscire ad una sola condizione: accentuando lo sfruttamento, esasperando i ritmi di lavoro. Le conseguenze sono mezzo milione in più di infortuni l'anno ed un aumento di mille morti l'anno per infortuni sul lavoro. A questo punto sarebbe facile fare delle previsioni per gli anni ‘70, facile e terrificante se si ritenesse che la vita degli italiani continuasse a svolgersi secondo gli stessi schemi dettati da un sistema economico e sociale dominati dalla legge del massimo profitto.
Difendere la salute dentro e fuori la fabbrica e assicurare il progresso del sapere scientifico sono aspetti di un unico problema: un problema di democrazia, un problema di passaggio di potere, dal meccanismo del profitto alla volontà cosciente dei lavoratori.
In questa trasformazione occorre dare priorità anche ai grandi consumi collettivi e sociali (scuola, salute, trasporti, organizzazione del territorio), dai quali dipende un elevamento della produttività generale.
Nel programma di riforme, quattro esigenze si presentano particolarmente urgenti:
1) una riforma della scuola che ne spezzi l'attuale struttura autoritaria e classista, si fondi sulla realizzazione del diritto allo studio, sulla autonomia e sull'autogoverno delle università e concepisca l'università come il centro di formazione di una cultura diretta a rinnovare la società;
2) una riforma urbanistica che restituisca il suolo urbano, liberato dal peso della speculazione, alla collettività, dando nuovi poteri agli enti locali per rendere razionale l'uso del territorio, per combattere lo sviluppo caotico e disumano della città e per una moderna politica della casa, che sia concepita come un decisivo servizio sociale a basso prezzo;
3) una riforma agraria che dia la terra a chi la lavora;
4) una riforma sanitaria che garantisca un'assistenza adeguata, efficace e gratuita a tutti i cittadini.
Il servizio nazionale dovrà assumersi i seguenti compiti:
a) cambiare gli ambienti di lavoro di vita: la fabbrica, le città, le campagne, per preservarne la salute;
b) porre freno alla vergognosa speculazione dei monopoli farmaceutici mediante l'intervento diretto dello stato nella produzione dei farmaci;
c) assicurare ai lavoratori in caso di malattia e senza limiti di tempo una indennità pari alla retribuzione.
Infine altro problema urgente è quello di democratizzare l'intero sistema delle informazioni di massa, a cominciare dalla RAI-TV.
Su questa linea di profondo rinnovamento mi sembra che si muovano le proposte dei comunisti. Purtroppo contrastate dalla volontà antidemocratica delle classi dominanti che, nell'attuale momento, ed in legame al dominio delle grandi concentrazioni monopolistiche, si manifesta con la repressione e con il tentativo di svuotare di potere le conquiste sindacali e gli istituti democratici rappresentativi.
Le tendenze attuali, autoritarie e tecnocratiche, investono non solo l'organizzazione politica del potere, ma anche la vita sociale e civile (vedi aumento dei prezzi, tentativo da parte della FIAT di assorbire il centro siderurgico Italsider di Piombino, ecc.) e tutto questo nonostante le affermazioni del ministro del lavoro che diceva:
- L'aumento retributivo tiene conto dell'andamento economico che il nostro sistema ha registrato negli ultimi tre anni ed appare perfettamente sopportabile. Nel 1967 e ‘68 mentre il reddito nazionale è aumentato del 17, 5 %, le retribuzioni sono salite (tenendo conto della svalutazione monetaria) del 7, 1 %. Nel 1970 il costo del lavoro sfiorerà il 13% circa.
Gli aumenti di produttività previsti possono assorbire il 7% del costo del lavoro, mentre parte dell'onere restante può essere assorbito dagli alti profitti realizzati negli anni passati.
Invece la FIAT con l'aumento del 5% sul prodotto e con aumento della produzione ha quasi recuperato l'aumento del costo del lavoro.
Nel quadro di questa battaglia sappiamo che le classi dominanti mantengono un'ostilità di fondo nei confronti del sistema democratico. Il pericolo che esse facciano ricorso alla violenza è sempre aperto. Lo sviluppo dell'organizzazione politica e sindacale e con la partecipazione di larghe masse, servirà ad impedire a queste classi il ricorso ad avventure a colpi di mano reazionari.
E' inoltre indispensabile all'Italia una nuova politica estera che garantisca la pace.
L'Italia deve restare fuori da qualsiasi conflitto convenzionale o nucleare. Ciò è possibile solo con una politica di piena indipendenza nazionale. La politica atlantica ha avuto per l'Italia la conseguenza di una subordinazione sempre più pesante e in tutti i campi alla politica e agli interessi dell'imperialismo americano.
Sono state costruite sul suolo italiano basi straniere atomiche missilistiche. La sicurezza nazionale è in pericolo. Le più gravi decisioni potrebbero essere prese da comandi stranieri all'insaputa delle stesse autorità italiane, con il rischio di fare del nostro territorio l'avamposto dell'imperialismo americano e coinvolgere il nostro paese in disastrose avventure.
L'unica prospettiva reale di pace sta nello svincolamento dell'Italia dal Patto Atlantico e nell'uscita dalla NATO.
In vista della scadenza ventennale del "patto atlantico" occorrono iniziative di lotta che scuotano tutto il paese. Sarà questo un essenziale banco di prova per tutte le forze che intendono richiamarsi ai principi di pace del movimento cattolico democratico.
Con le lotte dell'autunno caldo il movimento operaio italiano ha dimostrato, a chi pensava come ad una ripetizione dell'esperienza del maggio francese, di saper fare di più e meglio.
La classe operaia ha saputo rifiutare il discorso strategicamente infantile e semplicistico del "tutto o nulla", non nel senso che il movimento di classe abbia rifiutato la prospettiva di una lotta rivoluzionaria; ma valutando che, nelle società a capitalismo avanzato, la via della rivoluzione sociale non è solo il frutto di minoranze coscienti e combattive, ma è invece risultato delle conquiste agli ... della classe operaia di ampi strati sociali, di uno sforzo da condurre ogni giorno, nella fabbrica e nella società per limitare il potere dei gruppi monopolistici.
In questo senso è perciò giusto parlare dell'esperienza italiana come di un movimento che ponendo al suo centro il problema di una profonda trasformazione dei rapporti sociali si è sviluppato attraverso la costruzione di un ampio fronte di lotta che saldando tra loro i problemi delle lotte rivendicative e quelli delle riforme, ha posto il problema degli sbocchi politici come frutto di una originale combinazione tra costruzione di un nuovo potere operaio in fabbrica e lotta per importanti riforme sociali.
Io penso che il compito nostro non sia quello di elaborare modelli delle società future, ma sia proprio questo: capire il movimento reale, di classe concretamente presente oggi, che può portare al superamento dell'attuale società.
In quanto "all'uomo nuovo" o a migliorare l'uomo, personalmente ho già una grande fiducia in quello attuale e penso che basterebbe poterlo inserire in una società come questa: - Aperta a tutti i valori e tutte le concretezze umane, alla originalità di tutte le coscienze; una società dalla quale sia bandita la "concorrenza come suprema legge dell'economia" e "il profitto come motore essenziale del progresso economico".
Una società che non si fondi sul dominio del denaro che genera la schiavitù dell'uomo, nella quale il valore di ciascuno non si misuri dal denaro che possiede.
Una società nella quale ogni attività abbia realmente una funzione comunitaria, originale contributo della persona messo a disposizione della crescita degli altri; una società che sia veramente una comunità di lavoratori egualmente responsabili, uomini liberi e uguali, nella comunione con gli altri ai quali devono portare il loro autentico originale contributo; una società nella quale l'autorità, invece di pretendere l'integrazione della vivacità una e spirituale nel suo schema artefatto, sia un servizio alla crescita della libertà per l'arricchimento della comunità; una società guidata da uno stato profondamente laico, nella quale possono incontrarsi, dialogare e vicendevolmente arricchirsi le varie coscienze, le diverse concezioni della vita, senza posizioni di privilegio per chicchessia; una società nella quale lo stato più che difendere i diritti di alcune classi e di alcune religioni, difenda i diritti dell'uomo, di ogni uomo. -
(Don Nicola Calbi)
A questo punto io smetto, prima che tu mi mandi a quel paese, anche se ho dimenticato qualche cosetta.
Ho scritto tutto questo per farti sapere che i problemi li conosciamo e più o meno bene sappiamo come risolverli e a costo appunto di perdersi - nel riformismo o nel sindacalismo - vogliamo che tutti raggiungano la fine dello "stato di necessità", e dopo, per la prima volta in vita nostra, saremo liberi di pensare a ciò che dovremo fare.
Ti mando queste recensioni sulla "Storia" di Spriano (naturalmente tratte dall'Unità!).
Di Russell e di Marcuse avrei molto da leggere ma sempre più me ne manca il tempo.
Qualche sera fa sono stato a proiettare quelle diapositive su Genova in casa Pertusio, erano presenti oltre la famiglia (nonna ottantenne compresa), urbanisti architetti e giù di lì; la parte storica è stata molto apprezzata, quella sociale un po' meno: un tipo è arrivato a dirmi che - le bandiere rosse finali c’entravano come i cavoli a merenda - comunque sono stato invitato ufficiosamente al "centro studi Pirelli" di Milano e a " Italia Nostra" sembra, per dimostrare il carattere estremamente democratico della nostra società, aperta a tutte le opinioni!
Da poco mi hanno eletto con regolari votazioni "delegato di reparto", come previsto dall'ultimo contratto (uno ogni 300 dipendenti). Inizia qui e probabilmente finisce la mia carriera di sindacalista. Avrei voluto rimanerne fuori, ma mi hanno messo alle strette, dicono che parlarne solo non basta! E fin dal primo giorno sono partito all'attacco, tanto per tre o quattro anni non potranno buttarmi fuori.
Siamo stati la prima settimana di febbraio a Canazei. Ho fatto delle discrete fotografie e dei bellissimi giri in sci con alcuni amici dell'Italsider. Sabina ha imparato scendere a spazzaneve, spero proprio nel prossimo anno di poter portarla con me.
Chiarella mi aveva telefonato per il pranzo del CAI di Chiavari, ma per una serie di circostanze non ci sono andato. Vorrei andarlo a trovare, ma penso che forse sarebbe meglio combinare un giro in Apuane secondo le sue possibilità, cosa ne pensi?
Tu cosa fai? Vai spesso a Torino? Hai visto che quelli non scherzano sono tutti i redattori... e sempre molto impegnati!
Il tuo tempo libero come lo impieghi? Ti interessi ancora di statistica e di economia? e di lotte sindacali?
Qui mi saresti di estrema utilità per i consigli legali che potrei scroccarti!
Nell'applicazione spicciola del contratto i cavilli e le contestazioni nascono come funghi.
Ti vedrei molto bene inserito nella realtà di qualche sindacato o partito politico, a promuovere e curare gli interessi di coloro che pur essendone coscienti, non hanno alcun potere sull'impiego della propria esistenza.
Comunque ora ben più importanti eventi ti attendono.
Annabella sta bene? Ricordati che ha bisogno in questo momento di molta protezione e serenità.
Vedi un po’ di perdonarmi!
Vi abbraccio
Guido Rossa
Salutami tua madre
4 marzo 1970



