Ci stiamo avvicinando alla giornata nazionale di mobilitazione delle donne del 13 febbraio. Questo blog ritiene giusto lasciare la parola alle donne, proponendo questo contributo tratto dalla rete di "Punto G"
È una questione di valori
Intervengo in questo interessante scambio di idee attorno al tema della prostituzione. Il mio è un posizionamento maturato nell’esperienza di femminista ma anche di attivista di sinistra.
Non è su base moralistica se decido se essere a favore della schiavitù oppure no;
non è per scelta moralistica se sono d’accordo con la vendita/acquisto di sangue umano, o di organi (rene, cornea) o per l’affitto temporaneo di organi (utero);
non è per moralismo se non considero il boia un lavoratore con cui solidarizzare in difesa dei suoi diritti;
non è per moralismo se penso che non si possa mettere sullo stesso piano il lavoro autonomo esercitato da una osteopata/avvocata/badante e quello esercitato da una prostituta.
Da un punto di vista neutro, di mercato, il boia e la prostituta stanno sullo stesso piano: esercitano un lavoro di servizio che hanno scelto, anche se si tratta di una attività non molto amata almeno a parole dalla maggioranza dei cittadini.
Da un punto di vista di mercato, affittare un utero significa dare un valore di scambio ad un organo umano, o meglio al tempo del suo utilizzo, come al tempo dell’utilizzo del cervello per i lavori intellettuali o della forza fisica per i lavori pesanti.
Nel mercato capitalista si sa che nella merce ci sono due valori: il valore d'uso (quello che soddisfa un qualunque bisogno umano) e il valore di scambio (che è il rapporto quantitativo tra una merce e un'altra di diverso tipo). E si dice che i prodotti raggiungono un riconoscimento sociale solo attraverso lo scambio.
Allora non capisco perché alcune facciano dei distinguo tra le escort di Berlusconi e le prostitute ‘libere di scegliere’: tutte scambiano la loro merce con un’altra di diverso tipo. Questo sì che mi pare un atteggiamento più moralistico.
E se restiamo nel mercato capitalista, non vedo come evitare l’offerta di differenti merci a prezzi differenti: ad esempio si vendono scarpe e borse e altri oggetti ad un prezzo maggiore solo perché sono del colore di moda. Chi determina il prezzo? Il valore di una merce (ossia il suo prezzo) è il frutto di un cocktail molto ricco, in cui entrano fattori di domanda, come l’utilità e la struttura dei gusti dei consumatori (che muta nel tempo, sia per l’evolversi dei modelli socioculturali sia per l’aumentare del reddito pro capite), e fattori di offerta, come la scarsità della merce e i costi necessari a produrla, oltre a fattori relativi alle leggi tributarie e di tutela del lavoro delle diverse nazioni.
Quindi gusti e portafoglio intervengono nel determinare il tipo di servizio scambiato ed il suo prezzo. Ci sarà una nicchia di mercato anche per le prostitute ‘libere di scegliere’, all’interno di un mercato ben più ampio e diversificato dove, in mancanza di leggi di tutela e anche repressive, c’è posto per la tratta e per lo sfruttamento.
C’è una cosa sicuramente sbagliata in quanto ho espresso più sopra: il punto di vista di mercato non è neutro.
E decidere che corpo e sessualità rimangano nel campo dei valori d’uso, è una questione di valori.
Laura Guidetti
link utili - punto g 2011
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