Con l'auspicio che la realtà dell' associazionismo, del solidale, del volontariato che si occupano di ambiente, diritti negati, cultura dell'accoglienza....trovi voce qualificata nella lista "Rivoluzione Civile", buon anno a tutti coloro che parteciperanno a "sMONTIamo l'agenda Monti" per rilanciare un paese all'insegna dell'equità, del lavoro e di uno stato sociale che ci stanno rapinando.
La fine di questa legislatura impone un salto di qualità
nella risposta politica e nella qualifica di chi sarà chiamato a dare risposte.
Abbiamo assistito a vere e proprie mistificazioni del
concetto di “partecipazione”, in quanto a qualcuno volutamente sfugge che la
prima cosa partecipata devono essere le regole, e se le regole vengono scritte
nelle cerchie ristrette delle direzioni o segreterie, il processo conseguente
non può che essere maledettamente falsato. I listini “garantiti” sono
l’ulteriore riprova che gli eterni cooptati non hanno assolutamente voglia di
rischiare un comodo posto al sole. Per queste ragioni le consultazioni primarie
e tutti gli eccessi che ne derivano hanno rappresentato una grande aspettativa
di partecipazione, ma assolutamente pilotata e dagli esiti volutamente
controllati.
Le deprimenti schermaglie delle
quali siamo stati resi edotti dalle pagine locali dei quotidiani, e che
attraversano formazioni diverse, è una evidente condizione affinchè “tutto
cambi per non cambiare niente”.
In questo desolante panorama
l’unico reale elemento di novità è il così detto “Movimento Arancione”, che
nulla ha a che vedere con lo spirito monacale o con una ibridazione del rosso
con del giallo.
C’è un tentativo tutt’altro che
semplice e dagli esiti non scontati di attivare quella “società civile” fatta
di associazionismo, di ambientalismo e di volontariato solidale che
quotidianamente è attivo nelle nostre città.
Non è un’operazione semplice in
quanto per una sua conformazione quest’ambito di società è più avezzo a “fare”
materialmente le cose, che non filosofeggiare sul come e sul perché.
In una conversazione su facebook
Cecilia Strada smentendo l’eventuale candidatura del padre a questa tornata
elettorale, evidenziava come prorio la qualità del far bene possa diventare
insostenibile con il fare politica. Penso che abbia ragione, non riuscirei a
concepire un Gino Strada lontano dalle sale operatorie, come non riuscirei a
vedere un Don Gallo o un Don Ciotti fuori dalle rispettive comunità per entrare
nelle “Camere” della politica. Resto però convinto che Emergency, come la
comunità di San Benedetto, o Libera, o il movimento per l’acqua o altra
economia o ARCI o Paxchristi, Lega ambiente o……. sarebbero in grado di
esprimere nei collegi elettorali dei nomi, fuori dalle logiche di partito, in
grado di portare avanti le istanze della “società civile” che rappresentano,
fuori da logiche autoreferenziali.
Le persone si aspettano questo
tipo di rinnovamento, una democrazia rappresentativa delle istanze primarie
della nostra società in attesa, se mai ci sarà di una autoriforma dei partiti
che li rimetta in sintonia con quella rappresentanza che gli affidò la nostra
Costituzione 65 anni fa. Disattendere queste richieste vuol dire aprire agli
interessi privati di gruppi di potere e perdere sovranità mentre sempre più
forte è una legittimazione di una antipolitica dannosa per qualsiasi
Democrazia.
Questa riflessione non ha tempi
lunghi, facciamo si di prendere coscienza rapidamente per rispondere a tutti
coloro che il cambiamento lo attendono veramente.
...Perchè questi auguri? Per essere più vicini alle popolazioni civili sotto assedio a Gaza e di tutti i territori occupati da Israele, contro il muro della vergogna che attraversa la Cisgiordania espropriando contadini dei naturali mezzi di sostentamento. Contro quella politica di apartheid che abbiamo combattuto in Sudafrica e che oggi ritroviamo praticata dallo stato di Israele.
Una notte di Natale di molti anni fa davanti le chiese di Sestri ponente distribuivo un volantino contro la guerra del Vietnam che per sensibilizzare sui massacri terminava con la frase "...mentre Gesù Bambino nasce, un bambino vietnamita muore". Oggi, credo, sarebbe giusto interrogarci se Gesù nascesse a Gaza, non lontano quindi da dove nacque realmente se riuscirebbe a sopravvivere ai bombardamenti di uno degli eserciti più efficienti al mondo.
Loris
...Dedicata a una giovane amica che sta prestando la sua opera a sostegno delle popolazioni Palestinesi e a tutti quei volontari che sono impegnati a Gaza, nei territori occupati e in quel che resta di Palestina.
"Ognuno è il prodotto della
propria cultura, della propria educazione e della propria formazione. Io sono
figlio di mio padre, della sua cultura, della sua educazione e della sua
formazione. Sono anche figlio del dolore che l’interruzione traumatica di questo
flusso di concetti ha richiesto per ricomporre quella cultura, quella
educazione e quella formazione. (15 dicembre 1964 – 15 dicembre 2012)"
Ieri sono comparse le cifre sulla
stima della ricchezza in Italia. Fonte dei dati è la Banca d’Italia, quindi ,
dati definibili attendibili.
La metà più povera delle famiglie
italiane detiene il 9,4% della ricchezza totale mentre il 10% più ricco detiene
il 45,9. Se non fosse la Banca d’Italia uno potrebbe dire che è uno slogan dei
No-global.