I FUNERALI DI GUIDO ROSSA

martedì 27 gennaio 2009

Tra sindacato territorio e politica

Giorni fa commentando un post di Gap (la scissione dell’atomo 2) ho virgolettato le ultime righe perchè ho ripreso fedelmente la frase estrapolata dall’autobiografia di un compagno, sconosciuto forse ai più, ma molto ben presente nella storia del movimento operaio genovese, e in quel tessuto sociale dove il movimento operaio ha radici profonde a Genova. Il ponente Genovese.
Franco Sartori ha incarnato questa peculiarità ne ha studiato gli sviluppi, ne ha trovato un linguaggio e ha ridisegnato l’integrazione tra fabbrica e territorio.
La sua mente di intellettuale gli ha consentito di analizzare e di ipotizzare soluzioni innovative sia per quello che concerne lavoro e territorio, sia per le implicazioni in campo politico sul territorio.
Franco ci ha lasciato nel 1996 e circa due anni fa è nata l’associazione culturale Franco Sartori che oltre alle iniziative mirate su problemi specifici all’articolo 2 dello statuto recita ,nello spirito che animava Franco Sartori ,” …Come ulteriore e specifico campo di intervento l’associazione viene fondata per essere elemento unificante per la ricostruzione della sinistra in Italia e per fornire stimoli, idee e proposte utili al raggiungimento di questo scopo…”

Propongo due sintesi della biografia e della autobiografia che stiamo rendendo pubbliche nell’ambito dell’associazione perché nonostante 15 anni siano passati dalle riflessioni di Franco la lucidità del ragionamento e la sua capacità di osservare il contesto rende assolutamente attuali queste riflessioni.

