(Sintesi dei lavori svolti a Firenze il 21 e 22 Novembre per la Rete@Sinistra)
Il rinnovamento e la riforma delle pratiche e dei modelli organizzativi
della sinistra
1. STRUTTURARSI
La forma della rete non può prescindere da una struttura a nodi partecipati ed in equilibrio reciproco. La costruzione della rete richiede un'etica condivisa sostanziata da un insieme di regole che via via formano una comunità aperta e inclusiva. La struttura della rete ed il carattere non violento della sua azione presuppongono un superamento dell'idea del soggetto politico come portatore di verità esclusive.
La partecipazione praticata ed elaborata dalla rete potrà servire da esempio anche per riformare le modalità decisionali della democrazia rappresentativa. Il nodo è un'aggregazione inclusiva (sistema aperto) e si riferisce ad uno spazio: esso è l'unità costitutiva della rete e al tempo stesso garantisce il massimo di partecipazione locale a partire dai bisogni. I principi generali di partecipazione si applicano ad ogni nodo.
1.a. Modello a struttura partecipativa
Si intende un modello che intreccia dimensione sociale e dimensione politica, nel quale le decisioni vengono sempre prese col massimo della partecipazione “possibile” e coloro che partecipano sono dotati di un eguale potere decisionale (una testa un voto). Il “possibile” sta ad indicare che, a seconda del livello cui compete la decisione (dal quartiere al livello nazionale), la partecipazione può essere diretta o tramite delega (democrazia di mandato). Quando si tratti di scelte particolarmente significative, deve comunque essere prevista la partecipazione diretta.
1.b. Perché diciamo no al modello a struttura centralistica e gerarchica
1.b.1. È il modello tradizionale del potere tanto più nella sua aggiornata versione leaderistica. È incompatibile con la democrazia partecipata. Il confronto viene requisito dai gruppi dirigenti e monopolizzato dalle posizioni che in esso vi esprimono i leaders, secondo un senso monodirezionale, dall’alto al basso.
1.b.2. La selezione dei gruppi dirigenti avviene secondo criteri di affinità o di fedeltà, comunque sempre di continuità con quelli consolidati, mortificando sensibilità, entusiasmo e capacità considerate non omogenee.
1.b.3. Non solo non promuove autonomia, ma teme qualunque iniziativa che possa mettere in pericolo la stabilità dei rapporti di potere dell’organizzazione.
1.c. Modello a struttura confederativa territoriale
E’ un modello a rete, non gerarchico, fondato sulla responsabilità e sulla partecipazione democratica con poteri decisionali. Presenta evidenti rischi di frammentazione, superabili soltanto a condizione che il fondamento partecipativo sia costantemente attivo. La struttura confederativa non è necessariamente da collegare a confini amministrativi, quanto alle esigenze di riconoscimento e di rappresentanza delle diverse realtà territoriali. Va previsto un coordinamento a livello nazionale non centralistico.
Le idee sulle modalità di organizzazione e coordinamento a livelli intermedi sono varie:
coordinamenti provinciali/regionali/macroaree (nord-centro-sud).
La proposta è di sperimentare, prendendo una decisione più definita in un secondo momento quando la rete sarà più matura.
Per quanto riguarda le adesioni, si propone che per il momento siano sia collettive che individuali.
2. DECIDERE
2.a. Forme della decisione
2.a.1. Ogni decisione deve essere assunta con la massima consapevolezza. Il presupposto, perciò, è quello di un’esauriente e tempestiva informazione di cui tutti/e possano disporre. Ai fini di una scelta consapevole riteniamo necessario che i documenti alla base della discussione contengano ed evidenzino in maniera chiara le opzioni diverse sulle quali si deve decidere.
2.a.2. Vanno previsti vari momenti di approfondimento e di confronto collettivo: più le persone sono informate del cuore della decisione più possono decidere in modo partecipativo: democrazia deliberativa e democrazia partecipativa sono interdipendenti.