Un altro dato sempre fornito dall’istituto di Via
Nazionale è l’ammontare del debito pubblico, che a ottobre ha sfondato i
duemila miliardi di euro.
La chicca dei numeri però arriva
nel momento in cui qualcuno scrive che il debito per famiglia è di 82.000 euro.
Ovviamente gli 82.000 sono uguali sia per coloro che detengono il 9,4 di
ricchezza sia per coloro che hanno il 45,9.
Dopo un anno di governo Monti non
siamo sicuramente diventati degli economisti, ma sicuramente siamo in grado di
comprendere qual è il livello delle nostre tasche e riusciamo sempre più a
comprendere perché in un anno si è voluto massacrare lo stato sociale
attraverso il taglio alle pensioni e alla sanità, violare i diritti acquisiti
dei lavoratori (art.18), precarizzare ulteriormente il lavoro, elargire sovvenzioni
alla scuola privata a scapito di quella pubblica e infine (solo per una
questione di sintesi) mantenere i privilegi alla chiesa cattolica tassando
indiscriminatamente il 90% degli italiani.
Si comprende fin troppo bene perché non è stata fatta una patrimoniale, e si
comprende, perché la si vive che i segni di una ripresa sono al di la da
venire. Non solo, ma nel momento in cui ci dovesse essere, i primi a sentirla
saranno il 10 % più ricco.
Due dichiarazioni una di ieri di
Bersani, e una di oggi di D'Alema credo vadano lette con la logica dei numeri
della Banca d’Italia. Il desiderio di aprire al centro e al professore dopo
l’eventuale vittoria da parte del PD è la conferma che il 10% continuerà ad
essere tutelato mentre il restante 90 % sarà quello che continuerà con le
lacrime e il sangue, con i posti di lavoro che saltano, con gli indebitamenti
personali che crescono e lo stato attraverso i suoi tentacoli (Equitalia) potrà
pignorare e depredare ulteriormente .
D'Alema invece ha affermato che
non sarebbe “morale” una candidatura del professore. Tradotto in volgare
dovrebbe significare che lo hanno sponsorizzato, gli hanno fatto fare tutto ciò
che voleva rendendosi complici del furto di futuro alla maggioranza degli
italiani e ora, dopo che hanno dato rassicurazioni che non si modificherà
niente di ciò che Monti aveva già deciso, lui non vuole mollare il giocattolo
al PD, a Bersani e al suo mentore D'Alema. La domanda è: - ma cosa cambia?
Conclusione:grazie per aver
avuto una cultura, una educazione, una formazione che mi permette di comprendere
le ingiustizie e le iniquità e mi schiera dalla parte di chi lavora e lotta. Ognuno ha i propri maestri, altri invece spezzano
volutamente il proprio fusto dalle radici che alimentano delle proprie origini.
Restano in vita ma di fatto sono dei mostri.
12 dicembre 1969 - Milano, piazza Fontana, Banca dell'Agricoltura
17 morti e 89 feriti:
1. Giovanni ARNOLDI, anni 42
2. Giulio CHINA, anni 57
3. Eugenio CORSINI
4. Pietro DENDENA, anni 45
5. Carlo GAIANI, anni 37
6. Calogero GALATIOTO, anni 37
7. Carlo GARAVAGLIA, anni 71
8. Paolo GERLI, anni 45
9. Luigi MELONI, anni 57
10. Vittorio MOCCHI
11. Gerolamo PAPETTI, anni 78
12. Mario PASI, anni 48
13. Carlo PEREGO, anni 74
14. Oreste SANGALLI, anni 49
15. Angelo SCAGLIA, anni 61
16. Carlo SILVA, anni 71
17. Attilio VALÈ, anni 52
20 dicembre - funerali di Giuseppe Pinelli
"La strada era nera di folla, fra le due pareti di case popolari. Donne, gli occhi rossi e lo scialle, si affacciavano. Qua e là, fotografi appostati. Mi sono detto: quanta gente. Ma non era vero. Neanche un migliaio di persone. Quanti debbono aver avuto paura. C'è un mazzo di bandiere nere con la A in rosso. Due o tre bandiere rosse. Di quelle della Quarta Internazionale, credo. Molti, forse più, erano giovani; ma molti anche gli anziani e vecchi. Quando sono in mezzo a una folla non mi rammento di essere già, per i più, un vecchio". (Franco Fortini)
per ascoltare la "Ballata del Pinelli" clicca il link
L’evolversi della situazione politica ci impone delle
riflessioni che investono inevitabilmente anche la politica locale, e credo che
mai come in questo momento sia evidente come scelte importanti per Genova
rischiano di essere prese in altri luoghi.
Il successo delle “primarie”,
anche se giocato sull’equivoco “desiderio di partecipare” e “partecipazione” è
comunque evidente, come è pure evidente che non sono uscite mai da una logica
di “primarie del PD” senza mai entrare in una logica di “primarie di coalizione”,
relegando la candidatura di Vendola ad una comprimarietà inadeguata, insufficiente e fortemente riduttiva delle aspettative di chi guarda ad una
“sinistra arancione” fatta di cittadinanza attiva, associazionismo e mondo del
volontariato.
Qualcosa più di un semplice
rischio è che al termine della tornata elettorale nella sfera di influenza del
“centrosinistra” ci si trovi di fronte ad un “pensiero unico” con una
affermazione (salvo imprevisti di percorso) del PD importante ed una rosa di presenze
di seconda fila relegati a frustranti quanto inutili testimonianze.