Biografia sintetica di franco Sartori (tracciata sull’autobiografia curata da Francesco Bollorino e da lui inviata il 30 dicembre 1994 a Massimo Razzi, giornalista dell’inserto ligure “Il Lavoro” su “La Repubblica”)
--------------------------
Franco Sartori è nato a Sestri Ponente nel 1941 all’inizio di via Biancheri, nella stessa casa dove insieme alla madre abitava ancora al momento della sua morte. Facendo parte di una vasta famiglia operaia e comunista, fin da bambino ha frequentato le sezioni locali del PCI e ha preso parte alle loro attività.
Da ragazzo ha cominciato, dopo aver interrotto gli studi, a riparare macchine da caffè per bar sotto il controllo professionale di suo padre il quale, pensando che dovesse migliorare il mestiere, si è avvalso della possibilità di far assumere i figli e lo ha portato a lavorare con sè nell’ASGEN di Campi. Con l’ingresso in fabbrica del 1961, nel reparto di elettromeccanica dove avrebbe dovuto rimanere soltanto fino al perfezionamento della sua manualità, è cominciato invece in modo duraturo il suo impegno politico e sindacale che lo ha portato a lavorare continuamente perchè la comprensione dei cambiamenti economico-sociali in atto fosse strettamente coniugata all’obiettivo di rappresentare efficacemente le classi subalterne e di lottare per un miglioramento della qualità della vita in tutti i suoi aspetti. In quella fase, che è durata fino al 1970 cercando di sviluppare l’alleanza studenti-lavoratori come elemento vitale dell’esperienza sessantottina, egli ha ritenuto dunque inscindibili l’obiettivo di cambiamento politico generale e lo sviluppo della democrazia operaia, saldando le rivendicazioni interne ai luoghi di lavoro con la presenza continua sul territorio.
Con questo tipo di impegno egli ha esordito diventando responsabile del PCI all’ASGEN e contemporaneamente ha sviluppato l’azione sindacale di superamento della Commissione Interna con i Comitati di Reparto, arrivando ad un rapporto di stima reciproca e collaborazione con Bruno Trentin che considererà “padre politico” per il resto della sua vita. L’uscita dalla fabbrica, vissuta da lui come momento di sconfitta, lo ha portato a svolgere l’incarico di funzionario della FIOM a Sestri Ponente nei successivi quattro anni, dopo i quali è stato mandato a svolgere l’attività sindacale a Roma. Anche questo passaggio è stato da lui considerato come una uscita imposta dall’ala sindacale operaista che tendeva a limitare la rivendicazione in fabbrica invece di espanderla all’esterno.
Tuttavia la sua permanenza a Roma ha affinato le sue capacità contrattuali e lo ha fatto diventare un sindacalista di peso, conosciuto e stimato in molte parti d’Italia e il suo ritorno a Genova, da lui fortemente voluto come fine di un “esilio”, è avvenuto nel 1982 con l’ingresso nella segreteria genovese della FIOM ed è proseguito con un trasferimento alla segreteria regionale della CGIL.
Infine, quando i contrasti di linea sono riaffiorati e sembrava necessario un suo ritorno a Roma, è riuscito ad inventare un esperimento di CGIL nel Ponente in linea con la sua vecchia tendenza a creare un rapporto fabbrica-territorio aperto e non corporativo, attento ad ogni problema di quella parte di città.
Questa attività è stata continuata fino alla sua morte, avvenuta nel 1996, che ha lasciato a moltissimi compagni un grandissimo vuoto affettivo e politico.
Per delicatezza e rispetto postumo abbiamo evitato di estrapolare dalla sua sincera autobiografia i passaggi dedicati in modo intimo alla sua vita personale.
Preferiamo, con una nota di ricordo nostalgico, riportare integralmente la parte finale dell’autobiografia stessa perchè nel suo ragionare accessibile spiega, ben meglio di come possiamo farlo noi, una parte essenziale dei motivi che ci hanno spinto a fondare l’Associazione a lui intitolata.




Per una nuova sinistra

parte finale dell’autobiografia di franco Sartori del 1994 curata da Francesco Bollorino -

Noi non siamo stati capaci di raccontare ai giovani il passato e i giovani hanno voltato le spalle alla sinistra. E’ colpa delle organizzazioni di massa, del sindacato, delle famiglie. Per non far soffrire i giovani, li abbiamo lasciati da soli: si sono rivolti alla destra, perchè l’hanno sentita più vicina alle cose che vivono: per loro non ci sono più i giardinetti in cui giocare, c’è la televisione, per loro non c’è più il Bar Beretta in cui discutere, c’è la vasca in via Sestri dove mettersi in mostra. Non si pratica più nè la sezione nè la parrocchia e la parrocchia e la sezione non hanno fatto niente per andare in mezzo a loro, con il loro linguaggio.
L’Italia è un paese fatto soprattutto di vita nelle delegazioni, nei quartieri e nei paesi, è lì che bisogna lavorare, immergendosi di nuovo nel territorio, nel mondo reale, con le sue problematiche reali, parlando con le persone non già politicizzate, andando nelle scuole, dicendo a questi giovani che i problemi non sono risolvibili con Berlusconi: in un paese più ingiusto loro saranno i primi a rimetterci.
Alla gente non sembra importare nulla del passato, Berlusconi piace perchè è un vincente, mentre la sinistra sembra imbalsamata, non sa vendere neppure aria fritta. Il vero problema oggi in Italia sono i giovani, è inconcepibile che si siano schierati con Fini e Berlusconi, è successo, non dovrebbe più succedere: bisogna imparare a parlare loro, smettere di guardarli come se fossero dei fessi perchè si vestono con il Barbour.
Il problema della creazione di un nuovo soggetto politico passa attraverso lo scioglimento del nodo dei cascami che la sinistra si porta dietro: il problema non è Rifondazione sì, Rifondazione no, il problema è chi va, fisicamente, in questo nuovo raggruppamento: se si tratta dei soliti vecchi personaggi che da trent’anni stanno sulla breccia, già consociativi, attenti ognuno al proprio orticello, non si farà nulla di buono, non si creerà un movimento realmente capace di affrontare la nuova realtà del paese. Per seguire queste cose, forse è questa l’attività in cui mi dovrei buttare.
La riorganizzazione del Ponente può essere la via: lì in pillole ci sono tutte le schifezze che puoi mettere in un paese come l’Italia, se riesci lì, piano piano, a far vivere meglio la gente, fai un’operazione sperimentale che vale per l’Italia.

