Forse la vicenda dell’accordo Fiat a Pomigliano non è del tutto scontata come sembra.
Più cerco di confrontarmi sull’argomento e più mi risulta prepotente una considerazione:
i lavoratori, che dovrebbero essere i protagonisti della vicenda, risultano, in realtà, soggetti passivi e ininfluenti rispetto ai giochi che concorrono, con i relativi “master”, a disegnare un quadro per il futuro della Fiat a Pomigliano, per il ruolo del Governo e per le future relazioni sindacali e la capacità contrattuale del sindacato.
Il sospetto che la Fiat non volesse la vittoria dei SI’ all’accordo non è solo una fantasia.
Infatti, un NO vincente avrebbe dato modo alla Fiat di dismettere, delocalizzare e, perché no, sfruttare qualche ammortizzatore sociale per non far fronte a quelli che, nelle cause di separazione o divorzio, sono gli obblighi economici a carico del coniuge economicamente “più forte”.
Che la Fiat faccia pagare alla comunità i costi della propria politica aziendale, riservando per sé unicamente utili e profitti non è cosa nuova.
Il ricatto messo in atto nei confronti dei lavoratori è talmente ignobile da renderlo epidermicamente inaccettabile.
Antagonista a questa posizione FIAT è il Governo, nella figura del ministro del Welfare Sacconi, che vorrebbe, insieme ai sindacati amici (Cisl e Uil), fotocopiare questa tipologia di accordo, magari riproponendolo per altri contesti aziendali, produttivi e territoriali, distruggendo, così, ciò che rimane della contrattazione collettiva, e pensionando definitivamente lo statuto dei diritti dei Lavoratori.
Per Sacconi è abituale essere costantemente sul fronte opposto ai diritti dei lavoratori:
nel PSI con Craxi contro la scala mobile, sostenitore di ogni forma di precarizzazione ai tempi di Biagi ed infine pronto ed accondiscendente notaio quando l’Europa si esprime sull’allungamento dell’età pensionabile delle donne nella Pubblica Amministrazione, omettendo l’osservazione che, in altri paesi europei, i servizi erogati sono diversi e più efficienti rispetto al nostro Paese.
I lavoratori di Pomigliano come si può evincere da questo ragionamento sono la pallina da ping-pong che Marchionne per la Fiat e Sacconi per il Governo, pensano di poter schiacciare impunemente.
Ma il risultato referendario rimette in discussione tutto.
La mancata accettazione plebiscitaria dell’accordo, pur con la vittoria numerica dei SI’, rende la Fiat comunque consapevole che il conflitto non è risolto e che, ad oggi, si impone una ripresa della trattativa con tutti i soggetti interessati e non soltanto con quei sindacati scarsamente attenti al ruolo dei lavoratori e troppo vicini al padronato e al governo.
A fronte di tale situazione complessiva, il nodo politico diventa essenziale.
Non ci si può più limitare a manifestare una generica solidarietà verso i lavoratori di Pomigliano e la Fiom.
Al fianco di quei lavoratori serve un blocco politico capace di far pesare la propria rappresentatività sulla scena politica italiana.
La rielaborazione di un soggetto politico nuovo, che ponga il primato del lavoro in compatibilità ambientale, diventa l’indispensabile condizione per far si che, non solo i lavoratori di Pomigliano, ma tutti i lavoratori, ritrovino la dimensione politica di una crescita civile, economica e ambientale del nostro Paese.
Loris
1 commento:
Registro con grande piacere che il tuo pensiero è assai simile al mio in questa faccenda.
Io vedo un ritorno ad antiche tradizioni padronali, in cui il lavoratore col cappello in mano non poteva dire o fare nulla, solo obbedire e dire di sì, per un tozzo di pane.
Sono i racconti dei miei nonni, morti troppo presto per aver lavorato alle catene, in fonderia, e alla "Ducati" che mi hanno educata al rispetto del lavoro. Senza chi lavora e senza chi produce anche il padrone fa poco.
Non sanno questi padroncini viziati della Fiat cosa signica mantenere una scomodissima posizione del corpo per infilare bulloni, o cosa significa tenere le mani per ore nella trielina per pulire i pezzi del motore e neppure cosa significa respirare vernice. La fabbrica non è cambiata molto da allora, le innovazioni che consentano di migliorare le condizioni lavorative sono poche, il padrone preferisce delocalizzare in luoghi dove può sfruttare ancora di più l'operaio, piuttosto che spendere e migliorare l'ambiente di lavoro.
Il governo, che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, in tutte le sacrosante occasioni in cui si deve trattare le condizioni di lavoro, ha sempre tenuto la corda agli industriali, alla classe padronale, infischiandosene dei problemi e del lavoro dell'operaio. Dovrebbe essere super partes ed invece se ne sta dalla parte di chi ha i soldi.
Non capisco neppure i sindacalisti della Cisl e della uil, non so chi rappresentino ora e quanti seguaci possano avere, ma sono dei veri traditori e danno una grossa mano al governo, tanto che il ministro brunetta non convoca neppure più la cgil per decidere qualcosa (ammesso che decida).
Ciao Loris, un saluto grande.
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