Riteniamo perciò fondamentale che prima della discussione si individuino i temi oggetti del dibattito e si determino i temi della discussione e i tempi entro i quali si effettua la decisione di chiusura delle riunioni o assemblee, ossia riteniamo necessaria la definizione e il rispetto effettivo dei tempi di lavoro e di votazione.
2.a.3. Ai diversi livelli,di volta in volta, debbono essere precisati i temi sui quali la decisione verrà assunta con la partecipazione diretta di tutti/e gli/le aderenti, e quelli sui quali si opererà tramite una forma di democrazia delegata (di mandato). Per entrambi i casi dovranno essere esplicitate le procedure da adottare.
2.a.4. Le decisioni devono essere prese prioritariamente con il metodo del massimo consenso, che può e deve combinarsi col metodo del voto, secondo il principio “una testa un voto”, in modo da garantire la più attiva partecipazione in tempi utili all’operatività.
Ci impegniamo a lavorare nella direzione del dialogo e della mediazione condivisa: in assenza di un largo consenso non si assumono decisioni su una data materia. Le decisioni vanno assunte con maggioranze larghe. Le decisioni, quando siano prese a maggioranza, vengono poi assunte dalla rete.
Le minoranze sono garantite su specifici temi (come diritti civili ecc.), rendendo pubbliche le loro posizioni.
In caso di dissenso ci dovrebbe essere un impegno a favore di un principio di non ostilità verso le decisioni rispetto a cui si è in disaccordo. La minoranza in disaccordo può legittimamente astenersi dall’applicare attivamente la decisione, ma deve riconoscerne la legittimità.
I processi di formazione delle decisioni, anche se presi a maggioranza la più larga possibile, devono valorizzare al massimo gli aspetti condivisi. Ad ogni decisione va associata la sua storia, in modo che il percorso decisionale possa essere tracciabile. Deve anche essere previsto un feedback (verifica) della decisione presa.
3. DIRIGERE E RAPPRESENTARE
3.a. Perché diciamo no al leaderismo
Il modello a struttura leaderistica si è diffuso nel nostro paese spinto dal terremoto provocato da tangentopoli. I partiti, devastati dalle indagini, accreditarono l’idea che la salvezza del sistema democratico risiedeva nel fare in modo che i poteri esecutivi, e primariamente chi li rappresenta, fossero sottratti dai rischi corruttivi della miriade di correnti e clientele e potessero decidere senza lungaggini. Occorreva, allora, una diretta investitura dal popolo. Questa fu l’impronta della legge di riforma per gli enti Locali. Il modello si è poi rapidamente esteso ai partiti, anche sull’onda del berlusconismo. Ad una crisi che reclamava maggiore democrazia e maggiori controlli dal basso, si è risposto esattamente al contrario.
L’iscritto/a dispone di un potere decisionale soltanto al momento della elezione del leader. Fino all’elezione successiva la partecipazione viene attivata soltanto a sostegno delle decisioni prese dagli organi nazionali, o direttamente dal leader.
Gli stessi organi dirigenti non hanno poteri effettivi essendo composti in funzione del primato del leader. Ciò non impedisce, tuttavia, il lavorio oscuro di gruppi o correnti che, proprio per non potersi esprimere alla luce del sole, si configura sempre come sotterranea lotta di potere.
Il leaderismo sviluppa l’opportunismo politico, la fedeltà dichiarata al capo, e quindi anestetizza il confronto delle idee e lo spirito critico. Fenomeni questi già presenti all’interno dei partiti storici della sinistra a organizzazione piramidale, ma allora compensati o almeno controllati da quel radicamento territoriale e sociale proprio del “partito di massa”, che oggi non esiste più.
Il modello leaderistico si è diffuso anche nella periferia, riproducendo un’analoga situazione di restringimento degli spazi democratici e di passivizzazione della politica.