Localmente la depotenzializzazione dei
risultati ottenuti alle precedenti amministrative diventerebbe evidente, e
scelte e obiettivi importanti che hanno caratterizzato l’ala sinistra
all’interno dell’attuale maggioranza cittadina difficilmente troverebbero
sponda e sostenibilità. A rischio quindi, qualsiasi discussione su Gronda, mobilità cittadina
privatizzazioni o ciclo dei rifiuti.
Genova, ancor più delle altre
città come Milano o Napoli ha dato un segnale preciso verso la volontà di
quell’ “arancione” all’interno del centro sinistra che possa determinare un
cambio di marcia nel fare e concepire la politica. All’interno, e non
alternativo al centrosinistra in quanto non l’ambizione ma il dovere è quello
di governare. Governare per poter dare delle risposte a coloro che sono stati
estromessi dai cicli produttivi o che hanno subito la precarizzazione del
lavoro, risposte per la scuola che urla una dispnea culturale e risposte per
tutti coloro che hanno visto tagliare sanità, pensioni e diritti ben oltre il
limite di un paese che vuole definirsi civile.
Credo pertanto che il tentativo di unificare questo percorso da parte di
tutte quelle componenti che sono già oggi presenti nel centrosinistra,
includendo ulteriormente quelle realtà associative e di volontariato che
fondano i valori e la propria azione nell’ambientalismo, nella solidarietà e
nel pacifismo debba essere un dovere da percorrere per dare voce a coloro ai
quali le politiche prima berlusconiane e poi di Monti, hanno tolto la possibilità
di futuro, a Genova come al resto del paese. Loris
...Avevo davvero riposto in Lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene. Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in Lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione. Credevo che avrebbe scelto la Vita e non la morte.. E invece ha firmato la nostra condanna.
La condanna di una città sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt'oggi agli arresti domiciliari.
Come credere ancora nello Stato Italiano? Come credere nella politica, in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune..e invece ci ha rubato anche il diritto alla Vita?
A Taranto c'è un'ordinanza del sindaco che vieta il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all’area industriale...ma in quei 20 km noi ci viviamo! Vivono i nostri bambini!! Le pecore e le capre sono state uccise...ora lo Stato uccide anche noi...per decreto!!!
Ho bisogno di sapere da Lei, signor presidente, cos'hanno di diverso i bambini di Genova rispetto ai nostri. Perchè lì l'area a caldo è stata CHIUSA, in quanto incompatibile con la città, e la produzione spostata a Taranto? Chi ha compiuto il "miracolo" rendendola "compatibile"?!
Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro (e non solo), li guardi negli occhi e sostenga il loro sguardo, se ci riesce. Dica alle loro mamme che la malattia e la morte del figlio è necessaria altrimenti cala il PIL!!!
Una pagina vergognosa e vigliacca della storia di questa nazione è stata scritta oggi..e porta la sua firma!
Ora le auguro buona notte, presidente..ma non so se e come riuscirà a dormire...e se ci riuscirà allora si preoccupi, perchè temo che ha barattato la sua coscienza col vile denaro.
Da molti anni il movimento sindacale europeo deplora le misure di austerità. Esse trascinano l'Europa nella stagnazione economica, fino alla recessione. Il risultato: blocco della crescita e disoccupazione in continuo aumento. I tagli a salari e protezione sociale sono attacchi al modello sociale europeo e aggravano disuguaglianze ed ingiustizia sociale.
Gli “errori di valutazione” del Fondo monetario internazionale (FMI) hanno avuto un impatto incalcolabile sulla vita quotidiana dei lavoratori e cittadini europei. Tutto ciò rimette in gioco l'intera base delle politiche di austerità. Il FMI si deve scusare. La Troika deve rivedere le sue richieste.
L'Europa ha un debito sociale, non esclusivamente monetario. E' stata promessa una ripresa che non è mai avvenuta. 25 milioni di europei non hanno lavoro. In alcuni paesi il tasso di disoccupazione giovanile oltrepassa il 50%. Il senso di ingiustizia è diffuso e lo scontento sociale sta crescendo.
E' NECESSARIO UN CAMBIO DI ROTTA VERSO UN PATTO SOCIALE EUROPEO
I sindacati europei chiedono un cambiamento di rotta. Le misure applicate non stanno funzionando, stanno invece distruggendo I nostri lavori e il nostro patrimonio sociale.
La Ces chiede un patto sociale per l'Europa, con un vero dialogo sociale, una politica economica che stimoli occupazione di qualità, la solidarietà tra paesi e la giustizia sociale.
I lavoratori stanno pagando a caro prezzo crisi e misure di austerità, mentre il mondo della finanza e gli speculatori continuano a prosperare.
Poniamo fine alla frode fiscale, ai paradisi fiscali e alla competizione fiscale tra paesi. La tassa sulle transazioni finanziarie deve contribuire a riparare I danni del capitalismo senza regole.
PER IL LAVORO E LA SOLIDARIETA' NO ALLE DISUGUAGLIANZE SOCIALI
Noi rifiutiamo:
- lo smantellamento della protezione sociale;
- l'aumento della flessibilità del mercato del lavoro;
- la privatizzazione dei servizi pubblici;
- la pressione al ribasso sui salari;
- la diminuzione delle pensioni;
- la deregolamentazione degli standard sociali;
- l'esclusione sociale;
- la crescita delle disuguaglianze;
- l'attacco alla contrattazione collettiva e al dialogo sociale.