venerdì 23 gennaio 2009

GAZA: DA REGIONE LIGURIA 50MILA EURO PER COORDINAMENTO AIUTI

venerdì 23 gennaio 2009 15.32(AGI) -
Genova - 23 gen. - La Regione Liguria aderisce al coordinamento aiuti per Gaza attraverso lo stanziamento di 50.000 euro, deciso questa mattina in Giunta. L'obiettivo e' quello di svolgere un ruolo attivo per l'invio di aiuti umanitari in Medio Oriente. A questo proposito la Liguria partecipera' alla Conferenza delle Regioni che si riunira' mercoledi' prossimo - all'interno della quale e' stato costituito, su proposta del ministero degli Esteri, il coordinamento degli aiuti umanitari - per definire il proprio impegno a favore dei bambini colpiti dalla guerra nella Striscia di Gaza. "Intendiamo svolgere un ruolo concreto - hanno spiegato il presidente della Regione, Claudio Burlando, e l'assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo - e siamo disponibili ad inviare medici, che potranno prestare le loro cure nella striscia di Gaza, e a collaborare all'invio di materiali necessari per la prima emergenza. Inoltre siamo pronti ad accogliere all'Istituto pediatrico 'Gaslini' i bambini che necessitano di interventi sanitari di emergenza per alleviare in parte la drammatica situazione della popolazione civile colpita dai bombardamenti". (AGI) Cli/Ge/Vic

mercoledì 21 gennaio 2009

21 gennaio 1921



Quel 21 gennaio del 21 da una scissione del partito socialista nasceva a Livorno il Partito Comunista d'Italia attraverso il fascismo, la clandestinità, la Resistenza arriverà ad essere il più grande partito comunista di massa dell'occidente. Nell'immediato dopoguerra il suo contributo politico fu determinante nella stesura della Costituzione e nell'intraprendere una strada di pacificazione dopo i danni del fascismo. Relegato all'opposizione fu un baluardo di tenuta democratica nonostante reiterati tentativi di deriva a destra del paese. Grazie alla sua capacità di essere partito di lotta e di governo pur restando all'opposizione contribuì alla vittoria dei lavoratori sul terreno delle conquiste sociali e civili.

ps. mi si consenta una degressione. All'interno delle sezioni delle federazioni e in ogni dove fosse possibile parlare di politica e cultura quelli della mia generazione e anche quelli un po più anziani dibattevano magari sul dibattito tra Togliatti e Vittorini.... oggi quelli che dovrebbero forse aver raccolto quella eredità dibattono tra Bertinotti e Fagioli.....sarà un segno dei tempi?

domenica 18 gennaio 2009

UNA NUOVA CULTURA

...se ci riesco non uso aggettivi. In questi giorni con una certa disinvoltura c'è chi ha parlato di quello che stava succedendo nella striscia di Gaza. Tutti, se abbiamo voluto, abbiamo saputo cosa stava succedendo a Gaza e a Israele. Come è giusto che sia abbiamo potuto farci una opinione che non necessariamente era uguale a quella di un altro.
Nel settembre 1945, a pochi mesi dalla fine del conflitto mondiale uno dei più importanti intellettuali del panorama italiano di quel periodo fondava una rivista e sul numero uno apriva con le seguenti considerazioni:
.
UNA NUOVA CULTURA

Non più una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultu­ra che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini

Per un pezzo sarà difficile dire se qualcuno o qualcosa abbia vinto in questa guerra. Ma certo vi è tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I morti, se li contiamo, sono più di bambini che. di soldati; le macerie sono di città che avevano venticinque secoli di vita; di case e di biblioteche, di monumenti, di cattedrali, di tutte le forme per le quali è passato il progresso civile dell’uomo; e i campi su cui si è sparso più sangue si chiamano Mauthausen, Maidanek, Buchenwald, Dakau.
Di chi è la sconfitta più grave in tutto questo che è accaduto? Vi era bene qualcosa che, attraverso i secoli, ci aveva insegnato a considerare sacra l’esistenza dei bambini. Anche di ogni conquista civile dell’uomo ci aveva insegnato ch’era sacra; lo stesso del pane; lo stesso del lavoro. E se ora milioni di bambini sono stati uccisi, se tanto che era sacro è stato lo stesso colpito e distrutto, la sconfitta è anzitutto di questa «cosa» che c’insegnava la inviolabilità loro. Non è anzi­tutto di questa «cosa» che c’insegnava l’inviolabilità loro?
Questa «cosa », voglio subito dirlo, non è altro che la cultura; lei che è stata pensiero greco, ellenismo, romanesimo, cristianesimo la­tino, cristianesimo medioevale,. umanesimo, riforma, illuminismo, libe­ralismo, ecc., e che oggi fa massa intorno ai nomi di Thomas Mann e Benedetto Croce, Benda, Huitzinga, Dewey, Maritain, Bernanos e Unamuno, Un Yutang e Santayana, Valéry, Gide e Berdiaev.
Non vi è delitto commesso dal fascismo che questa cultura non avesse insegnato ad esecrare già da tempo. E se il fascismo ha avuto modo di commettere tutti i delitti che questa cultura aveva insegnato ad esecrare già da tempo, non dobbiamo chiedere proprio a questa cultura come e perché il fascismo ha potuto commetterli?
Dubito che un paladino di questa cultura, alla quale anche noi apparteniamo, possa darci una risposta diversa da quella che pos­siamo darci noi stessi: e non riconoscere con noi che l’insegnamento di questa cultura non ha avuto che scarsa, forse nessuna, influenza civile sugli uomini.
Pure, ripetiamo, c’è Platone in questa cultura. E c’è Cristo. Dico: c’è Cristo. Non ha avuto che scarsa influenza Gesù Cristo? Tutt’altro. Egli molta ne ha avuta. Ma è stata influenza, la sua, e di tutta la cultura fino ad oggi, che ha generato mutamenti quasi solo nell'intel­letto degli uomini, che ha generato e rigenerato dunque se stessa, e mai, o quasi mai, rigenerato, dentro: alle possibilità di fare, anche l'uomo. Pensiero greco, pensiero latino, pensiero cristiano c;li ogni tempo, sembra non abbiano dato agli uomini che il modo di travestire e giustificare, o addirittura di render tecnica, la barbarie dei fatti loro. E qualità naturale della cultura di non poter influire sui fatti degli' uomini?
lo lo nego. Se quasi mai (salvo in periodi isolati e oggi nel­l'U.R.S.S.) la cultura ha potuto influire sui fatti degli uomini dipende solo dal -modo in cui la cultura si è manifestata. Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato princìpi e valori, ha scoperto continenti e costruito macchine, ma non si è identificata con la società, nOn ha governato con la società, non ha condotto eserciti per la società. Da che cosa la cultura trae motivo per elaborare i suoi princìpi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ciò che l'uomo soffre nella società. L'uomo ha sofferto nella società, l'uomo soffre. E che cosa fa la cultura per l'uomo che soffre? Cerca di consolarlo.
Per questo suo modo di consolatrice in cui si è manifestata fino ad oggi, la cultura non ha potuto impedire gli orrori del fascismo. Nessuna forza sociale era «sua» in Italia o in Germania per impe­dire l'avvento al potere del fascismo, né erano «suoi» i cannoni, gli aeroplani, i carri armati che avrebbero potuto impedire l'avventura d'Etiopia, l'intervento fascista in Spagna, 1'« Anschluss» o il patto di Monaco. Ma di chi se non di lei stessa è la colpa che le forze sociali non siano forze della cultura, e i cannoni, gli aeroplani, i carri armati non siano «suoi»?
La società non è cultura perché la cultura non è società. E la cultura non è soçietà perché ha in sé l'eterna rinuncia del «dare a Cesare» e perché i suoi princìpi sono soltanto consolatori, perché non sono tempestivamente rinnovatori ed efficacemente attuali, vi­venti con la società stessa come la società stessa vive. Potremo mai avere una cultura che "'Sappia proteggere l'uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scon­giuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.
La cultura italiana è stata particolarmente provata nelle sue illusioni. Non vi è forse nessuno in Italia che ignori che cosa significhi la mortificazione dell'impotenza o un astratto furore. Continueremo, ciò malgrado, a seguire la strada che ancora oggi ci indicano i Thomas Mann e i Benedetto Croce? lo mi rivolgo a tutti gli intellettuali ita­liani che hanno conosciuto il fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici, anche ai mistici. Vi sono ragioni dell'idealismo o del cattolicesimo che si oppongono alla trasformazione della cultura in una cultura capace di lottare contro la fame e le sofferenze?
Occuparsi del pane e del lavoro è ancora occuparsi dell'« anima ».
Mentre non volere occuparsi che dell'« anima» lasciando a «Cesare» di occuparsi come gli fa comodo del pane e del lavoro, è limitarsi ad avere una funzione intellettuale e dar modo a «Cesare» (o a Done­gani, a Pirelli, a Valletta) di avere una funzione di dominio «sull'ani­ma» dell'uomo. Può il tentativo di far sorgere una nuova cultura che sia di difesa e non più di consolazione dell'uomo, interessare gli idealisti e i cattolici, meno di quanto interessi noi?

ELIO VITTORINI

(n. 1, 29 settembre 1945)
.
Dedico questo post estrapolato dal N.1 del Politecnico alla popolazione di Gaza e ai bambini di Gaza .
ps. Invito giornalisti, direttori di giornali e telegiornali, critici d'arte, tronisti e omnipresenti... insomma tutti quelli che nel nostro paese fanno cultura a considerarsi direttamente coinvolti.

venerdì 16 gennaio 2009

L'eccidio di piazza Baracca


Oggi ho approfittato di un incontro promosso dall’ANPI Sestrese per iscrivermi per la prima volta all’associazione stessa.
L’incontro che scandisce l’inizio delle iniziative per l’anno in corso è anche il momento per il ricordo di un episodio rimasto nel ricordo degli antifascisti sestresi . L’eccidio di Piazza Baracca.
Propongo il testo tratto dal libro “la resistenza sestrese” curato da Clara Causa per l’associazione partigiani d’italia sezione di sestri ponente.


Piazza Baracca

La ferocia nazifascista rivelò, nell' eccidio di Piazza Baracca, tutta la sua macabra fantasia.
"Il 16 Gennaio 1945, nelle primissime ore del mattino, Rinaldo Bozzano e Giuseppe Canepa vennero prelevati insieme a Sandro Maestri e Alfonso Ferrari di Savona, Commissario della Brigata Bonaria. Trasportati a Sestri, furono trucidati, dopo essere stati vilmente ingannati da una falsa liberazione:
*Canepa, invitato ad andarsene, venne raggiunto da una raffica di mitra nei pressi dell' attuale negozio dei formaggi.
* Maestri tentò di allontanarsi, ma fu ucciso tra la Pasticceria Dagnino e l'edicola dei giornali.
*Bozzano venne ucciso tra i binari del tram, davanti all' edicola dei giornali, ma prima, ebbe modo di gridare il proprio disprezzo agli esecutori, dicendo che preferiva morire, piuttosto che tradire i compagni. Evidentemente, ciò gli fu richiesto durante gli interrogatori.
*Ferrari venne ucciso nei pressi del negozio di fiori, accanto all'Oratorio.
Il comportamento stoico di Bozzano fu confermato dal Comandante delle brigate nere di Sampierdarena, Franchi, catturato dai partigiani durante l'Insurrezione.
Così quella mattina, una fredda mattina invernale, grigia, resa ancora più buia dall'oscuramento imposto dallo stato di guerra, i primi operai, passando per Via Garibaldi, odierna Via Sestri, arrivati in Piazza Baracca, trovarono la macabra sorpresa: quattro giovani corpi, stesi a terra, con accanto un panino ed una mela. "
"Quest'ultimo particolare, sul quale non si ebbe mai alcuna spiegazione ufficiale, anche perché le autorità fasciste insistettero nella loro estraneità a queste morti, che pure risultavano persone risultanti in loro mani, può essere spiegato col fatto che, fornendo alle vittime un pasto, sia pure modesto, da consumare nel corso di un ipotetico viaggio, si rendeva più credibile l'ipotesi di un trasferimento, che avrebbe indotto alla calma le vittime stesse, almeno sino al luogo dell' esecuzione."
"Si tentò di far passare questi poveri giovani come dissidenti dal Movimento e quindi vittime dei loro stessi compagni di lotta, mentre, al contrario, erano stati prelevati dalle carceri, trasportati in autocellulare nei punti più disparati della periferia e del centro cittadino per esservi uccisi dai militi delle brigate nere, a ciò incaricati dalla Federazione del fascio genovese, così come - per ammissione di Vito Spiotta - era accaduto per i 21 di Portofino. Due crimini che per le loro spaventose analogie denunciavano la stessa satanica, documentabile, ispirazione. Essi ripetevano sostanzialmente la ferocia del massacro compiuto il 19 Maggio al Passo del Turchino, quando ben 59 cittadini, prelevati dalle carceri nazifasciste genovesi, caddero, ad uno ad uno, falciati dalla mitraglia, sotto gli occhi dei compagni ancora vivi, rotolando, morti o feriti, lungo il verde pendio in una sottostante fossa nella quale sarebbero stati schiacciati da un'enorme roccia o da poca impietosa terra."
fonte "La Resistenza Sestrese"

