il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



mercoledì 15 maggio 2013

Genova saluta le sue vittime


Oggi, 15 maggio, ci sarà l’ultimo saluto alle vittime del disastro della Torre di Controllo del porto di Genova.
Dal momento del disastro, guardare il porto incute sentimenti contrastanti, difficili anche da spiegare. Non è la prima volta che si contano dei morti su quell’area. Quelli che fanno più male in assoluto, sono quelli sul lavoro. Fanno male perché la cultura del lavoro e della solidarietà è stata per anni la cultura dei lavoratori del porto di Genova. Fanno male perché attraverso quella cultura il lavoro era elemento di emancipazione del lavoratore stesso perché diventava il diretto interlocutore con armatori, spedizionieri e quanti in quel porto creavano commercio, altro lavoro, altri traffici e faceva crescere di fatto l’economia della città e di tutto il Paese.
Le cose sono però mutate: alla storica autogestione dei portuali , attraverso la compagnia dei portuali, il “mercato” ha chiesto concorrenzialità, apertura a “imprenditori” privati e tempistiche e metodi di lavoro che guardano al profitto come unico fine.
Il porto non è mutato in questi anni, ma le navi si. Sempre più sovente anche per gli osservatori meno attenti, accade di rimirare autentici “colossi del mare” da un numero sconsiderato di ponti, adibiti al mercato crocieristico. Quello che è successo all’isola del Giglio è ancora davanti agli occhi di tutti. Per garantire il fondale adeguato, al porto di Genova, recentemente sono state fatte brillare delle microcariche per limare via scogli che hanno visto la navigazione nel porto di Genova sin dai tempi dei romani ma sarebbero potuti essere un problema per i “mercati” che trattano megamotonavi da crociera o portacontainer che più grandi sono e maggiori profitti riescono a movimentare e incassare.
Con non poco raccapriccio ho sentito il presidente dell’autorità portuale parlare di un ipotetico spostamento della diga foranea di 500 metri a mare, per consentire a navi come la Jolly Nero di poter navigare e manovrare con disinvoltura in quello che più che un canale di calma diventerebbe un “mare interno”. Il costo di questa operazione sarebbe tutto riversato sull’ ambiente, marino soprattutto, che sicuramente porterebbe ad una ulteriore riduzione degli arenili e il completamento di un esproprio progressivo di quello che è un “Bene Comune” come l’accesso al mare.

Ecco  il perché di una torre di controllo in un posto in cui non doveva essere, una nave che non doveva navigare tra i moli come un toro lambendo la muleta, e un porto che non poteva contenere nella piena sicurezza navi dalle dimensioni spropositate.
Con questa consapevolezza oggi saluteremo questi nostri morti sul lavoro, nostri perché appartengono a tutto il paese, appartengono al mondo che lavora, indipendentemente dal ruolo, dalla divisa o dalla provenienza geografica.
Per queste ragioni fanno ancora più male, perché su quella rotta, in quello spazio a condurre navi o a osservare da quella torre c’era il profitto.
Loris

Ricordiamoli:
Daniele Fratantonio, Michele Robazza, Marco De Candussio, Davide Morella, Sergio Basso, Maurizio Potenza,Francesco Cetrola, Gianni Jacoviello, Giuseppe Tusa,

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