3.b. Selezione e ruolo delle funzioni di coordinamento e di rappresentanza della rete nazionale
3.b.1. La funzione di chi è chiamato a svolgere compiti di rappresentanza e coordinamento operativo della rete è quella di organizzare e promuovere il dibattito perché le decisioni possano essere prese in forme partecipative. Fondamentale è la comunicazione sia fra le realtà locali che fra i livelli locali e nazionali.
Sono oggetto di responsabilità di livello nazionale sia la risposta ai temi di attualità, sia l’elaborazione di proposte su temi specifici.
3.b.2. Per evitare il formarsi di supremazie personali legate all’incarico, è opportuno che esso sia sempre di breve durata secondo un criterio di rotazione che valorizzi nel più alto grado le potenzialità del collettivo.
Può essere prevista la rotazione, la fissazione di limiti temporali di mandato o entrambe, a seconda del tipo di incarico.
Gli incarichi possono essere attribuiti tramite sorteggio fra i/le disponibili.
3.b.3. In questo modo può essere superato il professionismo politico, uno dei punti inizialmente qualificanti dei partiti del Novecento, che è via via degenerato fino a dar vita ad un ceto politico corporativo di fatto “proprietario” dei partiti e poi delle stesse istituzioni. Questa degenerazione, che rende difficile rapportarsi ai partiti, esiste a prescindere dalla volontà dei singoli loro dirigenti.
3.b.4. Rotazione negli incarichi e superamento del professionismo costituiscono un ulteriore elemento di garanzia affinché l’esperienza e l’impegno in politica siano il frutto di una scelta del tutto estranea a convenienze personali e dettata esclusivamente dal desiderio di essere parte attiva nella costruzione di un progetto di cambiamento. Non sono da confondere professionismo e autorevolezza: aspetti che possono essere riconosciuti sia in termini elettorali sia in un incarico a rotazione a tempo.
Proponiamo la rotazione degli incarichi ed il bilanciamento di genere, con durata degli incarichi da sei mesi a un anno per i/le referenti locali, mentre a livello nazionale la carica può durare più a lungo (ma sempre con un termine da definire).
Si sottolinea l’importanza di garantire la crescita e formazione politica di tutte le persone. In questo contesto i/le referenti ai vari livelli devono essere ben formati. Nel momento operativo devono sempre informare, essere trasparenti e disponibili nei confronti del resto del gruppo, con una verifica continua.
3.b.5. L’individuazione dei/delle rappresentanti nelle istanze di livello territoriale superiore, dove gli incarichi potranno avere una durata maggiore, dovrà essere compiuta con la modalità della democrazia diretta, e coloro che risulteranno eletti/e dovranno con frequente periodicità sottoporre a verifica l’esercizio del loro mandato.
Un’idea: l’assemblea nazionale della rete sarà formata da delegati/e dei nodi territoriali (nel rispetto del criterio della parità di genere).
3.b.6. In una struttura a rete, come far vivere un coordinamento nazionale che non riproduca rapidamente meccanismi centralistici? Quali forme di partecipazione alla discussione e alla decisione si possono immaginare e sperimentare per questo?
L'individuazione dei/delle rappresentanti nel coordinamento operativo nazionale avverrà per sorteggio, salvaguardando il criterio della parità di genere e quello della rappresentatività territoriale. Anche la sede del coordinamento nazionale sarà stabilita a rotazione, con eventuale sorteggio, fra i soggetti collettivi aderenti.
Si deve privilegiare l'incontro diretto fra le persone. La rete deve trovare però modalità creative per garantire la partecipazione effettiva ai lavori e alle decisioni di tutti i membri a prescindere dalle loro risorse (economiche, culturali, di tempo, ecc.). A questo scopo si propone l'utilizzo di forme multimediali di partecipazione (ruolo di Internet, del Forum sul web, videoconferenze ecc.) e la partecipazione decentrata. Si auspica e si persegue il coinvolgimento pubblico (di enti e strutture pubbliche) nel creare spazi di incontro.
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