mercoledì 14 gennaio 2009

MASSACRATELI TUTTI MA NON FATECELO SAPERE

...ieri 13 gennaio presso Palazzo Tursi, sede del comune di Genova si è riunito per le normali discussioni amministrative il consiglio Comunale. Verso le 16.30 era stato programmato un collegamento telefonico con Luisa Morgantini (vice presidente del parlamento europeo)rientrata da poco dalla striscia di Gaza in missione proprio per il parlamento europeo.
La destra ha cercato di impedire che fosse diffusa la telefonata. La solita ipocrisia da struzzo.




...ECCO LA REGISTRAZIONE DELLA TELEFONATA TRA LA SINDACO MARTA VINCENZI E LUISA MORGANTINI (vice presidente parlamento europeo)

lunedì 12 gennaio 2009

IO RICORDO SABRA E SHATILA

… A volte prima di scrivere e postare una cosa è bene aspettare, fare decantare le emozioni, raccogliere tutti quei pensieri che si riescono ad esprimere normalmente solo con gli insulti e incanalare, la rabbia e l’indignazione in un ragionamento ed esprimere un pensiero che non offra terreno all’ambiguità.
Questa mattina c’è stato qualcuno che ha pensato di darmi il buongiorno segnalandomi le dichiarazioni di Giovanardi (non riesco a mettere la qualifica onorevole) in merito alle manifestazioni di questi giorni a favore della popolazione di Gaza e contro l’aggressione Israeliana.
“Espellere o non rinnovare il permesso di soggiorno a chi in questi giorni manifesta a favore di Hamas o brucia bandiere d'Israele, esprimendo cosi' il proprio razzismo antisemita”.

Ovviamente le risposte sono su due piani, uno politico e uno umanitario.
Giovanardi finge di non ricordare che la lotta del popolo palestinese non inizia con Hamas ma con una organizzazione assolutamente laica l’”ANP”(Autorità Nazionale Palestinese) presieduta da Yasser Arafat . Non vuole ricordare che Arafat fu insignito insieme a Yitzhak Rabin del premio Nobel per la Pace per il lavoro compiuto congiuntamente per il raggiungimento della Pace in medio Oriente. Non vuole ricordare che dopo l’uccisione di Rabin i governi israeliani hanno continuato una campagna delegittimatoria nei confronti di Arafat fino al punto di bombardare in continuazione i luoghi dove presumevano si trovasse Arafat stesso. Non vuole ricordare che da tenace combattente Arafat finchè non fu pressoché alla fine rifiutò di farsi curare all’estero in quanto Israele gli avrebbe impedito di rientrare a Gaza.
La delegittimazione dell’ APN , la negazione di diritti umani, l’appropiazione dei pozzi ha trasformato quella che era un movimento di lotta laico nella disperazione cieca dell’integralismo religioso. Hamas.
Non vorrei fare della fantapolitica (e ciò che sta succedendo oggi nella striscia di Gaza potrebbe avvallare ciò che scrivo) che Hamas non sia solo che una scusa (l’invasione sarebbe stata programmata da tempo) con la finalità di scacciare definitivamente i palestinesi dalla striscia di Gaza e quindi che Hamas faccia di fatto il gioco di Israele. Questo per fare comprendere bene quanto io sia filo-Hamas.
Ultima considerazione politica Hamas è stato eletto in elezioni democratiche nella striscia di Gaza quindi rappresenta a tutti gli effetti il suo popolo (C’è gia Berlusconi che si fa le domande e si da le risposte volendo rapportarsi solo con l’opposizione che approva lui).
Mi sono accorto solo adesso che sino a questo momento non ho menzionato una parola :”Ebrei” o “Stato Ebraico”. Non l’ho fatto per una semplice ragione che non mi è mai passato per la mente mentre facevo il ragionamento precedente che religioni o che razze stavano confrontandosi con i cannoni e i missili.
La risposta sul piano umano ha molti aspetti inquietanti. Uccidere i bambini di un popolo vuol dire negare a questo popolo di avere un futuro. Vuol dire pulizia etnica, è un olocausto è genocidio. Le atrocità che vengono rese pubbliche, di certo non grazie ai media italiani , trovano forse eco nelle stragi dei nativi nordamericani, negli indios dell’ammazzonia, nelle pulizie etniche nei balcani e nelle stragi naziste compiute nell’italia occupata dove veniva applicata la rappresaglia dell’1 a 10, e a volte non era necessaria nemmeno quella. Un conto indegno potrebbe essere la conta delle vittime dei missili di Hamas rispetto ai civili uccisi nella striscia di Gaza, ma questo lo lascio alle persone indegne che credono che dal pareggio dei morti possa esserci giustizia.
Giovanardi, io sto cercando di far fermare questa carneficina e sono ateo. È il suo essere cristiano e cattolico che le permette di preoccuparsi di un eventuale antisemitismo non sentendo neanche un minimo senso di fastidio nel vedere i corpi martoriati di bambini e adulti palestinesi colpiti da una ferocia inaudita? Non è che quello che sta cercando di passare è un razzismo subdolo nei confronti delle comunità del nord africa e del medioriente tanto per continuare a cavalcare la tigre della paura di ciò che è diverso da noi?
Rileggendo le sue dichiarazioni
“Ma gli italiani - sottolinea Giovanardi - stanno assistendo attoniti n questi giorni a manifestazioni e cortei nelle nostre citta' di immigrati extracomunitari di fede islamica, schierati totalmente dalla parte di Hamas e dell'estremismo piu' fanatico, con tanto di rogo di bandiere israeliane e slogan razzisti e antisemiti. Per questi signori non ci deve essere spazio in Italia….”
Mi sembra che una nuova crociata stia per partire: anche i soggetti sono gli stessi e i crociati non si sono certo risparmiati in fatto di crudeltà in nome di santa romana chiesa.

