il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



sabato 16 giugno 2012

"Vernichtung durch Arbeit" 16 Giugno 1944 - le testimonianze dei lavoratori deportati

Questa mattina si sono svolte le celebrazioni in memoria dei rastrellamenti nazifascisti del giugno 1944. La peculiarità di quell'ignobile azione fu il tentativo di fiaccare la resistenza che nel movimento dei lavoratori trovava le sue radici e l'obiettivo di reclutare a condizioni disumane lavoratori per fabbriche e aziende tedesche.
La celebrazione ha avuto tre appuntamenti: la messa in memoria dei deportati, la deposizione delle corone nell'atrio di Palazzo Fieschi e l'incontro, nel salone della Croce Verde Sestrese, dei sopravvisuti e dei familiari dei deportati che si sono raccolti nell'associazione dei deportati del 16 giugno.
Oltre a Cristina Quaglia (Pres. Associazione gruppo 16 giugno 1944), il sindaco di Pornasco, il Presidente di Municipio Giuseppe Spatola, in rappresentanza del Sindaco il consigliere Enrico Pignone e Walter Fabiocchi per lo SPI CGIL, particolarmente significante è stata la presenza di Giovanni Agosti, di cui ho trovato una testimonianza, che riporto in seguito, su "vite da compagni", e l'intervento di Raimondo Ricci che resta una figura di riferimento dell'antifascismo genovese e nazionale.

Galleria di immagini 16 giugno 2012

Tratto da "la Resistenza Sestrese" di Clara Causa
16 giugno 1944



"Nonostante le lusinghe di una propaganda martellante, 1'affluenza in Germania di lavoratori volontari non si era prodotta nelle massicce proporzioni richieste. Per il Governo nazista fu quindi necessario ricorrere ad una coscrizione del lavoro. 
Anche dalla Liguria affluì una massa composta - oltre che da persone rimaste malauguratamente incastrate in retate casuali - da lavoratori rastrellati da fabbriche dove avevano avuto luogo scioperi che non lasciavano dubbi sul potenziale di opposizione politica. I. «Zivilarbeiter» furono in realtà lavoratori coatti. Infatti, col prosegui-. re e l'inasprirsi della guerra, la Germania si trovò nella necessità di fornire alle sue industrie una mano d'opera che esse reclamavano con. insistenza crescente, e di neutralizzare gli elementi potenzialmente temibili per la sua sicurezza nei territori occupati. 
Questi lavoratori vennero deportati soprattutto a Mauthausen dove rimanevano di solito alcune settimane soffrendo tutte le crudeli durezze del campo. Quindi, ricevuto lo status di «Zivilarbeiter» venivano provvisti di documenti e avviati al lavoro salariato nelle industrie germaniche. 

"Il Capo dell'Ufficio Centrale Economico Amministrativo, Pohl, aveva ordinato, con una circolare del 30 Aprile 1942, che la mano d'opera doveva essere «erschopfend», cioè «sfruttata fino a consumazione». Furono quarantamila i deportati italiani che trovarono la morte nei campi «Vernichtung durch Arbeit», cioè di «annientamento attraverso il lavoro»" . 