Noi proponiamo:
- una governance economica al servizio della crescita sostenibile e occupazione di qualità;
- giustizia economica e sociale attraverso politiche di redistribuzione, tassazione e protezione sociale;
- una garanzia occupazionale per i giovani;
- un'ambiziosa politica industriale europea orientata verso un'economia verde e a basse emissioni di carbonio e verso settori rivolti al futuro, con opportunità di occupazione e crescita;
- l'intensificazione della lotta contro il dumping sociale e salariale;
- la condivisione del debito attraverso gli Eurobond;
- l'effettiva applicazione di una tassa sulle transazioni finanziarie per combattere la speculazione e agevolare politiche di investimento;
- l'armonizzazione della base fiscale con un tasso minimo per le imprese in Europa;
- uno sforzo determinato per combattere l'evasione e la frode fiscale;
- il rispetto per la contrattazione collettiva e il dialogo sociale;
- il rispetto dei diritti sociali e sindacali fondamentali.
Un mio post su facebook di questa mattina a commento di un articolo su Repubblica di una lettera di Pier Luigi Bersani al Sindaco Doria ha suscitato diversi commenti, pertanto ritengo giusto replicare la mia lettera aperta a Bersani sul Blog, allargando il pubblico dei possibili lettori. Il testo è leggermente modificato per renderlo più consono al blog rispetto al social network.
Caro Bersani,
Ho apprezzato questa pregevole lettera indirizzata al Nostro Sindaco Marco Doria ad un anno dai morti e dai disastri dell’ennesima alluvione che ha colpito la mia città. Credo che la missiva, a fronte anche della discussione politica in Consiglio Comunale, sulla Gronda, con le sue implicazioni in Regione dovrebbe essere inviata, per lo meno “per conoscenza” al tuo segretario provinciale, al Presidente della Regione Liguria, all’assessore regionale alle Infrastrutture al vice Sindaco di Genova e...insomma a tutto il PD genovese e ligure perchè forse qualcuno non ha ancora compreso l'entità del dissesto idrogeologico che è in atto su tutto il territorio.
Non voglio aggiungere altro perché voglio leggere nelle poche significative righe della lettera a Marco Doria un'inversione di rotta della politica del cemento a Genova e in Liguria.
Loris
cliccando sull'immagine si va al testo della lettera di Bersani a Doria
il post su fb è stato condiviso anche sulla pagina di Pier Luigi Bersani
Genova - Stanco per il lavoro svolto in queste ore in aiuto di chi ha perso tutto o subito danni, il presidente del municipio Media Val Bisagno, Agostino Gianelli, si lascia andare a una confessione a Radio19: «L’anno scorso quando fecero i lavori sul Fereggiano, dissi che era un progetto di messa in sicurezza ottimale. Oggi faccio il mea culpa: fu un grave errore di valutazione. Non si possono cementificare i corsi d’acqua per fare parcheggi, i lavori hanno creato un’accelerazione delle acque. Vorrei che altri politici facessero autocritica».
galleria di immagini dell'incontro di Richard Stallman a Genova (salone di rappresentanza palazzo Tursi)
L'incontro è stato organizzato dalla Lista Doria e da Lanterna Digitale Libera con la collaborazione dell' Associazione per le Libertà Informatiche e Digitali
"Il “Software Libero” è una questione di libertà, non di prezzo. Per capire il concetto, bisognerebbe pensare alla “libertà di parola” e non alla “birra gratis”. (NdT: il termine “free” in inglese significa sia gratuito che libero)."
Con questo paradigma in una società dove la dipendenza dalla robotica, e dalla computerizzazione è alla base di processi produttivi, della gestione della pubblica amministrazione e della supervisione di delicati interventi in campo sanitario, possiamo comprendere quanto viene delegato a “scatole nere” (software proprietario) di cui non conosciamo il contenuto e su cui non c’è comunque possibilità di intervenire in caso o di necessità o più semplicemente se le nostre esigenze diventano altre e vorremmo personalizzare ai nostri bisogni il software stesso.Non a caso alcuni di questi prodotti sono di “proprietà” di multinazionali che in un circolo vizioso arrivano a condizionare l’hardware stesso sul quale viene installato in un circolo vizioso di consumo e dipendenza.
L’uso del software libero quindi, non è e non vuole essere solo un utilizzo di software gratuito ma anche un impegno a far si che i nostri saperi uniti a quelli degli altri, contestualizzato ai nostri bisogni diventi una risposta sana, democratica e condivisa dando la possibilità di crescere a culturalmente e tecnicamente ad una nuova generazione di informatici .
Richard Stallman è stato tra i primi a confrontarsi su queste tematiche e il valore etico che scaturisce dal suo operato è un patrimonio gia oggi condiviso a livello planetario dalle comunità che sviluppano e mettono in rete software libero. Se la filosofia parte dai propri bisogni è pur vero che con questa logica anche chi non ha la possibilità di acquistare software proprietario, e pensiamo al sud del mondo, quello libero può non solo scaricarlo e utilizzarlo, ma diventare protagonista di un suo ulteriore sviluppo richiudendo la forbice tra chi ha e chi non ha le possibilità .
