Tre schede di approfondimento in vista della presentazione del libro
Chi è il maestro del lupo cattivo?
La donna nella pubblicità stradale
Milano 1990-2011
di Ico Gasparri
***
15 dicembre 2011 ore 17,30
Libreria Finisterre
Truogoli di S. Brigida 25
Genova
A cura dell’Associazione
"Usciamo dal silenzio"
Genova
NASCITA
È arrivato il momento di dare alle stampe questo libro che mi ha tenuto compagnia per tanti anni, in attesa di avere le sue piccole parole allineate nell'inchiostro. Domani mattina le avrà e finalmente mi potrò riposare. Sono arrivato alla fine di un lungo sforzo e non so se ci sono arrivato nelle migliori condizioni e con il migliore prodotto. Importante è esserci arrivato e affidare ora agli altri che lo leggeranno questo mio lungo, travagliato, silenzioso, a volte doloroso, diario. Più di vent'anni impegnati per raccogliere un'idea di riflessione e di lotta civile, passando attraverso vere e proprie epoche di questo sventurato paese al quale ormai poche cose ci tengono legati se non la retorica dell'esserci nati. Ho combattuto spesso da solo e ora sono felice di vedere che la stessa lotta è diventata patrimonio diffuso. Certo, non mi faccio alcuna illusione, questo patrimonio è ancora larghissimamente minoritario tra le donne e quasi del tutto assente tra i maschi italiani. Ma prima era ancora peggio, molto peggio. E so di aver contribuito a questo lento ma inesorabile risveglio delle coscienze. Non è stata una cosa da poco sentirsi utili. Non è stata una cosa insignificante ricevere tanti ringraziamenti, complimenti sinceri e semplici per aver condotto una così speciale campagna per i diritti civili. Le pagine saranno per molti versi un diario intimo, un racconto accorato e sincero del mio impegno e di quella che anche a me, vista dal dopo, sembra un'inusuale prova di determinazione e di resistenza. Ma ero fermamente convinto che quella cosa lì, cioè la raccolta meticolosa e continua delle immagini per strada, andasse fatta e andasse fatta bene e senza risparmiarsi. E io l'ho fatta così, al servizio delle sole mie convinzioni e della proiezione – che nel lontano 1990 avevo fatto – circa la deriva ormai sotto gli occhi dell'intero pianeta del nostro ridicolo paese. Gli stranieri ridono di noi, si chiedono cosa facciamo, perché siamo così. E noi fingiamo di non sentirli e continuiamo a credere di essere nel giusto. E io fotografavo, fotografavo, senza un sostegno né un piano ben preciso, senza una data d'arrivo prevista, senza risorse finanziarie, senza sponsor, senza aiuti. Sono semplicemente andato avanti lungo una strada che andava tracciata. Ora la strada c'è e tocca a tutti noi di percorrerla con uno spirito più intransigente e coraggioso. Basta con la leggerezza che ci ha ammorbato per tutti questi anni. Basta con l'accoglienza indiscriminata di idee e persone che non meritano di essere da noi considerate. Facciamo una bella pulizia dentro e fuori da noi e cerchiamo di immaginare un qualche futuro meno sciatto e mediocre.
È arrivato il momento di dare alle stampe questo libro che mi ha tenuto compagnia per tanti anni, in attesa di avere le sue piccole parole allineate nell'inchiostro. Domani mattina le avrà e finalmente mi potrò riposare. Sono arrivato alla fine di un lungo sforzo e non so se ci sono arrivato nelle migliori condizioni e con il migliore prodotto. Importante è esserci arrivato e affidare ora agli altri che lo leggeranno questo mio lungo, travagliato, silenzioso, a volte doloroso, diario. Più di vent'anni impegnati per raccogliere un'idea di riflessione e di lotta civile, passando attraverso vere e proprie epoche di questo sventurato paese al quale ormai poche cose ci tengono legati se non la retorica dell'esserci nati. Ho combattuto spesso da solo e ora sono felice di vedere che la stessa lotta è diventata patrimonio diffuso. Certo, non mi faccio alcuna illusione, questo patrimonio è ancora larghissimamente minoritario tra le donne e quasi del tutto assente tra i maschi italiani. Ma prima era ancora peggio, molto peggio. E so di aver contribuito a questo lento ma inesorabile risveglio delle coscienze. Non è stata una cosa da poco sentirsi utili. Non è stata una cosa insignificante ricevere tanti ringraziamenti, complimenti sinceri e semplici per aver condotto una così speciale campagna per i diritti civili. Le pagine saranno per molti versi un diario intimo, un racconto accorato e sincero del mio impegno e di quella che anche a me, vista dal dopo, sembra un'inusuale prova di determinazione e di resistenza. Ma ero fermamente convinto che quella cosa lì, cioè la raccolta meticolosa e continua delle immagini per strada, andasse fatta e andasse fatta bene e senza risparmiarsi. E io l'ho fatta così, al servizio delle sole mie convinzioni e della proiezione – che nel lontano 1990 avevo fatto – circa la deriva ormai sotto gli occhi dell'intero pianeta del nostro ridicolo paese. Gli stranieri ridono di noi, si chiedono cosa facciamo, perché siamo così. E noi fingiamo di non sentirli e continuiamo a credere di essere nel giusto. E io fotografavo, fotografavo, senza un sostegno né un piano ben preciso, senza una data d'arrivo prevista, senza risorse finanziarie, senza sponsor, senza aiuti. Sono semplicemente andato avanti lungo una strada che andava tracciata. Ora la strada c'è e tocca a tutti noi di percorrerla con uno spirito più intransigente e coraggioso. Basta con la leggerezza che ci ha ammorbato per tutti questi anni. Basta con l'accoglienza indiscriminata di idee e persone che non meritano di essere da noi considerate. Facciamo una bella pulizia dentro e fuori da noi e cerchiamo di immaginare un qualche futuro meno sciatto e mediocre.