A Sestri i nazifascisti, accompagnati dal prefetto Basile e dal questore Veneziani, radunavano spesso tutti gli operai e gli impiegati nei capannoni più ampi degli stabilimenti, dove erano presenti piccole 
orchestrine paesane, per dimostrare che coloro che sarebbero andati a lavorare in Germania non solo avrebbero avuto un migliore salario, ma avrebbero potuto lavorare in allegria e a suon di musica. I patrioti ave- ricevuto l'ordine di disturbare in mille modi queste adunate. 
Gli operai non solo non si decidevano ad arruolarsi per andare a lavorare in Germania, ma scioperarono e sabotarono la produzione. 
Così i tedeschi, il 16 Giugno 1944 circondarono Sestri insieme a centinaia di brigate nere e di poliziotti. Entrarono con la violenza e la forza negli stabilimenti, bloccando tutte le porte d'uscita. 
Rastrellarono gli operai, senza alcun rispetto, caricandoli così come si trovavano sui camion e dopo sui carri bestiame delle ferrovie, che furono impiombate e agganciate ad un treno, che li avrebbe portati in Germania. Alla testa di questa azione era Basile. 
Nel Cantiere Navale, una squadra, composta da Pelacchi, Boeddu, Gaggero, Prini e i fratelli Piva, assistette impotente al rastrellamento. Piva L. non resistette a quella cruenta scena. Sparò così contro i tedeschi con una pistola 7,65. Essi risposero all'impazzata, in una confusione generale. Dopo tale azione, Piva L. fu inviato, per precauzione, presso la Brigata Buranello. 
Il 16 Giugno 1944 rappresenta per tutti noi, ma soprattutto per gli operai sestresi, una data dolorosa della nostra Lotta di Liberazione. Ben millequattrocentoottanta furono gli operai deportati quel giorno dalle fah- briche sestresi, dal Cantiere Navale di Sestri, dalla S. Giorgio e dalla Siac! 
"Il rastrellamento non avvenne al Fossati, ci racconta Eliano, che vi lavorava da appena quattro giorni. All' arrivo dei tedeschi, riuscii a scappare e a nascondermi. Dal mio nascondiglio, vedevo gli operai che, al passaggio dei tedeschi, si nascondevano. Per fortuna il Fossati fu risparmiato dal rastrellamento” 

Claudio Pedemente così ricorda quel tragico 16 Giugno: 

"Stavo lavorando nel mio reparto, Meccanica Ottica della S. Giorgio, quando ci condussero nel piazzale, dove fu fatta la scelta tra giovani ed anziani, 
Non ci rendevamo ancora conto di quello che stava per capitarci ... Quando ci rinchiusero nel treno, con la matita rossa scrissi sull'unico foglio che avevo in tasca, una ricetta medica, il mio indirizzo e lo gettai dal finestrino a Bolzaneto. Conservo ancora quel biglietto. La mamma l'ha custodito con cura. Non so chi gliela avesse portato. 

I treni della deportazione erano due. lo mi trovavo nel secondo. Ci fecero scendere in aperta campagna per i bisogni, che si dovevano fare davanri alla guardia repubblichina, che teneva il moschetto spianato.Quando arrivammo alla stazione di Mauthausen, aprirono due sportelli. Da una parte c'erano i tedeschi che gridavano. Era questo un loro metodo gridare da una parte, affinché, come un gregge, i prigionieri s'incamminassero dall'altra. Era l'unico modo per poter infilare quella stradina, che fiancheggiava il Danubio e conduceva al campo. Inoltre avevano adottato l'uso di picchiare sempre gli ultimi: così la strada veniva fatta di corsa, perché nessuno voleva rimanere ultimo. 

Come entrammo nel lager, arrivati al famoso piazzale, dovevamo stare con i piedi sulla riga dell' acciottolato. I tedeschi volevano la simmetria del campo fatta da noi, disposti in file. Rimanemmo così per ore ed ore. Ci contavano e ricontavano. lo riuscii a rimanere in piedi, perché ero giovane ed ancora in forza. Inoltre ci picchiarono. La guardia ti guardava negli occhi e picchiava chi ti stava accanto. Questo perché non volevano che ci rilassassimo. Infatti, se avesse guardato uno solo e lo avesse picchiato, il vicino si' sarebbe rilassato un attimo. Invece in quella maniera uno non poteva mai sapere quando gli sarebbe toccato, rimanendo così sempre sotto tensione. 
Rimasi a Mauthausen quindici giorni. Dopo mi destinarono a Steyr, dove avevamo una certa libertà. TI campo era infestato di cimici. Cercammo di fare un po' di pulizia, pulendo i castelli dove si dormiva, ma i tedeschi Ci gridarono: «Sabotage!». Per loro era sabotaggio toglierei le cimici di dosso.Evidentemente rispettavano più le cimici che noi. 
Fui trasferito anche da questo lager. Mi condussero a Rotterman. Nel campo era il solito discorso: fame e cimici." 
Come si può leggere in queste memorie, i deportati erano costretti a vivere in condizioni disumane 

