Sono rimasto colpito quando mi è arrivata la mail per la manifestazione dell’11 ottobre.
Ho pensato seriamente ad una accellerazione sul progetto dell’unificazione in un soggetto a sinistra.
Solo pochi giorni prima avevo avuto alcuni scambi di opinione sul comunicato di Viterbo di SD che mi sembrava rimanere rigida su una formula di costituente “prendere o lasciare” e sul distinguo sulle manifestazioni di ottobre e improvvisamente arrivava questo appello e un seguito di adesioni di tutto rispetto. La riflessione a questo punto è necessaria.
L’appello è assolutamente condivisibile. Alcuni appunti che sono stati mossi a livello nazionale sull’antifascismo e la difesa della costituzione potevano forse essere aggiunti, ma non credo proprio che questa sia stata una dimenticanza voluta o strategica per qualche d’uno.
E’ un appello talmente condivisibile che da compagno rimango quasi infastidito dal fatto che possa essere messo in dubbio il mio disaccordo.
Su una cosa però, giuro, non riesco a darmi pace:cosa facciamo il 12 ottobre?
Da dopo il 14 aprile abbiamo subito l’immobilismo più totale da parte delle forze strutturate della sinistra in attesa di congressi che avrebbero ridisegnato la sinistra extraparlamentare (quella parlamentare non esiste più) in Italia. Le poche iniziative unitarie che si sono consumate sono nate e sono state consumate grazie all’impegno di compagni che spesso si sono trovati le stesse strutture del proprio partito di appartenenza a remare contro.
I congressi hanno parlato fin troppo chiaro, chi riparte dal partito, chi dal simbolo, ma per 4 mesi l’unico a fare iniziativa politica è stato il governo di destra di Berlusconi.
A questo punto l’elefante ha partorito un topolino: una manifestazione contro il governo.
E il 12 ottobre?
Il 12 ottobre nell’ipotesi tutta da verificare che la manifestazione possa andare bene ripartiamo da quale progetto politico?
Non credo anche se qualche d’uno si sentirà gratificato che il manifestare contro, aiuterà chi in questi mesi e per i prossimi anni subirà le angherie del governo .
Chi si sta spendendo come me per la costruzione di un progetto unitario ha imparato che il percorso non è per niente scontato. Molti che a gran voce manifestano la propria unitarietà nei fatti poi trovano mille distinguo per trovare la propria strada unitaria alla faccia di tutti gli altri, e, altri riescono ad essere unitari in funzione della possibilità di accapparrarsi o mantenere posti di “piccolo” potere.
Avere difficoltà a trovare sui tanto citati territori adesioni a volte su banali comunicati che coinvolgono la vita di tutti i giorni degli abitanti dei quartieri popolari perché la parola d’ordine è “diffidenza politica” la dice lunga sul clima che regna e si vive livello politico.
Se non abbiamo capito che a noi più di altri la gente comune, quelli che non arrivano alla quarta settimana e in alcuni casi neanche alla terza, chiede un progetto concreto politico che abbia un nome e un cognome e soprattutto una prospettiva nella quale credere.
il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)
Amicus Plato, sed magis amica veritas
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