A voi non resta che
sostenere questo mio lavoro perché l'ho fatto anche a nome vostro, rinunciando
a molto per me. L'ho pubblicato senza un editore, perché tutti quelli a cui l'avevo
sottoposto lo hanno rifiutato, ignorato, cestinato, perso. Allora me lo sono
dovuto anche progettare, impaginare, correggere, stampare, pagare e vendere. Io
ce l'ho messa tutta, adesso mi riposo un po' e aspetto gli ordini da parte
vostra all'indirizzo ico.gasparri@ichome.it oppure info@ichome.it
Il libro si
"guarda" nella sua parte fotografica sul sito www.ilmaestrodellupocattivo.it
10 novembre 2011
Ico Gasparri
PAROLE FACILI E PENSIERI
DIFFICILI
Questa mia lotta al
sessismo nella cartellonistica stradale non deve apparire, come pure appare ad
alcuni dei più giovani tra gli italiani, una questione specifica, marginale, da
specialisti, da fissati o, peggio ancora, da vecchie femministe. E non deve essere
nemmeno confusa con una mia ossessione personale o la manifestazione di un mio
bigottismo o peggio ancora di un integralismo religioso, essendo, tra l'altro,
io completamente ateo. Questo sforzo – che vede fianco a fianco me e tante
altre persone che si espongono con la manifestazione dei propri principi di
lotta sociale – da molti non viene compreso, viene confuso per un'azione di
retroguardia, di forzatura della realtà e addirittura deriso e attaccato in
maniera unilaterale, bollato di moralismo.
Non trovo parole più
semplici di queste per esprimere un pensiero che sento molto complesso e spesso
dolorante. Un pensiero che combatte ad armi impari contro un altro pensiero di
cui molta parte delle giovani generazioni – e non solo – è imbevuta in maniera trasfigurante:
il pensiero
unico planetario. La moderna ideologia della bellezza a tutti i costi,
dell'eterna giovinezza per uomini e donne, dell'arricchimento a tutti i costi,
dello schiacciamento dei più deboli, della carriera a tutti i costi,
dell'imbroglio legalizzato, della truffa al potere, delle guerre bugiarde,
della violazione continua dei diritti nel silenzio generale, della
falsificazione dei bilanci, della derisione dell'avversario o, più
semplicemente, di chi la pensa diversamente da te, della riduzione in schiavitù
di intere generazioni di giovani lavoratrici e lavoratori. Insomma, il pensiero
dei più moderni tempi che ci troviamo a vivere e che ci sta facendo sempre più
miseri, poveri e senza futuro.
E la pubblicità sessista che io combatto è lo squallido succedaneo di tutto ciò. Anche se a uno sguardo distratto ciò può non apparire evidente. È un condensato di queste certezze assunte a occhi chiusi che albergano con leggerezza nel cuore di tante ragazze e di tanti ragazzi. È uno dei luoghi simbolici per eccellenza per leggere tutto ciò. Ma è anche un'occasione per rifiutare con fermezza tutto ciò. Ad una lettura più attenta e approfondita questo genere di pubblicità appare come una discriminazione intollerabile verso le donne, ma anche verso gli uomini che si rispecchiano nel gioco dei generi così goffamente raffigurato sui cartelloni. Ecco perché io ho scelto di utilizzare questo terreno di confronto e non altri. Gli uomini non sono tutti maniaci sessuali e le donne non sono tutte disponibili al sesso senza voglia. E "sessismo" non significa la rappresentazione di scene dirette o allusive al sesso, "sessismo" è sinonimo di discriminazione di genere, di ridicolizzazione di genere, di svalutazione di genere, di sfruttamento di pulsioni oggettivanti che mettono la figura della donna (non il suo corpo nudo o vestito) al centro di un mesto calcolo di vendite e di mercato. Qui non stiamo parlando del sesso che facciamo a casa nostra. Stiamo parlando di una paccottiglia di riferimenti grotteschi e volgari, ma anche silenziosi e subliminali, che filtrano lentissimamente nella nostra testa andando ad alimentare, in un vorticoso corto circuito il pensiero unico di cui prima.
