dedicato ad Andrea
Alcuni giorni fa su invito di uno studente di scienza della formazione ho partecipato ad un incontro all’università tra gli studenti e Camilo Guevara, figlio più giovane di Ernesto Che Guevara.
Argomento della discussione era Cuba, Cuba e la crisi, Cuba e i diritti civili, l’embargo, sistema sanitario, campagna di alfabetizzazzione ecc. ecc.
Camilo a Cuba è funzionario della fondazione che porta il nome del padre, e agli studenti ha voluto precisare che avrebbe risposto molto volentieri alle domande che gli sarebbero state poste e precisava che lui era avvocato ma non aveva una specializzazione su un argomento in particolare.Le sue risposte erano quindi da ritenersi le risposte di un cittadino cubano medio.
Prima del botta e risposta con gli studenti Camilo aveva rifiutato qualsiasi intervista e chiesto che i fotografi si allontanassero.
Confesso che dopo alcuni minuti in cui ho ricercato sguardi, espressioni, modi di porsi che potevano ricordare la figura di Che Guevara, mi sono lievitate riflessioni inquietanti sul significato di essere figli “di…”
Sarebbero intervenuti la stampa e i fotografi per documentare il botta e risposta tra un anonimo funzionario di una fondazione cubana e gli studenti di scienze della formazione?
Abbiamo la sensazione che significato può avere non vivere la propria vita in quanto capacità, fisicità, pensiero in quanto tu, sei ancor prima di essere tu, il figlio “di.”.., e, più il padre ha inciso nella storia di altri uomini e più sentirai dire che sta arrivando il figlio “di..” che parli tale e quale come tuo padre, che hai lo stesso tic del padre, che …….
Ho provato un gran senso di solidarietà nei confronti di questa persona, ho pensato alla fortuna di mio figlio che vivrà la sua vita in quanto lui,e pensieri su come sono, o più tardi possibile ero, apparterranno solo a una cerchia molto ristretta che non penserà mai alle differenze o similitudini tra me e mio figlio.
In bocca al lupo Camilo.
Ps. La foto è del padre dell’indipendenza cubana., Josè Martì
5 commenti:
Sì Loris, questo lo posso dire anch'io. Il mio unico figlio non vivrà mai come essere figlio "di" ma soltanto come figlio di un buon padre, che gli ha voluto bene, ricambiato, e di averlo aiutato finchè è stato possibile.
Adesso è il contrario: lui aiuta me. Quando sarà non gli lascio fama, onori, proprietà o ricchezze; gli lascio il mio esempio e il mio grande affetto.
Aldo, e ti pare poco?
Non occorre essere il figlio di Che Guevara per essere orgogliosi del proprio padre.
E non si deve essere sempre Ernesto Guevara de la Serna per lasciare qualcosa di indelebile nella memoria di molti.
Senza voler cadere nel banale, sentimentale e scontato; ricordiamoci sempre che portiamo avanti una battaglia, pacifica e silenziosa...
...Che tuttavia non può essere interrotta e sento l'obbligo, come mio padre l'ha sentito nei miei confronti, di trasmettere questo sentimento, a coloro che verranno
Un abbraccio
Andrea
e io me lo sono persa perchè lavoravo...com'è stato?
d'Accordo con il Monticiano....
Purtroppo non solo i figli di Guevara e di Borsellino attirano giornalisti e fotografi, ma anche i figli e i noipoti di quelli che hanno segnato di nero la storia dell'umanità.
Anzi quelli vanno pure in parlamento....
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