"Il cibo che veniva distribuito era assolutamente insufficiente e quando i prigionieri, stremati dal lavoro e dalla fame, non erano più in condizioni di essere utili, venivano uccisi con metodi scientifici (camere a gas) e poi cremati in forni o gettati a migliaia in enormi fosse comuni. Altre migliaia ne arrivavano ogni giorno, da ogni parte d'Europa, a prendere il loro posto e a subire la stessa sorte. " 
Il nostro caro Pedemonte lavorava presso una ditta di cuscinetti a sfera.
"Bisognava rigare diritti, ci racconta ancora Claudio, e, se si rompeva qualcosa, c'era la punizione: lo Staflager. Un giorno ricevetti l'ordine di andare a prendere un motore. Era molto pesante. Sia per il freddo che faceva, sia per la mia poca forza, nel sollevarlo, ruppi un piedino. In quell'attimo, vidi lo spettro dello Staflager o quanto meno della prigionia, in quanto per certe mancanze, mandavano nella prigione del paese. Così pensai a come riparare il danno. Scrostai della ruggine e con una manichetta ad aria compressa, la buttai nel piedino rotto. Divenne così una «rottura vecchia»,perché la ruggine, con 1'aria compressa, entra nella ghisa che è porosa. Andai a chiamare il tedesco e gli dissi "«Mister, il motore kaputt».Sembrava proprio una vecchia rottura. Non poteva quindi incolparmi. 

Da quel giorno, succedeva spesso di- trovare i motori con i piedini rotti. Si faceva così, non tanto per sabotaggio, quanto per riposare”

A questo punto Claudio si rattrista. Ricorda il Natale trascorso nel lager.

“Alla sera, perché festa, non ricevemmo cibo. Allora mi recai in chiesa. Entravo in chiesa ogni volta che potevo farlo, perché in quei momenti riuscivo a stare solo con me stesso, senza che nessuno mi guardasse e, soltanto allora, mi sentivo bene e riuscivo a piangere. Piangevo pensando ai miei genitori, a mia madre. Chissà se li avrei più rivisti! Quella sera si avvicinò una donna, che, vedendomi, mi offri un filone di pane. Avevo tanta 
fame, ma esitai. Finalmente potevo dire di no ad un tedesco. 
Non lo voglio -, le dissi, ma subito pensai che quella donna voleva aiutare me, come avrebbe fatto con suo figlio. All'uscita, trovai in terra un buono per il pane. Lo raccolsi. Forse, da lontano, quella donna mi vide e ne sarà rimasta contenta"

Altra Testimonianza, tratta da "Vite da Compagni" di Nicolò Bonacasa e Remo Sensoni.

Giovanni Agosti

"Nel 1944 ero al cantiere navale a Sestri che era dell'Ansaldo. Lì abbiamo cominciato con gli scioperi, per la mancanza dell'olio e di altri generi di prima necessità.
Dopo ripetuti scioperi che abbiamo fatto nel '44 eravamo a bordo di una nave in costruzione,li non facevamo niente, per sabotare. Venne un ingegnere che si chiamava Rosina, ed era il direttore del cantiere. Ci disse di non scioperare più perché sennò sarebbero venuti i tedeschi e ci avrebbero portato via.
Ma era logico che non si poteva ascoltare quello che ci diceva lui Abbiamo continuato con le agitazioni, finché poi hanno fatto quel rastrellamento del 16 giugno del 1944 in cui ci hanno portato tutti a Mauthausen.
lo sono finito a Mauthausen, e poi dopo di Il ci hanno distribuito nei vari campi, perché quando ci hanno preso sul lavoro eravamo migliaia. Eravamo in tuta di lavoro con gli zoccoli Ci hanno presi, portati via. Abbiamo subito delle umiliazioni quando siamo scesi dal treno a Linz; e siamo andati su questo monte che c'è per arrivare a Mauthausen. C'erano dei bambini dalla finestra che ci sputavano addosso, bambini di 5-6-7 anni, ed era indicativo di quello che insegnavano loro."








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