E la pubblicità sessista che io combatto è lo squallido succedaneo di tutto ciò. Anche se a uno sguardo distratto ciò può non apparire evidente. È un condensato di queste certezze assunte a occhi chiusi che albergano con leggerezza nel cuore di tante ragazze e di tanti ragazzi. È uno dei luoghi simbolici per eccellenza per leggere tutto ciò. Ma è anche un'occasione per rifiutare con fermezza tutto ciò. Ad una lettura più attenta e approfondita questo genere di pubblicità appare come una discriminazione intollerabile verso le donne, ma anche verso gli uomini che si rispecchiano nel gioco dei generi così goffamente raffigurato sui cartelloni. Ecco perché io ho scelto di utilizzare questo terreno di confronto e non altri. Gli uomini non sono tutti maniaci sessuali e le donne non sono tutte disponibili al sesso senza voglia. E "sessismo" non significa la rappresentazione di scene dirette o allusive al sesso, "sessismo" è sinonimo di discriminazione di genere, di ridicolizzazione di genere, di svalutazione di genere, di sfruttamento di pulsioni oggettivanti che mettono la figura della donna (non il suo corpo nudo o vestito) al centro di un mesto calcolo di vendite e di mercato. Qui non stiamo parlando del sesso che facciamo a casa nostra. Stiamo parlando di una paccottiglia di riferimenti grotteschi e volgari, ma anche silenziosi e subliminali, che filtrano lentissimamente nella nostra testa andando ad alimentare, in un vorticoso corto circuito il pensiero unico di cui prima.
Che fare allora?
Spiegare a queste
ragazze e questi ragazzi tutto ciò con le parole più semplici ma senza aver
paura di toccare pensieri complessi, invitare alla lettura attenta e senza
pregiudizi di questo medium, aiutare a riconoscere di non aver visto e assumere
un atteggiamento critico verso queste regole unilaterali e schiaccianti del
mercato, lottare per il cambiamento, lottare, insomma, per un mondo migliore. E
tutto questo attraverso il disvelamento di significati a volte nascosti dentro
la pubblicità di una merendina. Sì. Anche così. Con convinzione.
13/11/11
Ico Gasparri
BIOGRAFIA
Sono nato nel 1959 a Cava de’ Tirreni e sono stato archeologo fino al 1992,
quando l’archeologia mi ha lasciato. Ho cominciato a fotografare per caso nel
1975, trovando come regalo della Befana una piccola macchina fotografica. L’ho
presa e l’ho maneggiata con scetticismo perché mai prima avevo pensato di
scattare fotografie. E mai più, dopo quella mattina, ho pensato di smettere! In
due anni mi sono appassionato abbastanza da passare al primo apparecchio
professionale che mi accompagna ancora oggi. Ho cominciato scattando fotografie
ai pastori del presepe del mio paese e subito dopo alle finestre di alluminio
anodizzato che devastavano il nostro territorio. È nata così la mia vocazione
per la fotografia sociale: scattare foto per raccontare agli altri cosa stesse
succedendo di brutto in situazioni e luoghi che non potevano essere visti tutti
insieme. Dopo poco ho sentito che la denuncia documentaristica non mi bastava,
volevo raccontare delle storie che potessero far pensare e commuovere, insomma,
scrivere poesie con la luce. La prima fase di queste nuove riprese concettuali
ha interessato le linee, la materia e i volumi architettonici del Mediterraneo
e ha generato le mostre Architetture disegnate
– Bianco Mediterraneo – Frammenti metaurbani – Marocco! Questa del punto esclamativo è una mia fissazione – che tornerà anche nel
titolo del libro su Capri – e vuole comunicare una sorpresa, uno sguardo fuori
dai luoghi comuni. Il mio Marocco appare perciò limpido, nitido, splendido,
bianco nelle sue linee. E silenzioso. Niente concessioni al turismo. Dal 1990
ho cominciato a fotografare con quella che è diventata per me una persona di
famiglia, una Pentax 6 x 7, un pesante apparecchio concepito più di 40 anni fa
e ancora in servizio, che riesce (forse) a capire e tradurre i miei versi prima
ancora che io stesso li abbia messi a fuoco.