ps. Il titolo è in ricordo del massacro nei due campi profughi palestinesi dove il mix militare religioso produsse la carneficina. Sharon (ministro della difesa israeliana) acconsentì a quel tempo a fare finta di niente, di fatto rendendosi complice facendo sigillare i campi palestinesi in Libano consentendo ai cristiano-maroniti di accedere nei campi il 16 settembre 1982 per uscirne due giorni dopo causando un numero imprecisato di morti tra i profughi palestinesi. Le cifre parlano tra le diverse centinaia e i 3500.

domenica 11 gennaio 2009

FABER....SEI SEMPRE IN MEZZO A NOI

…può sembrare difficile in questi giorni di guerra e di stragi ricordare un cantautore . In realtà la difficoltà sta nel riuscire a scegliere tra le innumerevoli testimonianze che ci ha lasciato perché le sue canzoni, le sue poesie in realtà mantengono una attualità impressionante. Sono poesie scrittè “domani”.
Voglio celebrare questa sua attualità con due pezzi:
Il primo lo voglio dedicare a Gaza e ai suoi bambini : Fiume Sand Creek



Il secondo pezzo voglio dedicarlo a tutti quei presunti dirigenti della sinistra italiana che oggi di fronte ad una crisi che coinvolge tutti i settori della società italiana, con i loro tatticismi, nella speranza di mantenere qualche impalpabile traccia di cenere della sinistra non solo non riescono a dare una prospettiva politica, ma, frenano le più che giustificate volontà del popolo della base di volere tornare a fare politica. Per dirla con De Andrè
…”NON VI E’ RIMASTO NESSUN ARGOMENTO PER FARCI ANCORA PERDERE TEMPO….”

venerdì 9 gennaio 2009

"ECO" di pace contro l'occupazione

…guai se in tutto questo abominio commettessimo noi l’errore di fare di tutta l’erba un fascio e non ascoltassimo delle voci che fuori dal coro raccontano un loro impegno nella ricerca di una pace giusta tra palestinesi ed ebrei.

Sull’unità di oggi a pagina 3 troviamo “5 risposte da Myriam Marino” dell’ECO Associazione Ebrei contro l’occupazione.
Le origini di questa associazione avvengono con una lettera aperta di ebrei italiani dal titolo “Non in nostro nome” che risale al 2002 (seconda intifada) contro le azioni compiute sempre dall’esercito israeliano contro i civili palestinesi prendendone decisamente le distanze. La rete dell’ECO oggi si estende su tutto il territorio nazionale e promuove iniziative contro ogni violenza e per la riconciliazione.
Myriam Marino sostiene che per lei non è stato un problema sostenere la causa palestinese perché proprio sulla base della conoscenza personale di palestinesi ha potuto e voluto compiere un percorso proprio a fianco dei palestinesi. E’ la mancanza di conoscenza a creare le divisioni a non accettare l’altro e a creare i conflitti.
Con estrema saggezza entra nel merito delle bandiere date alle fiamma sostenendo che per quanto possa essere un gesto deprecabile e condannabile, nulla è in confronto alle vittime innocenti, e non esiste una bandiera bruciata che abbia e che possa giustificare la vita di un bambino.
L’ECO insieme agli “Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese” ha lanciato una campagna di raccolta di fondi per l’acquisto in loco di quanto necessario.

Questo era un sunto di presentazione dell’ECO e per quanto possa sembrare poco rispetto alla valanga di violenza che si sta scatenando su Gaza oggi da parte dell’esercito israeliano credo che per noi debba rappresentare la testa di ponte di un dialogo che miri ad una pace effettiva tra questi due popoli mediorientali.


Ps. Nel nostro piccolo stiamo continuando con la campagna di sensibilizzazione per il gemellaggio tra Genova e Gaza, che al di la del simbolismo dell’iniziativa mira a far si che autorità italiane a vari livelli intervengano per un cessate il fuoco e nel contempo ci si adopri per soccorrere materialmente la popolazione di Gaza. In particolare I consiglieri comunali genovesi del gruppo della sinistra stanno cercando di risolvere eventuali problemi per consentire a dei bambini di Gaza duramente colpiti in questi giorni di poterli curare in una struttura come il Gaslini di Genova.
In serata saranno superate le 300 adesioni su facebook e sempre più difficile è quantificare la mobilitazione che si è creata su questa iniziativa nata nell’ambito dei blog .
Un autentico esempio di partecipazione orizzontale dove l’unico obbiettivo è concretizzare la solidarietà.





cliccando sull'immagine ci si connette con l'iniziativa
su facebook

Naturalmente non esiste solo l'iniziativa di Genova ma una marea di presidi fiaccolate dibattiti.per avere una panoramica di queste iniziative vi rimando i link di due compagni di blog che stanno raccogliendo l'elenco delle iniziative dei prossimi giorni

IN CIRCOLO ------------------ IL RUSSO

link alla pagina dell'Unità

martedì 6 gennaio 2009

LINEA DIRETTA GENOVA GAZA


Questa immagine credo che possa diventare un simbolo per un impegno concreto a sostegno della gente di Gaza. Da Facebook faccio partire una proposta affinchè Genova citta insignita della medaglia d'oro alla Resistenza si gemelli con Gaza.

GRUPPO FACEBOOK "GENOVA SI GEMELLI CON GAZA PER UNA PACE IMMEDIATA"



Alla Sindaco di Genova, Marta Vincenzi

Cara Marta,

ti scriviamo perche' vorremmo che Genova assumesse una forte e significativa posizione contro i massacri che stanno avvenendo in questi giorni nella striscia di Gaza.

Siamo consapevoli che la guerra non sia mai un metodo di risoluzione dei conflitti, che sempre i conflitti armati moderni coinvolgano in prima persone le popolazioni civili e che non ci possa essere Pace senza Giustizia e Giustizia senza Pace.

In questo senso riteniamo insopportabile l'invasione armata di uno stato (anche se costretto ad alcuni territori assediati) e la continuazione dell'occupazione dei territori che secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite avrebbero dovuti essere restituiti alla Palestina.