La massificazione del PC ha fortemente spinto verso una induzione dei bisogni da parte di chi ha monopolizzato il mercato, e le recenti scene di idolatria verso oggetti come l’iphone 5 è una resa culturale ancor prima che di mercato. L’adozione del software libero rappresenta infatti una alternativa alla cultura del tutto servito e tutto ignoto ed una gestione democratica dei “saperi”.
Un anno fa si chiudeva una delle pagine più buie della storia dei movimenti e della sinistra italiana. Fummo più di 300mila a Roma, la manifestazione più numerosa delle centinaia di manifestazioni che in tutto il mondo misuravano una risposta ad una crisi voluta dai poteri forti dell’economia che attraverso l’FMI e BCE dettavano le condizioni più pesanti per i ceti e le categorie più deboli in Italia, in Europa e nel resto del mondo.
La nostra crisi poi, aveva la sua peculiarità della contemporanea destrutturazione dello Stato ad opera della destra berlusconiana, a colpi di voti di “fiducia” e leggi at personam o conflitti di interessi mai risolti.
Per queste ragioni, la manifestazione degli “indignados” italiani aveva una valenza in più e un obbiettivo neanche troppo celato, di far cadere il governo Berlusconi con l’occupazione politica e pacifica permanente di quella piazza San Giovanni simbolo dei più alti momenti di aggregazione di massa della sinistra e del movimento dei lavoratori italiani.
Da quella Piazza San Giovanni sarebbe dovuto partire il segnale per la moltiplicazione delle piazze “indignate” a Genova, a Pisa, in ogni luogo dove la crisi faceva sentire il proprio peso , la parola d’ordine sarebbe stato il “mandare a casa” il piduista di Arcore con tutto il suo governo per aprire alla possibilità di un Governo in grado di dare risposte a chi la crisi l’aveva già scontata in termini di disoccupazione di precarizzazione del lavoro e della vita.
Con queste premesse non c’è da meravigliarsi su quelli che sono stati gli sviluppi della giornata. Il potere delle banche, degli speculatori finanziari e di chi gli reggeva il gioco manovrando nelle “stanze del potere” , non poteva permettere che Berlusconi cadesse per volontà popolare, e, gli scontri, le provocazioni, i danneggiamenti altro non volevano essere che la giusta strategia per impedire che quel movimento, che non era violento ma determinato a fare sentire la propria voce, non potesse arrivare e restare a piazza San Giovanni.
Non è casuale che, dopo relativamente pochi giorni, Berlusconi venga dimesso dalla BCE per essere sostituito dall’”immagine” pulita di una finanza in doppio petto con uno schieramento parlamentare ben lieto di perpetrare la propria autoreferenzialità e massacrare socialmente tutti i soggetti deboli e quelli produttivi di questo paese, nell ’evidente tentativo, purtroppo sin qui riuscito, di ridurre sempre più larghe masse di italiani in una condizione di povertà ricattabile dai grandi gruppi industriali e finanziari.
Art. 18, pensioni, scuola, sanità…fino a colpire invalidi e disabili.
Se non ha meravigliato la capacità di reazione da parte del “potere” resto, ad un anno di distanza, attonito rispetto a quello che non c’è mai stato: un chiarimento, un confronto, una valutazione complessiva tra quelle forze della sinistra, del sindacato, dell’associazionismo e dei movimenti che furono protagoniste nell’ organizzazione di quella giornata di lotta a Roma.
Il 16 tutti si rifugiarono nel proprio ambito spalancando così le porte alla vera reazione del potere delle banche e della finanza internazionale. Altro che i caroselli e gli autoblindo scatenati in piazza San Giovanni!
Il massacro sociale indiscriminato sarebbe stato concretizzato con il governo “tecnico” ed il golpe silente con l’inserimento nella carta costituzionale del pareggio di bilancio.
Se il 15 ottobre 2011 il movimento ha dimostrato la propria capacità di mobilitazione e di motivazione, quello stesso giorno una consistente fetta della sinistra dimostrò una inadeguatezza a rappresentare quello stesso movimento, e una incapacità nel denunciare quelli che furono errori politici che costarono il fallimento di quella giornata.
Pisa, 13 ottobre - E' nato a Pisa il
Municipio dei Beni Comuni, e lo fa portando in piazza un corteo festoso e
variopinto, con l'obiettivo di liberare spazi sociali per la città e di
denunciare le politiche predatorie di una certa economia ed una certa
politica.
Obiettivo della mobilitazione un immobile di proprietà di
una multinazionale da anni abbandonato, oltre 10 mila metri quadrati sui quali
sorgeva l'ex Colorificio Toscano.
Il Colorificio Toscano è uno dei simboli della storia
industriale della città, oggi in stato di totale abbandono dopo la chiusura nel
2008 decisa dall'attuale proprietà, il gruppo J Colors. Con il licenziamento
degli ultimi addetti, la multinazionale ha sancito la fine di un'esperienza che
a Pisa, per quasi cento anni, ha significato una produzione d'avanguardia e
lavoro per centinaia di persone.
clicca sull'immagine per leggere l'intero documento in pdf
Appello nazionale
Sosteniamo il Municipio dei Beni
Comuni!
A Pisa il 13 ottobre il Municipio dei Beni Comuni, con la
partecipazione di associazioni, attivisti, studenti e cittadini a cui ci
sentiamo vicini, si è mobilitata con l'obiettivo di liberare un nuovo spazio per
coltivare democrazia e diritti.