Il 1990 è anche l’anno in cui mi sono trasferito a vivere a Milano ed ho
cominciato a scattare le fotografie della mia serie più lunga, Chi è il maestro del lupo cattivo? ricerca dedicata
alle radici culturali della violenza sulla donna nelle pubblicità stradali. La
mia strategia di ricerca era la stessa delle finestre anodizzate di tanti anni
prima: documentare – questa volta in maniera più artistica, cioè creando
immagini di maggior valenza estetica – un oltraggio che si compiva sotto gli
occhi distratti della città e che qualcuno doveva incaricarsi di raccontare. Ne
è nato un archivio immenso, contenente oltre 3.500 scatti e circa 500 campagne
pubblicitarie documentate che affliggono e affiggono la femmina al muro. Ora
tutto ciò è raccontato in un libro dallo stesso titolo.
Sempre nel campo dell’impegno sociale ho concepito dal 2005: Ri-Ciclo. Uno sguardo oltre i rifiuti una ricerca con
oltre 1000 scatti che interpreta in maniera artistica il trattamento dei
rifiuti differenziati e fa riflettere sull’importanza del gesto ecologista di
ridurre lo spreco di risorse, ricreando nuova materia; Il parco-non-giochi spettacolo teatrale per
fotografie, mie filastrocche, musica e danza, dedicato alla perdita dello
spazio del gioco per i bambini in guerra e nelle migrazioni; Mare clandestino immagini realizzate nei
porti della Sicilia sui relitti delle barche abbandonate dai migranti, alla
ricerca di tracce di questo dramma planetario e collettivo rispetto al quale
molti si sentono estranei. Questa ricerca contiene anche uno spettacolo
teatrale, La storia dell’uomo che è partito e non è
mai arrivato e delle scarpe che hanno continuato il viaggio al posto suo, fotostoria che ha per protagoniste due scarpe in terracotta, realizzate
dall’artista Carlo Catuogno, che ho fatto metafisicamente camminare per la
Sicilia alla ricerca del proprietario scomparso in mare.
Fotografia sociale sono per me anche La città cattiva e Un fiore di città due lunghe indagini parallele sui micro-abbandoni della città di Milano
che finiscono per disegnare un vestito – brutto da indossare – che non smette
mai di essere tessuto; Antichissimo fiore opera dedicata ai giovani siciliani – primi fra tutti Peppino Impastato –
che combattono la mafia, simboleggiati allegoricamente da piccoli fiori bianchi
che crescono sulla pietra dei blocchi dei templi di Selinunte; Odissea minima lavoro fotografico e teatrale che affianca immagini
in bianco e nero con testi di Omero da me selezionati e ritradotti per
l’occasione dall’Università di Napoli Federico II, sotto la supervisione di
Francesco Puccio, autore e regista con il quale condivido le mie fatiche
teatrali, quando queste riescono ad approdare su un palcoscenico. Il lavoro
sull’Odissea intende raccontare in chiave allegorica, in un silenzio rispettoso
e delicato, i piccoli e semplici gesti quotidiani che i muri del sud
collezionano in maniera casuale e tramandano inconsapevolmente, ispirandoci il
pensiero. All’accoppiamento allegorico tra la lavorazione del marmo a Carrara e
il mito di Ercole sono ispirate le 12 fotografie de Le dodici fatiche di Carrara mentre, sempre dal
sodalizio con Puccio, sono nate La donna e l’uva, opera per fotografie e poesie da me scritte, con musica, danza sulla
sensualità terragna della donna, Il Boa primo di quattro testi teatrali scritti per l’opera Chi è il maestro del
lupo cattivo? dove la fotografia è in scena, evocazione intima e sociale
ed Antiquum exquirite oculum. Del 2006 è la mia monografia Capri! La foglia
e la pietra uscita per le edizioni Admira. Con le mie
fotografie, realizzo allestimenti per l’arredamento, scenografie teatrali,
progetti editoriali, lavori di fotografia industriale artistica. Nel 2010 ho
fondato a Milano ICHOME, il primo negozio di fotografia d’autore per un’arte contemporanea
sostenibile. Ma questa è un’altra storia!
Ico Gasparri
artista sociale - fotografo
abitaz. via San Giovanni alla Paglia, 6 - 20124 -
Milano
cell 339/7612658
info@ichome.it - www.icogasparri.net
ico.gasparri@ichome.it - www.ichome.it
www.ilmaestrodellupocattivo.it/
http://icofotografico.blogspot.com/
http://iononcomprosessismo.blogspot.com/
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