Ti chiediamo pertanto di:

1.. prevedere un simbolico gemellaggio con la martoriata citta' di Gaza;
2.. elevare una forte pressione verso il governo italiano, affinche' abbandoni una politica giustificazionista dei massacri di Gaza;
3.. offrire supporto alle istituzioni e alle associazioni genovesi che in questi giorni di stanno mobilitando per affrontare la situazione umanitaria;
4.. attivarsi affinche' anche i nostri ospedali, in primo luogo il Gaslini, siano disponibili a curare le persone coinvolte in questa terribile aggressione.


Antonio Bruno, Bruno Delpino, Arcadio Nacini





Genova 07-01-2009

…La richiesta nasce tra le mani di una ragazza palestinese nel pomeriggio del 6 gennaio 2009 in Pzza Matteotti a Genova. Una persona anonima ma che ricordava a Genova la sua natura di città solidale con gli oppressi di tutto il mondo.
Non è accettabile il massacro perpetrato a danno delle popolazioni civili della striscia di Gaza, e, Genova, Città insignita della medaglia d’oro della Resistenza deve chiedere non solo un cessate il fuoco immediato, ma trovare tutte le forme possibili per sostenere le popolazioni della striscia di Gaza sottoposte a quella che ormai ha sempre più le caratteristiche di una pulizia etnica .
Chiediamo che l’Amministrazione Comunale si adoperi sia politicamente che materialmente per il conseguimento di tale solidarietà attraverso una forma di gemellaggio con Gaza.
Al fine di sensibilizzare non solo i genovesi ma una buona parte di internauti democratici ho creato questo gruppo su facebook come espressione di una richiesta che parte dal basso. Talmente dal basso da essere la mano anonima di una ragazza palestinese che ringrazio per varmi ricordato di appartenere a quella comunità senza se e senza ma solidale con gli oppressi ovunque essi siano.

Loris Viari

contatto : genova_gaza@yahoo.it

mi scuso perchè non riesco a rispondere ai commenti saltando da facebook ai compagni di blog che si sono impegnati con me in questa iniziativa per cui forse la cosa migliore da fare è mettere i link alle pagine dei compagni di blog ai quali o a voce o commentando farò sapere l'evoluzione dell'iniziativa.

Il Russo
IN CIRCOLO
L'ECO DELL'APPENNINO
POST-IT
GAP
SCHIAVI O LIBERI
Alessandro Tauro
Gatta bastarda
Nadia
LUZ
IL MONTICIANO

ringrazio tutti quelli che stanno adoprandosi per la riuscita di questa iniziativa e mi scuso se ne dimentico qualcuno ma fortunatamente sono veramente tanti e mi riesce difficile a volte accorgermene.




Queste sono alcune immagini della manifestazione in solidarietà col popolo palestinese svoltasi a Genova oggi 6 gennaio 2009




A gran voce e ovunque facciamo si che si senta la nostra voce per una pace giusta e immediata nella striscia di Gaza












































UN EROE DEI NOSTRI GIORNI



Il 5 gennaio 1984 veniva assassinato dalla mafia Giuseppe Fava ripropongo l'intervista rilasciata a Enzo Biagi il 28 dicembre 1983.

lunedì 5 gennaio 2009

Striscia di gaza senza Palestinesi?

...non ho risposte da dare a parte la mia indignazione. Un grosso senso di impotenza e di rabbia di fronte a quella che ha tutte le caratteristiche di una pulizia etnica. Un accanimento contro i civili senza limiti. Ricordo un breve filmato della seconda intifada in cui un padre palestinese aveva in braccio il figlio bambino ferito dal fuoco dei militari israeliani. Non gli consentivano di muoversi…continuavano a sparare incuranti delle preghiere per poter curare il figlio. Ho odiato quei militari ho odiato quei soldati e per me che fossero israeliani o di qualsiasi altra nazione era irrilevante erano degli assassini ho avuto compassione (nel suo significato profondo) nei confronti di quel palestinese e soprattutto padre.
Ho finito da poco di leggere un articolo su un mondo possibile che parla di un piano per mettere in essere le condizioni per un abbandono di massa da parte delle popolazioni palestinesi dagli attuali territori e del successivo controllo degli israeliani sugli stessi.L’aver privilegiato l’acuirsi della tensione con la delegittimazione di Arafat, la costruzione del muro della vergogna, la famosa passeggiata a Gerusalemme sul piazzale delle moschee di Sharon in segno di sfida vanno nel segno che il pezzo su un mondo possibile non sembra discostarsi in modo sensibile dal presunto piano israeliano. Non meravigliamoci se le popolazioni hanno alla fine votato Hamas che ha vinto in una consultazione democratica le elezioni.





Oltre a questo filmato voglio postare una foto che ho trovato sul blog di Linea Gotica a me ha fatto riflettere molto, che ha rafforzato ulteriormente il fatto che sono "Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti."(a.Gramsci) e il mio posto è al fianco del popolo palestinese.


Non stupiamoci del terrorismo

domenica 4 gennaio 2009

Comunicazione di servizio

Grazie a Gatta bastarda che ha voluto segnalarmi per questo premio per i blog “che hanno dimostrato impegno nel trasmettere valori culturali, etici, letterari o personali", come direbbero a Genova: “Beliiiiin!!!!!!” .
Veniamo al regolamento:"I premiati devono solo seguire queste tre semplici regole:
1. accettare e comunicare il regolamento visualizzando il logo del premio 2. linkare i blog che ti hanno premiato 3. premiare altri 15 blog meritevoli avvisandoli del premio"
1. Premio accettato
2. Regolamento pubblicato
3.linkata Gatta bastarda

4. ecco le nomination:
Luz
IL MONTICIANO
Punzy
Schiavioliberi
STELLA
La Mente Persa
Versione Beta
solleviamoci
Marco Crupi
Pietro
In Circolo
Linea Gotica
Anna
Nadia
Fiordaliso

In queste nomination ho voluto segnalare soprattutto alcuni blog che frequento abitualmente ma che per ragioni di tempo non ho sufficentemente commentato come meriterebbero.
Mi scuso con Gap che mi aveva già segnalato un po di tempo addietro ma per mia disattenzione non avevo proceduto come in questa occasione.
ps. il premio è visualizzato sotto l'archivio blog

BEGIN

Share |

Lettori fissi

networkedblogs

DISCLAIMER


Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.
L'autore del blog non è responsabile del contenuto dei commenti ai post, nè del contenuto dei siti "linkati".

Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarlo via E-mail. Saranno immediatamente rimosse.

Some text or image, in this blog, were obtained via internet and, for that reason, considered of public domain. I have no intention of infringing copyright. In the case, send me an E-mail and I will provide immediately.