La riapertura alla città dell'ex Colorificio
Toscano potrebbe segnare il recupero di un bene produttivo che una
multinazionale aveva acquisito e poi dismesso, passando in quindici anni da
quasi 100 dipendenti a 13 operai, licenziati infine nel 2008 per delocalizzare.
Attraverso l'azione collettiva questi magazzini abbandonati potrebbero divenire
bene comune, crocevia di attività culturali e scambi di economia solidale, arti
e mestieri, sport e socialità, pace e solidarietà tra i popoli.
Sosteniamo coloro che hanno aderito a questo movimento e
costruiscono ora nuove reciprocità partecipando alla gestione del Municipio dei
Beni Comuni, che sono beni relazionali, definibili solo dalla comunità che li
tutela. Seguiremo con attenzione e simpatia questo percorso che si nutre della
volontà degli individui di far funzionare nuove istituzioni, basate su un
capitale di relazioni piuttosto che su quello finanziario. E' questa
l'innovazione che può traghettarci fuori dalla crisi senza aspettare il traino
della crescita economica, scegliendo la rotta di un paradigma
alternativo.
Chiediamo agli enti locali, a partire dalla Regione
Toscana, di rispettare e sostenere per quanto possibile questa pratica di
cittadinanza, che avrà l'obiettivo di ospitare anche attività e idee delle
nostre organizzazioni. La modalità aperta, pacifica e trasparente con cui è
stato riaperto questo percorso segna il passo di un nuovo tempo e l'affermarsi
di nuove comunità, con cui le istituzioni tradizionali devono imparare a
dialogare alla luce del sole.
Don Andrea Gallo, Danilo Zolo,
Sandro Medici, Vittorio Agnoletto, Luisa Morgantini, Giuliano Giuliani, Haidi
Gaggio Giuliani, Aldo Zanchetta, Alberto Castagnola, Paolo Cacciari, Andrea
Baranes; Alberto Zoratti e Monica di Sisto (Fairwatch), Lorenzo Guadagnucci
(Comitato Verità e Giustizia per Genova), Patrizia Sentinelli e Roberto
Musacchio (Altramente), Maurizio Gubbiotti (Legambiente), Laura Greco (A Sud),
Gianluca Carmosino (Comune.info), Annalisa Sacco (Associazione La Strada),
Riccardo Troisi (Reorient), Ciro Pesacane (Forum ambientalista), Francuccio
Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo), Marco Bersani (Attac Italia),
Michele Rovere (La Talpa e l'Orologio), Farshid Nourai (Associazione per la
pace), Martina Pignatti Morano (Un Ponte Per…), Mariano Mingarelli (Associazione
di amicizia italo-palestinese), Don Nandino Capovilla (Pax Christi), Pietro
Raitano (direttore di Altreconomia), Luca Martinelli (redattore di
Altreconomia), Re:Common, Fratelli dell'Uomo, Comitato Acqua Pubblica
Pisa
"Ernesto Che Guevara viene fatto prigioniero l'8 ottobre del 1967 è portato nella scuola di La Higuera in cui rimane fino al 9 mattina; venne informato dell'arresto il Presidente della Bolivia, che alle nove di sera si reca dall'ambasciatore degli Stati Uniti a La Paz e alla sua presenza telefona a Washington: la risposta fu che il Che doveva morire e subito, perché costituiva un grave pericolo per gli interessi degli Stati Uniti e della Bolivia. I motivi? L'opinione pubblica internazionale si sarebbe potuta mobilitare, gruppi di comunisti fanatici avrebbero potuto cercare di liberarlo e la Bolivia si sarebbe agitata. Era preferibile la sua morte, la sua distruzione totale. Un duro colpo per Cuba e per i movimenti rivoluzionari dell'America Latina, dissero! Decisero quindi di ucciderlo. Félix Ramos era un traditore, di origine cubana, agente della Cia, e partecipò all'uccisione del Che. I testimoni dissero che quando cercarono d'interrogare il Che usando la violenza, fu proprio lui che gli strappò parte della barba. Il Comandante, come suo solito, si ribellò; gli legarono le mani prima davanti e poi dietro, e il Che sputò in faccia proprio a Félix Ramos. In una delle foto che gli fecero prima di ucciderlo, si vede chiaramente che una parte della sua famosa barba gli era stata strappata. Gli spararono all'una e dieci del giorno 9.
Nel pomeriggio il cadavere venne trasportato a Valle Grande nell'ospedale Señor de Malta, dove gli tagliarono le mani per permettere ai periti argentini di fare le prove dattiloscopiche. Gli agenti della Cia volevano tagliargli anche la bella testa per inviarla negli Stati Uniti, ma i medici di Valle Grande si opposero e il cadavere venne dapprima esposto a Valle Grande e poi sepolto in un luogo segreto, in una fossa comune, nei pressi dell'aeroporto di quella città.
Nel ventesimo anniversario della sua morte i giovani boliviani gli hanno fatto omaggio a La Higuera e hanno scoperto un busto alla sua memoria. Fra di loro c'era anche il figlio del militare che dirigeva la compagnia che aveva catturato il Che. Nel luogo dove l'avevano barbaramente ucciso, dentro e fuori dalla scuola, i contadini hanno collocato anche alcune pietre su cui accendono candele e mettono fiori. Nell'ospedale, uno dei lavoratori più anziani aveva conservato tutti gli strumenti con cui avevano fatto l'autopsia al Che: alcuni di questi oggetti si trovano oggi nel museo di Santa Clara a lui dedicato, e altri nel museo della Rivoluzione a La Habana.
I boliviani hanno donato ai cubani anche la barella con cui il Che venne portato da La Higuera a Valle Grande. La barella era stata conservata dalla stessa persona che lo aveva accolto all'ospedale.
In seguito, girò la voce che lo avessero cremato e disperse le ceneri, ma non era vero: la scomparsa del cadavere del Comandante ha accresciuto negli anni il mistero attorno alla figura del grande rivoluzionario. La località della sepoltura è rimasta sconosciuta fino a luglio del 1997, quando un gruppo di ricercatori ha identificato il cranio e alcune ossa del Comandante, sepolto in una fossa comune assieme a sette compañeros, a Valle Grande, circa 150 miglia a sud-est di Santa Cruz. Un ritrovamento reso possibile da Mario Vergas Salinas, un generale in pensione dell'esercito boliviano, che nel 1995 ha scelto di porre fine al silenzio imposto a riguardo della sepoltura del Che. E reso possibile anche grazie lalla testimonianza di Gustavo Villoldo, l'uomo che inseguì e catturò Guevara in Bolivia, e che ne ordinò la sepoltura segreta per evitare che i resti diventassero un monumento alla rivoluzione comunista cubana. "
...parto un po da
lontano, ma forse diventa utile per comprendere.
Uno dei primi
stabilimenti a ciclo integrato fu quello di Piombino. Era il 1865, le
maestranze impiegate erano per il 50% detenuti. Quando passò di
proprietà al Credito immobiliare italiano oltre alla quota di
detenuti risultavano iscritti tra le maestranze adolescenti tra gli
11 e i 15 anni. La strada di congiunzione tra Portovecchio e Piombino
fu costruita solo in un secondo tempo come se l'impianto fosse una
cosa a se, slegato dalla città, una cosa sporca, forse per i ritmi
di lavoro un inferno!
La lavorazione dei
materiali ferrosi e la produzione dell'acciaio è nella sua evidenza
un ciclo che impone serie considerazioni sull'impatto ambientale,
aver vissuto per tutta la vita nelle vicinanze di un altro
stabilimento a ciclo integrato come quello di Genova Cornigliano
sicuramente da qualche titolo per testimoniare come vengono
condizionate le vite di chi a ridosso di quello stabilimento viveva.
Vedere le persiane
fasciate dai sacchetti neri della spazzatura nel tentativo di
arginare una coabitazione coatta anche dentro le mure domestiche con
le polveri prodotte dalle lavorazioni, da solo una minima idea di
quale sia stato l'impatto di questo impianto.
Lo stabilimento di
Cornigliano di fatto prese forma nel dopoguerra essendo stato in
parte smantellato dai tedeschi durante l'occupazione. Materialmente
fu lo “Stato” attraverso l' IRI a finanziare gli impianti che
cambiavano i nomi a secondo dell'assetto societario, ma, anche a
fronte di una politica nazionale sulla siderurgia si restava
nelll'ambito delle “Partecipazioni Statali”, che al suo interno
aveva anche società che progettavano e manutenevano gli impianti
stessi.
Lo Stato era quindi parte
attiva in quelle che erano le decisioni che riguardavano gli standard
qualitativi degli impianti che venivano messi in essere, a Genova
come a Taranto a Terni come a Bagnoli.
La politica delle
dismissioni e gli spacchettamenti delle ex aziende a partecipazione
statale tra la fine degli anni 80 e la fine dei 90 ha infine messo
nelle mani dei privati quel che rimaneva della siderurgia italiana
con annessi impianti, che come dimostra il caso Taranto sono polpette
avvelenate che inevitabilmente avrebbero cortocircuitato con la
questione ambientale e con il diritto alla salute di ogni cittadino.
Lo Stato quindi sapeva
cosa veniva dato in mano ai privati, e i privati sapevano cosa
acquistavano dallo Stato. Che nel passato i limiti ambientali fossero
di manica più ampia è cosa nota, le conseguenze non hanno invece
tempo, e l'immobilismo del “tiriamo a campare” non può più
essere tollerato da alcun sia.
Se Genova, grazie ai
comitati territoriali e alle “donne di Cornigliano” si è
liberato del problema dell'area a caldo, attraverso la protesta e gli
accordi tra Riva e le istituzioni, a livello nazionale il problema lo
si è decentrato a Taranto ignorando colpevolmente il deterioramento
ambientale e le incidenze negative sulla salute dei lavoratori e dei
cittadini di Taranto.
Semplicistica sarebbe
oggi la semplice chiusura degli impianti che sicuramente
interromperebbe le fonti di inquinamento aprendo il problema
occupazionale ma sopratutto compenserebbe la proprietà che dopo
aver spremuto lavoratori e territorio sarebbe in grado di godersi i
proventi ricavati dall'attività non rispondendo del danno sociale
causato.
Credo che ci sia il know
out per progettare e trasformare quegli impianti in impianti
compatibili con la salute e l'ambiente. Credo che prima che il
percorso diventi senza ritorno la strada da intraprendere sia quella
proprio di attivare queste competenze, ancor prima di decreti che
cerchino di salvare improbabili profitti. Forse potrebbe essere un
modo anche per rilanciare il lavoro e la produzione dell'acciaio
lasciato colpevolmente ai paesi così detti emergenti ma sicuramente
più inquinanti e senza diritti.
Chi ha causato questo
disastro paghi materialmente sia la bonifica sia la riconversione
degli impianti, e le responsabilità penali per il disastro
ambientale siano perseguite fino in fondo sia su chi materialmente
inquinava sia su chi politicamente avvallava.
Dopo 11 anni di falsità, ingiurie, derisioni, con le motivazioni della sentenza viene affermata una verità che per alcuni ,però, non è mai mutata da quel luglio 2001.
Molti sono i commenti che si sprecano in ogni salsa e oggi parlano di "democrazia sospesa" di "traditori" , di violenza premeditata, tortura, di vendetta da parte di un corpo dello stato.
Alcuni oggi si spingono sino a ricordare chi era in "cabina di regia" a forte San Giuliano (Fini) sede operativa del comando dei carabinieri.
Oggi c'è chi si meraviglia di funzionari restati ai loro posti e promossi nelle funzioni sino all'ultimo atto pur essendo inquisiti per reati di indubbia gravità.
Quelli che oggi cadono dal pero, oggi dovrebbero chiedere che sia istruita una commissione d'inchiesta sui fatti del G8. altri l'hanno fatto remando costantemente contro corrente e trovando nella consociazione politica il muro all'accertamento delle responsabilità politiche di quei giorni.
Oggi, a fronte di tutti gli atti e le motivazioni della Cassazione , anche per chi ha beneficiato della prescrizione, la presenza all'interno di organi dello Stato risulta intollerabile con la decenza democratica.
Più di una volta mi sono sentito dire, "e...basta..." "e...su che esagerazioni!" e da uomini di legge affermare che la sospensione della democrazia e dei diritti era un'esagerazione .
Ci sono voluti 11 anni per una verità giuridica, sicuramente non ne basteranno 50 perchè una cultura del diritto possa determinare che lo stato e i suoi apparati per il ruolo che ricopre non può congedare democrazia diritti e morale per biechi calcoli politici.
Lascio alla lettura della sentenza ringraziando tutti coloro che in questi anni remando costantemente controcorrente ci hanno permesso di arrivare a questo risultato giuridico.Non lascio al mio giudizio e commento soggettivo e di parte, perchè rischierei di essere impreciso, rispetto a quanto nella sentenza è espresso in modo cristallino
Volutamente le immagini per accedere ai link sono di poliziotti col viso celato dal casco. Anonimi come furono anonimi gli agenti che penetrarono all'interno della Diaz compiendo la "macelleria messicana".
Loris ps. tra quelli che cascano dal pero inserisco a pieno titolo, anche coloro che , specialmente se si autodefiniscono di sinistra, parlando di piazza Alimonda puntualmente arrivano a fare questa considerazione "... però aveva in mano un estintore..."
Abbiamo appreso dagli organi di
stampa dell’episodio di aggressione nei confronti del Sindaco Doria.
Al di la delle evidenti
contraddizioni in cui la notizia, a secondo della testata giornalistica, viene
proposta, non si può fare a meno di evidenziare la gravità dell’episodio e la
particolarità della situazione in cui è stata consumata l’aggressione: per
strada, mentre a piedi, (non su auto blue) e da solo, (senza alcuna scorta) si
recava in ufficio presso palazzo Tursi.
Come si può evincere, episodi
come questi, ad altri personaggi politici, non sarebbero potuti accadere perché
materialmente inavvicinabili da super scorte o auto blue, magari anche
blindate. Inavvicinabili perché tutta la comunità provvede a pagare, attraverso
il prelievo fiscale, il servizio di sicurezza a questi politici, e non solo
nell’esercizio delle loro funzioni.
Questo preambolo era necessario
in quanto, sin dalle prime battute, l’atteggiamento di alcuni organi
d’informazione, uno in particolare, il Secolo XIX, brilla in un distinguo estremamente
pericoloso, quasi giustificazionista , la locandina titola “Il Sindaco preso a
schiaffi, parla l’aggressore”. E’ l’aggressore quindi che ha diritto di tribuna
e non la vittima dell’aggressione. Aggressore che per volontà di Doria non sarà denunciato. Quello che poi sarà scritto sul resto del
giornale diventa irrilevante per chi comunque si ferma ai titoli, magari letti
da un bus in corsa. Esemplare è poi la pagina facebook dello stesso quotidiano
dove da spazio a commenti non solo di becera antipolitica, ma ad autentiche
esaltazioni dell’episodio.
E’ curioso come la manipolazione
dell’informazione riesca a contraddire addirittura l’evidenza dei fatti per
compiacere magari a quei poteri e potentati economici che sapranno riconoscere
il giusto ruolo ad una stampa che si adopra per anestetizzare l’opinione
pubblica, per omettere l’inutilità di opere infrastrutturali che graveranno sulle vite dei cittadini, che
però faranno girare denaro quanto basta da rendere felici banche speculatori e
magari anche qualche malavitoso corruttore e corrotti (Erzelli insegna).
Meglio far crescere
l’antipolitica, se un Sindaco a piedi e senza scorta, in prima persona da
esempio di riduzione dei costi della politica, ma nello stesso tempo mette in
discussione un progetto come la Gronda, fortemente voluto da banche e potentati
economici o cerca di impedire dismissioni a rischio di speculazioni immobiliari
come Quarto.
Loris
Ps. E’ evidente che per i giornalisti la solidarietà scatta unicamente
nei confronti della propria casta (vedi caso Sallusti)
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